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Redazione

LIPSIA Cultura e libertà

Dalla mia camera d’albergo assaporo le note sprigionate dalle corde di un violino e un violoncello. Due ragazze, studentesse dell’Università di Musica e Teatro di Lipsia, suonano attorniate da una piccola folla eterogenea di curiosi, turisti e appassionati di musica. Il monumento a Johann Sebastian Bach che sovrasta la piccola piazza ed il Museo dedicato al grande musicista che si apre a pochi passi da lì, traggono in inganno molti di loro: il pezzo che le due musiciste stanno suonando è di Bach, certo, ma non del celebre Johann Sebastian, bensì del figlio, Carl Philipp Emanuel, «la cui fama, nel XVIII secolo sovrastava quella del padre», come mi conferma Clemens Buchenwald, del Bach Archiv di Lipsia. «Nel 1723, quando il consiglio comunale, dopo il rifiuto di altri due candidati, scelse in terza opzione Johann Sebastian Bach come direttore musicale della chiesa di San Tommaso, la delusione per aver ingaggiato un cantore “mediocre” fu cocente» afferma la mia guida Anna Maria Petrasch. Questa storia, nonostante sia confutata dagli storici musicali odierni, dimostra la vitalità culturale di una città come Lipsia. Qui è nato Wagner, Mendelsonn vi fondò il conservatorio, nella università cittadina hanno studiato Nietzsche e Goethe e, per giungere a tempi più recenti, due componenti della band Tokio Hotel sono lipsiani. «Anche durante il periodo comunista, quando la città era entro i confini della DDR, i suoi abitanti avevano un tenore di vita e di libertà ben superiore ad ogni altra città della Germania dell’Est» mi dice Anna Maria, spiegando questa particolarità con il fatto che la città è sede di una delle fiere più antiche e importanti di tutta l’Europa. Basta guardare il lungo elenco di gemellaggi tra Lipsia e le città di tutto il mondo, tra cui “la dotta” Bologna, stretto già nel 1962, per capire quanto rilevanti siano i rapporti che legano questa città di 530.000 abitanti alle culture dei cinque continenti. Per approfondire meglio come Lipsia sia riuscita a coltivare l’amore per la conoscenza, i professori Rudolf Hiller von Gaertingen, e Thomas Piesk, mi accompagnano all’interno dell’Augusteum, la nuova ala dell’Università di Lipsia, nata sulle ceneri della chiesa di san Paolo, distrutta nel 1968. L’edificio, in fase di ultimazione nonostante le proteste studentesche del 2011 che contestavano il forte impegno economico sostenuto per la sua costruzione, diventerà la nuova culla della conoscenza universitaria cittadina. «Abbiamo cercato di recuperare l’architettura della chiesa di san Paolo mediandola con la modernità» spiega il prof. von Gaertingen, che, come storico dell’arte, ha inoltre disposto il recupero di alcuni affreschi dell’ex convento dei domenicani. Questo slancio propulsivo verso il futuro senza dimenticare il passato è, forse, stato il carburante che ha permesso al popolo lipsiano di porsi a capofila nelle proteste del 1989 che hanno condotto al dissolvimento della DDR. Anna Maria mi porta nella chiesa più antica della città, quella di San Nicola. «E’ qui che è iniziato il tutto» mi dice, riferendosi alle famose prediche del pastore Christian Fuhrer, che con il suo coraggio e le sue parole, diede inizio alla Rivoluzione Pacifica. Il seme della libertà gettato in questa piccola chiesa attecchì in milioni di animi fino a spandersi senza limite in tutto l’Est Europa. E’ per questo motivo che è oggi possibile affermare che il muro di Berlino ha cominciato a sgretolarsi a… Lipsia. <BR><BR> Piergiorgio Pescali

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