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Il sorgere della Scienza Astronomica nella Chiesa La nascita della “Specola vaticana”

Che fai tu, luna, in ciel? Dimmi, che fai?

di Antonio Tarallo
Credit Foto - Redazione online

“Casta diva…che inargenti queste sacre antiche piante”… o, se vogliamo perché non andare  a pescare un po’ nella tradizione musicale popolare – e ancor meglio,  di origine partenopea –  come, ad esempio, “ E a luna rossa me parla ‘e te…”.  Non ci permettiamo di lambire la poesia, perché ci vorrebbero infinite mappe concettuali degne di un studente alle prese con l’esame di maturità.   


La luna, quante immagini, evoca. Il verbo posto alla fine non poteva mancare: che si deve fare, già a parlarne, si è densi di poesia e il verbo posto alla fine – si sa – fa effetto… “Che fai tu, luna, in ciel? dimmi, che fai, Silenziosa luna?”. E oggi, seppur silenziosa, si farà vedere la luna in un colore particolare: il rosso. E sarà allora che saremo tutti col naso in su!

Ma quella “crosta di formaggio” (e questa volta rubiamo da Edmond Rostand, col suo Cyrano) è stata oggetto,  non poche volte, nella Storia della Chiesa, di diverse attenzioni. E con essa, tutto ciò che popola il cielo, l’Universo. In una sola parola: l’astronomia. Verrebbe da scrivere, visto l’argomento: “C’era una volta…”. Beh, usiamola pure questa usurata forma… “C’era una volta, non tanto tempo fa’, o forse sì, un papa amante dell’astronomia. Quel papa si chiamava Gregorio XIII”. 

E quando si parla di Papa Gregorio non si può non pensare a quello che comunemente viene chiamato “calendario gregoriano”:  la modifica del calendario giuliano, precedentemente in vigore, fu realizzata dal pontefice, in accordo con il medico calabrese Luigi Lilio, che prese parte alla commissione presieduta da Cristoforo Clavio, gesuita professore del Collegio Romano, assieme al matematico e astronomo siciliano Giuseppe Scala e al matematico perugino Ignazio Danti. Ma in questa interessante storia c’è una protagonista indiscussa. Senza lei non sarebbe stata possibile tale riforma. Parliamo della Torre dei Venti, o Torre gregoriana. Una struttura all’interno del Vaticano, fatta costruire nel 1578 (i lavori termineranno nel 1580), per favorire gli studi astronomici della Santa Sede. Una meridiana e un anemoscopio, questo l’armamentario astronomico, definiamolo così.   L’ “apparato”, ampliato e meglio organizzato, prenderà poi il nome – grazie a Leone XIII, nel 1891 – di “Specola Vaticana”. E Papa Leone XIII lo farà addirittura con un motu proprio dal nome “Ut mysticam”. Certamente il linguaggio risulterà assai arcaico, ma certamente rappresenta per il dialogo Scienza e Fede, e in questo caso particolare, tra Fede e Astronomia, un caposaldo che ha diverse “note” contemporanee.

“Per gettare disprezzo e odiosità sulla mistica Sposa di Cristo, che è vera luce, i figli delle tenebre sono soliti di calunniarla di fronte agli indotti e chiamarla amica dell’oscurantismo, fomentatrice d’ignoranza, nemica della scienza e del progresso, rovesciando essenza e significato di nomi e cose. Ma quanto la Chiesa ha fatto e insegnato agli uomini fin dalle sue origini, è sufficiente a respingere e confutare l’impudenza di una così turpe menzogna. Infatti la Chiesa, oltre che la conoscenza delle cose divine, dove è maestra unica, tramite i suoi Dottori ha coltivato e illustrato quell’esercizio essenziale di filosofare che si rivolge alla fondazione scientifica del sapere- a chiarirne i principi, a fornire i criteri per la ricerca rigorosa e per la sistematica esposizione dei risultati, a esplorare le facoltà dell’anima, a studiare la vita e il costume umano- al punto che non è facile aggiungere su tale tema cose degne di menzione ed è pericoloso discostarsene”

Ma veniamo al “momento clou”, quello che parla dell’importanza dello studio degli astri.  Leone XIII, tiene a precisare che tra le diverse scienze annoverate:

“Occupa un posto preminente l’astronomia: essa si propone di investigare quelle creature inanimate che più delle altre proclamano la gloria di Dio e che davano mirabile diletto al più sapiente degli uomini, il quale esultava per la conoscenza, a lui divinamente  ispirata, soprattutto del «ciclo dell’anno e delle posizioni degli astri» (Sap 7,19)”.

E’ evidente di come questo documento – non sempre ricordato – mostri quell’apertura della Chiesa a diversi campi della Scienza, un’apertura che si è sempre più “evoluta” al passo dell’evoluzione della Scienza stessa. Un cammino della Chiesa verso l’Astronomia che non è mai mancato e che sarà interessante – almeno per “sommi capi” – ripercorrere attraverso i documenti e le parole dei pontefici che sono stati col “naso in su”.

Intanto, noi, lo faremo oggi, dopo il tramonto. Ognuno a proprio modo, con i mezzi che avrà a disposizione. Mentre il rintocco dell’orologio di Piazza San Pietro segnerà le diciannove.



Antonio Tarallo

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