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Puteoli Sacra, fra inclusione sociale e valorizzazione territoriale

Intervista a don Gennaro Pagano

di Domenico Marcella

Puteoli Sacra è l’ultimo progetto presente sul territorio della diocesi di Pozzuoli avviato della Fondazione Regina Pacis, nata a Quarto – in provincia di Napoli – in risposta all’emergenza educativa. A dirigere la fondazione che da oltre dieci anni punta all’inclusione sociale è don Gennaro Pagano, cappellano dell’istituto minorile di Nisida: «Sulla scia di Quarto, dove abbiamo messo in piedi una cittadella dedicata interamente all’inclusione, abbiamo voluto creare nel Rione Terra di Pozzuoli una realtà che potesse accogliere i ragazzi usciti dal carcere, le donne vittime di tratta, le mamme con bambini, e i giovani stranieri non accompagnati».

Don Gennaro, come nasce Puteoli Sacra?
«Il nostro vescovo ha creduto fortemente che il Rione Terra potesse essere non soltanto un simbolo di riscatto territoriale e di valorizzazione culturale, ma anche un modello di speranza e reinserimento sociale. Per farlo ha scelto le bellezze artistiche del territorio. L’antica rocca è così tornata a rivivere – dopo cinquant’anni di abbandono – e a popolarsi di turisti giunti da tutto il mondo per ammirare gli importanti tesori presenti sul territorio. Per la gestione del Museo della Cattedrale abbiamo perciò ideato un progetto che donasse alle ragazze e ai ragazzi l’esperienza di lavoro e formazione nel campo dei Beni culturali, che va dalla reception all’accompagnamento turistico, dalla pulizia alle varie attività di manutenzione».

Avete praticamente creato un centro nevralgico in cui l’imperativo categorico è la valorizzazione.
«Proprio così, perché vengono valorizzati non soltanto i beni dell’antica Puteoli ma anche quelli della contemporanea. Puteoli Sacra si occupa di beni sacri, in modo particolare della Cattedrale di San Procolo che – a seguito di un incendio avvenuto negli anni Sessanta – ha restituito un meraviglioso Tempio di età augustea, ma anche della pinacoteca seicentesca che conserva ben tre opere di Artemisia Gentileschi. Oltre a essere stata una grande artista che si è fatta strada in un’epoca in cui per le donne era difficile emergere e includersi, Artemisia ci insegna a non restare indietro. Un simbolo forte per Puteoli Sacra ‘ché mette al centro non soltanto la sacralità e la religiosità dei tesori custoditi, ma anche quella della vita delle persone che ci sono state affidate. Il nostro è un progetto che mira a rendere fruibile la bellezza, e non soltanto quella delle pietre millenarie ma quella delle pietre vive».

I luoghi, in fondo, non sono soltanto costituiti da edifici e siti archeologici, ma anche da persone. Ridare attenzione all’Essere umano – soprattutto oggi, in questa delicata fase che stiamo vivendo – è più che urgente.
«Rimettere al centro l’Essere umano è proprio la nostra missione. E fra essi puntiamo principalmente agli svantaggiati, ai deboli, ai feriti dalle esperienze della vita. Io come come cappellano del Carcere minorile di Nisida so bene che ci sono i colpevoli, ma quei colpevoli sono spesso vittime della nostra distrazione, del non essere stati presenti come società civile, come Chiesa e come Stato. Ecco perché ho scelto di rivolgermi prima di tutto a chi rischia di restare ai margini».

Sviluppare e mettere in atto una teoria sul buono e sul giusto, dando così una seconda possibilità, è sempre e comunque un atto di sana rivoluzione.
«Credo sia importante dare una seconda possibilità. Non soltanto nell’ottica buonista. Spesso mi dicono: “Tu sei prete, lo devi fare”. Ma io cerco sempre di far capire che non è soltanto una questione cristiana. È ovvio che per me significa essere testimone della misericordia e della tenerezza di Dio, che sempre concede la possibilità di ricominciare. Ma è una teoria che tutti dovremmo mettere in atto. Negli occhi dei detenuti si nasconde un Dio ferito, affranto. “Ero carcerato e siete venuti trovarmi”; lo ripeto sempre alle persone che in qualche modo vogliono applicare la tolleranza zero nei confronti di chi sbaglia, quasi come se davanti a certe situazioni bisognerebbe buttare la chiave».

È con l’empatia che si contrastano anche i messaggi di ferocia, divenuti ormai anche manifesto politico.
«Sì, assolutamente. Bisogna fare estrema attenzione. Non bisogna ascoltare la pancia. La sicurezza non si ottiene avendo una città invasa da un esercito militare, ma attraverso un sano lavoro di rete che contempli il recupero di coloro che hanno sbagliato. Ogni ragazzo che accogliamo dal carcere, tolto così alla strada, è una manovalanza in meno nelle mani della criminalità organizzata. Un tassello, dunque, che rende le nostre comunità più sicure».

Il principe Miškin nell'Idiota di Dostoevskij afferma:”La bellezza salverà il mondo”. Nonostante il suo abuso, è una citazione carica di verità.
«La ricerca della bellezza ci consente di riconoscere anche in una pozzanghera di fango il riflesso del cielo. Non intesa, ovviamente, come canone estetico irraggiungibile ma come cura del dettaglio, del particolare, dell’infinto che si rispecchia nel microcosmo. È molto facile vedere nelle ragazze e nei ragazzi della nostra realtà uno sguardo mistico. Le loro ferite sono raggi di sole. Credo sia questa la bellezza che salverà il mondo. La nostra Cattedrale prima di restituirci il Tempo romano è stata completamente bruciata, defraudata e lasciata nell’incuria. Ha saputo, però, risorgere rivelando al mondo la bellezza del Rione Terra. “La bellezza salverà il mondo”, ma il mondo verrà salvato soprattutto da chi saprà riconoscere fra le macerie il vigore di una bellezza capace di restituire alla vita».


Domenico Marcella

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