Buone notizie, è in edicola "l'impresa del Bene"

Chi l’ha detto che il bene non fa notizia? E perché i comunicatori non assumono una responsabilità personale e collettiva raccontando le tante realtà ed esperienze costruttive che contribuiscono a far funzionare il nostro Paese? La sfida editoriale che il Corriere della Sera ha voluto affrontare con il settimanale «Buone Notizie - L’impresa del bene» parte da queste domande.
E dalla convinzione che sia necessario raccogliere e dare risposte al bisogno di positività che viene dal basso e si fa sentire sempre più prepotente. La nostra riflessione può partire dalle parole che Papa Francesco aveva pronunciato un anno fa, per la giornata delle Comunicazioni: «Credo ci sia bisogno di spezzare il circolo vizioso dell’angoscia e di arginare la spirale della paura, frutto dell’abitudine a fissare l’azione sulle cattive notizie».
Dare spazio al racconto di imprese sociali, volontari, cooperative, fondazioni, un esercito di piu di 7 milioni persone con quasi 800 mila occupati; parlare di giovani che cercano la loro strada nel Terzo settore, di donne coraggiose, uomini che non si arrendono, malati che sfidano la malattia, carcerati che chiedono la possibilità di riscattarsi, stranieri capaci di integrazione: prestare carta e penna a tutto questo è semplicemente descrivere cosa succede ogni giorno, molto più vicino a noi di quanto non sappiamo, con una forza silenziosa e pervasiva.
Le buone notizie possono generarne altre e chi fa comunicazione deve avere il coraggio di quel cambio di paradigma da più parti sollecitato e sempre piu urgente. Dobbiamo metterci in gioco, ciascuno con la propria coscienza e professionalità. Dobbiamo dare risposte al bisogno di speranza e valorizzare la diffusa capacità innovativa e in questo modo potremo contribuire alla costruzione di un circuito virtuoso che propone soluzioni e crea valore. Già alla fine del ‘700 il giurista napoletano Giacinto Dragonetti scriveva il saggio «Delle virtù e dei premi» ribadendo la necessità di premiare le buone pratiche. Chi fa comunicazione è direttamente chiamato in causa: il primo premio, infatti, è il riconoscimento di queste attività. Il bene fa notizia ed è un dovere informativo.
Elisabetta Soglio, Il Corriere della Sera
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