"Mani e piedi mi grondavano di sangue” Padre Pio racconta le sue prime stimmate
di Gelsomino Del Guercio
Padre Pio ha poco più di trent’anni. È magro e, sul viso incorniciato dalla folta barba scura, spiccano gli occhi grandi, colmi di curiosità e stupore. Ora, anche di sofferenza.
E’ il 21 agosto 1918 quando scrive al suo direttore spirituale, padre Benedetto, una lettera in cui parla, per la prima volta, di «quel giorno» in cui «sono stato ferito a morte».
«Sono sommerso da un oceano di fuoco», annota Padre Pio. «La ferita aperta sanguina e sanguina sempre. Da sola basterebbe a farmi morire mille e mille volte. E l’eccesso di dolore mi rende furibondo, senza volerlo mi fa delirare…».
In “La dolcezza del fuoco” (Ancora editrice) Roberto Allegri riporta le prime missive scritte dal santo di Pietrelcina al suo padre spirituale, le prime note personali del santo, e ricostruisce il contesto in cui Padre Pio riceve quelle «ferite dell’amore» che gli provocano tanta sofferenza, ma anche un contatto forte e diretto con Cristo.
Da un mese, padre Pio tiene nascosto ai confratelli il suo stato. Sopporta e prega. Invoca un capire, un faro che lo diriga attraverso la nebbia della sua confusione. Ha vissuto qualcosa di immenso, lo sa bene. Ma non riesce a decifrarlo. Forse non vuole neppure farlo perché uno strano senso di vicinanza a Gesù lo colma di trepidazione. La sofferenza lo unisce a Dio.
E’ strazio, per lui, anche il solo deglutire. Per un attimo, distoglie lo sguardo dal crocifisso e lo fissa a terra, senza vedere nulla, immerso nel ricordo di quel terribile momento che non potrà mai più dimenticare. E’ nella sua cella che il santo annota cosa gli è accaduto.
Non so cosa ho visto. Chi ho visto. Ma era lì. E incuteva rispetto e timore, e sembrava che riempisse tutto lo spazio, irradiando onde come fosse fuoco. Il suo viso… non l’ho guardato. Ma l’arma che teneva in mano, quella sì. Una lunga lancia, la punta affilata che mandava bagliori. Michele Arcangelo, in un dipinto, aveva una lancia come quella. Lucida e scintillante, pronta per essere scagliata. E l’essere venuto dal Cielo, lì di fronte a me, la sua arma l’ha scagliata davvero. Rapido e forte, uno strappo violento dal suo braccio. L’arma diretta verso di me.
Non ho mai gridato come allora. Ma senza che la mia voce lasciasse la gola. Un urlo silenzioso, muto. Più che un dolore della carne, molto di più. Dentro, più a fondo. Oltre le ossa e il sangue. La punta strappava e perforava la mia essenza e la spremeva senza però riuscire a finirla. Così lo strazio non smetteva e, dal fianco colpito, esplodeva in continuazione come i cerchi nello stagno quando si getta un sasso. Non ha più smesso.È uno squarcio e seguita a sanguinare.
Ne sento anche il suono, il rumore del sangue che esce e si versa. Ogni istante penso che sia l’ultimo per me ma non è così. Mi dissanguo senza morire. Sono spaventato ma qualcosa, sul fondo della mia miseria di uomo, canta di gioia e alza lodi a Dio. Anche se il dolore, a volte, mi rende rabbioso…
Quello stesso giorno Padre Pio si sposta nel coro della chiesa di Santa Maria delle Grazie. Pensa e ripensa alla figura che gli è apparsa. Essa riverbera come l’aria attorno alle fiamme, è distinta e sfumata nello stesso tempo. Non è armata, non brandisce la lancia acuminata pronta a colpire come la volta precedente. Ma le sue mani e i suoi piedi sanguinano. E nel costato si apre una ferita da cui il sangue fluisce come acqua da una sorgente.
Padre Pio ha paura. È paralizzato, la bocca aperta e gli occhi atterriti.Il tempo riprende subito a scorrere, la figura svanisce come la nebbia all’alba. Tornano le voci dei ragazzi in cortile, il suono di una campanella, il grido di un contadino lontano che incita il cavallo.
E nello stesso momento in cui ogni cosa sembra tornata alla normalità, padre Pio si accorge di avere le mani e i piedi trapassati. E il costato, là dove la lancia lo aveva colpito, squarciato fino all’osso Il dolore arriva improvviso, accecante.
Si guarda le mani, massacrate come da chiodi invisibili che le hanno passate da parte a parte. Vorrebbe alzarsi ma non riesce perché i piedi sono nelle stesse, tremende condizioni. Dai sandali aperti, il dorso dei piedi appare dilaniato, i fori
Nella solitudine del coro, nel silenzio di una mattina qualunque, è accaduto l’immenso. Senza clamore, senza squilli di tromba o folle acclamanti.
“Simile ad una cascata…”
Un mese dopo scrisse al suo direttore spirituale:
«…io mi avvidi che mani, piedi e costato erano traforati e grondavano sangue». Lettera di padre Pio a padre Benedetto, 22 ottobre 1918
«Io sento nell’interno un continuo rumoreggiare, simile ad una cascata, che gitta sempre sangue». Lettera di padre Pio a padre Benedetto, 22 ottobre 1918. (Aleteia).
Gelsomino Del Guercio
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