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La storia della Medaglia miracolosa

di Antonio Tarallo

Una delle più belle figure della santità francescana, san Massimiliano Kolbe, fra le sue innumerevoli missioni, ne aveva una in particolare: la diffusione della Medaglia miracolosa. E’ lui stesso a descrivere il suo profondo amore per la Medaglia, in uno scritto del 1926, pubblicato nel periodico “Il Cavaliere dell’Immacolata”, organo di stampa della Milizia: “Bisogna distribuire la Medaglia Miracolosa ovunque è possibile: ai fanciulli, perché la portino al collo, ai vecchi e soprattutto ai giovani, perché sotto la protezione di Maria abbiano la forza sufficiente per resistere alle innumerevoli tentazioni e pericoli che oggi li insidiano.

Anche a coloro che non entrano mai in chiesa, che hanno paura della confessione, si fanno beffe delle pratiche religiose, ridono della verità della fede, sono immersi nel fango dell’immortalità, oppure che se ne stanno al di fuori della Chiesa, nell’eresia: a tutti costoro bisogna assolutamente offrire la medaglia dell’Immacolata e sollecitarli affinché la portino volentieri e, contemporaneamente, pregare con fervore l’Immacolata per la loro conversione”.

Facciamo un salto indietro nel tempo: 18 luglio 1830, Parigi. È notte, l’orologio batte le undici e trenta. Suor Caterina Labouré delle Figlie della Carità - la congregazione di suore fondata nel 1798 da San Vincenzo de Paoli - si sente chiamare per nome. Un misterioso bambino, ai piedi del suo letto, la invita ad alzarsi: “La Santa Vergine ti attende”. Caterina si veste, segue il bambino; arrivano alla cappella del convento delle Figlie della Carità. Arrivati alla cappella, Caterina si ferma vicino alla sedia dove - di solito - si siede il sacerdote per le confessioni. Ed è allora che sente il fruscio di una veste di seta. La sua piccola guida le preannuncia: “Ecco la Santa Vergine”. Sarà l’inizio delle apparizioni (da luglio a dicembre di quell’anno) della Vergine Maria alla religiosa vincenziana; la più famosa sarà quella del 27 novembre 1830 quando la Madre di tutti gli uomini le chiederà di far coniare la Medaglia miracolosa, un segno d’amore, un pegno di protezione e sorgente di grazie.

Ma qual è il suo significato più profondo?
Una medaglia, “miracolosa”: perché? Una medaglietta, luminosa e dolorosa: tanti aggettivi per descriverla. Prima di tutto, è da definirsi “miracolosa”: aggettivo importante in riferimento ai numerosissimi casi di guarigione e conversione; nel febbraio del 1832, Parigi era stata devastata da una terribile epidemia di colera che provocò più di 20.000 morti; le Figlie della Carità distribuirono, in quell’occasione, le prime 2.000 medaglie; subito, un propagarsi di guarigioni e conversioni; fu per questo motivo che i parigini iniziarono a chiamare la medaglia “miracolosa”.

“Luminosa”, perché i raggi di luce che scaturiscono dalle dita di Maria sono il simbolo delle grazie che Maria elargisce a tutti i suoi figli; è la sua missione di amorevole intermediaria tra gli uomini e Dio. Eccoli, i luminosi raggi cadere sulla terra; in musica celestiale, riescono a diffondere amore e salvezza, speranza; la luce, il trionfo di Maria sulle tenebre.

“Dolorosa”: la medaglia reca sul retro due monogrammi di Maria e Gesù: sono i loro cuori trafitti che raccontano una storia di dolore, di amore e di sacrificio senza fine; il cuore di Gesù sormontato dalla corona di spine, il sacrificio d’amore per gli uomini; mentre il cuore della Vergine Maria, è trafitto da una spada, perché in Maria vive l’amore di Cristo; Lei, Madre, colma dell’Amore di Dio, riversa luce e speranza al mondo intero.


Antonio Tarallo

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