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San Francesco spezza le catene di Pietro di Alife 

Il prodigio di Tivoli

di Gelsomino Del Guercio

Un prodigio di San Francesco a Tivoli riguarda la sua apparizione e la successiva liberazione dalle catene di un prigioniero. L’episodio è riportato nel Trattato dei Miracoli e vede protagonista un uomo di Castello di Alife (Caserta) di nome Pietro, accusato di eresia al tempo di Papa Gregorio IX, e con altri imprigionato a Roma.

IL PIANO PER LA FUGA
Fu consegnato dal Papa al vescovo di Tivoli perché fosse tenuto in custodia. Anche se i capi di imputazione nei suoi confronti sembravano scarni.
Si narra che alcuni nobili della città, volendo, per odio inveterato contro il vescovo, che egli incorresse nella pena minacciata dal Papa, offersero a Pietro un piano nascosto di fuga. Egli acconsentì e evase di notte, fuggendo in fretta lontano. Conosciuto il fatto, il vescovo ne fu molto preoccupato e aspettando la pena, non meno si rammaricò che il piano degli avversari fosse riuscito.

IL NUOVO ARRESTO E LA DURA PRIGIONIA
Quindi con il più grande impegno possibile mandò spie da ogni parte, perché scoprissero il poveretto; catturatolo, lo fece rinchiudere in una severissima custodia, a pena della sua ingratitudine. Il vescovo fece preparare un'oscura prigione, circondata da robuste mura. In più, dentro, fece stringere il poveretto tra grosse tavole, legate con chiavi di ferro. Ordinò che il prigioniero fosse incatenato ai piedi con ceppi di ferro pesanti molte libbra, e gli fossero somministrati vitto e bevanda solo in piccola quantità.

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IL PRIGIONIERO IMPLORA SAN FRANCESCO
Era perduta ormai per lui ogni speranza di liberazione, ma Dio, che non permette che l'innocente perisca, nella sua pietà gli venne prontamente in aiuto. Il prigioniero cominciò a implorare il beato Francesco con pianti e preghiere perché gli venisse in aiuto, avendo udito che era la vigilia della sua festa. Aveva egli molta fiducia in san Francesco, poiché, così affermava, aveva saputo che gli eretici avevano latrato a lungo contro san Francesco.

L’APPARIZIONE
Nella notte della sua festa, verso il crepuscolo, il beato Francesco discese pietoso nel carcere e chiamando per nome il prigioniero, gli ordinò di alzarsi. Costui, terrorizzato, domandandogli chi fosse, si sentì dire che colui che gli si presentava era san Francesco. Allora il prigioniero chiamò una guardia e le disse: “Sono molto spaventato, giacché ho qui davanti a me uno che mi ordina di alzarmi dicendo di essere san Francesco". Ma gli rispose la guardia: "Giaci, in pace, poveretto, e dormi! Tu infatti sragioni, non avendo oggi mangiato abbastanza".

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LE CATENE ERANO SPEZZATE
Ma poiché il Santo di Dio gli ripeté il comando di alzarsi, circa l'ora di mezzogiorno, il poveretto si accorse che le catene dei piedi erano cadute a terra spezzate. Si accorse che le tavole della prigione si aprivano, mentre i chiodi saltavano via, offrendogli in tal modo un passaggio per uscire.

LA MERAVIGLIA DEL VESCOVO
Slegato, non sapeva, stordito come era, in qual modo fuggire, e, gridando, spaventò tutte le guardie. Esse comunicarono al vescovo che l'uomo si era liberato dalle catene. Il vescovo allora pensando che quegli fosse fuggito, e non sapendo che si trattava di un prodigio, pieno di paura, poiché era infermo, cadde a terra dal luogo ove sedeva. Avvertito poi dello svolgersi dei fatti andò devotamente al carcere e comprendendo la potenza di Dio adorò il Signore.
Le catene furono poi recate alla presenza del Papa e dei cardinali. Essi saputo l'accaduto, pieni di meraviglia, benedissero Iddio.

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Gelsomino Del Guercio

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