I frati francescani Michael Tomaszek e Zbigniew Strzalkowski verso la beatificazione
di Redazione online
Il 5 dicembre2015 sul finire dell’anno dedicato alla vita consacrata, saranno beatificati fra Miguel TOMASZEK e fra Zbigniew STRZAŁKOWSKI “che come profeti intrisi della misericordia divina – si legge nella lettera di Fra Marco Tasca, Ministro generale dell'Ordine dei Frati Minori Conventuali riportata nel sito a loro dedicato, Mczennicy Z Pariacoto - hanno dato la vita per amore a Dio e ai poveri che Dio ama in maniera preferenziale”. I due giovani frati francescani, classe 1960 il primo e 1958 l’altro, si formarono come Minori conventuali e nel 1989 partirono, insieme a un terzo confratello, per le Ande peruviane in occasione della prima missione francescana in Perù. Purtroppo la sera del 9 agosto 1991 i due vengono rapiti e giustiziati, i loro corpi saranno ritrovati il giorno seguente dietro le mura del cimitero locale.
BEATIFICAZIONE DI DON ALESSANDRO
Insieme ai due francescani sarà beatificato anche il sacerdote diocesano italiano Alessandro Dordi, ucciso il 25 agosto 1991.
Dopo l’ordinazione sacerdotale don Alessandro Dordi ha lavorato nell’alluvionata regione Polesine (nord est di Italia), e poi, negli anni 1966-1979 con gli emigrati italiani a Le Locle in Svizzera, dove faceva il prete-operaio. Dal 1980 ha lavorato nella parrocchia Santa nella diocesi Chimbote. Nel suo lavoro pastorale egli applicava integrazione con le comunità degli agricoltori, con i quali realizzava anche numerosi progetti di sviluppo. La vita in comune e il lavoro con la popolazione locale sono stati reputati pericolosi dai terroristi. È stato ucciso da Sendero Luminoso il 25 agosto 1991, quando rientrava in serata dopo aver celebrato la S. Messa in una lontana cappella.
LA CERIMONIA
Il Papa ha inviato il cardinale Angelo Amato, Prefetto della Congregazione per le cause dei santi, a presiedere la cerimonia solenne, come già fece a maggio con monsignor Romero in Salvador, il cui decreto venne firmato da Francesco contemporaneamente a quello delle tre vittime della guerriglia peruviana di stampo filo maoista. Davanti all’altare eretto nello stadio della città di Chimbote ci sarà anche il presidente del Perù, Ollanta Humala e, naturalmente, la Chiesa del paese andino al gran completo
L’EMOZIONE DI ASSISI
C’è grande attesa anche ad Assisi per la beatificazione dei due frati francescani. Una giornata che sarà seguita passo passo dai confratelli di fra Miguel e fra Zbigniew. E’ forte la vicinanza a questi due giovani che hanno scelto la povertà, la solidarietà, l’aiuto ai popoli bisognosi. Una realtà, quella peruviana, vissuta di recente anche da Padre Enzo Fortunato, direttore della Sala Stampa del Sacro Convento di Assisi che circa due mesi fa ha lasciato l’Umbria per il Perù. Un viaggio nelle periferie, tra la gente, tra i sorrisi dei bambini, ascoltando le storie di un popolo meraviglioso.
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In questi giorni in Perù c’è grande fermento, perché si sta avvicinando il giorno della loro beatificazione decisa, a meno di 24 anni dal martirio, da Papa Francesco il 3 febbraio 2015.
“Lunedì 3 febbraio 2015, il Santo Padre Francesco ha autorizzato la Congregazione delle Cause dei Santi a promulgare il decreto riguardante il martirio dei Servi di Dio Michele Tomaszek e Sbigneo Strzałkowski, sacerdoti professi dell’ordine dei Frati minori conventuali, uccisi, in odio alla fede, il 9 agosto 1991, a Pariacoto”. (“L’Osservatore Romano”, 4 febbraio 2015, p. 8).
I due francescani polacchi sono stati sempre simbolo di amore e solidarietà, di vicinanza e aiuto al prossimo: “Siamo noi all’altezza di questa esigente e alta misura dell’amore che è il martirio? Non è una domanda retorica, ma un interrogativo che dobbiamo saper custodire e con il quale vale la pena di confrontarsi. Anche riascoltando le parole del religioso Servo di Maria e poeta David Maria Turoldo, che – si legge nella lettera di Tasca - parlando di alcuni grandi testimoni dei nostri giorni scrive: “Che vergogna! Essere stati loro contemporanei….loro amici e commensali e non aver imparato. E non esserci convertiti. Ed essere quelli di sempre”.
“Quando la notizia mi ha raggiunto, ho provato una grande gioia – scrive il Ministro generale - e al contempo mi sono ricordato le parole di san Francesco di fronte alla reazione dei frati che magnificavano il luminoso martirio dei cinque protomartiri uccisi in Marocco il 16 gennaio 1220: “Ognuno si glori del proprio martirio e non di quello degli altri” (Giordano da Giano, Cronaca, 8: FF 2830). Sì, perché il martirio è il centro incandescente del cristianesimo, il luogo in cui l’amore a Dio e ai fratelli (anche carnefici) si dispiega in totalità. E si tratta di un roveto ardente al quale possiamo avvicinarci solo a piedi nudi, purificati da ogni vanità terrena. Fra Miguel e fra Zbigniew hanno dato la vita: loro è la palma del martirio, nostro il cammino per entrare nell’imitazione di due fratelli che hanno vissuto la sequela radicale di Cristo fino alla croce. Ho sempre guardato con molta simpatia a fra Miguel e a fra Zbigniew, due nostri giovani frati polacchi (31 e 33 anni) – della Provincia Polacca di sant’Antonio di Padova e del beato Giacomo degli Strepa – che tra la fine del 1988 ed il 1989, con grande entusiasmo, sono partiti alla volta del Perù per vivere la missione evangelica tra gli ultimi. Lo slancio missionario, il desiderio che il Vangelo incontri ogni uomo di ogni terra e nazione, è segno di autenticità cristiana, perché dice che la fede è il grande dono di Dio per tutti, senza distinzioni. Chi si apre alla missione si apre all’amore di Dio che vuole raggiungere anche i più lontani e ha una preferenza viscerale per i poveri e i piccoli”.
Una vicenda latinoamericana
“Nella mia presentazione, soprattutto nella parte narrativa – spiega Tasca - mi servirò delle parole di fra Jarek WYSOCZAŃSKI, il “terzo compagno” sopravvissuto alla strage perché in quel lontano 9 agosto del 1991 si trovava in Polonia. Lo ringrazio di cuore perché in questi anni ha tenuto viva, nell’Ordine, la memoria di quell’evento che gli ha cambiato la vita. Quando fra Miguel e fra Zbigniew partono per il Perù, portano con sé grandi speranze. Sono nati e cresciuti in un mondo dominato dal comunismo e, dopo la formazione teologica e l’ordinazione sacerdotale, accolgono con gioia e grande disponibilità l’avventura della missione in un Paese lontano e per lo più sconosciuto, che molto presto imparano ad amare. Ecco come li descrive fra Jarek: Miguel TOMASZEK nasce il 23 settembre 1960 a Łękawica (Polonia). Completa gli studi di filosofia e teologia nel Seminario maggiore dei frati minori conventuali di Cracovia e viene ordinato sacerdote il 23 maggio 1987. Per due anni lavora come viceparroco a Pieńsk e il 24 luglio 1989, con il cuore pieno di sogni, parte per il Perù. È una persona sensibile e gentile, dalla fede profonda, amante della preghiera e generoso evangelizzatore. Ha un amore profondo per la Vergine Maria e attraverso la musica – suona la chitarra – sa farsi amico dei piccoli e dei giovani. Zbigniew STRZAŁKOWSKI nasce il 3 luglio 1958 a Tarnów (Polonia). Come Miguel studia filosofia e teologia a Cracovia e viene ordinato sacerdote il 7 luglio 1986. Svolge per due anni l’incarico di vicerettore nel Seminario minore, e il 30 novembre 1988 parte alla volta del Perù. È un uomo buono, responsabile, ottimo organizzatore, con un debole per la matematica. Ama il creato, cura gli infermi e serve tutti con fede profonda. Nutre una passione profonda per la figura di san Massimiliano Kolbe.
C’è da dire che la missione in Perù veniva da lontano, essendo stata a lungo pensata e programmata come una presenza francescana tra la gente più umile di quel Paese. L’allora ministro generale dei frati minori conventuali, padre Lanfranco SERRINI, in una Lettera del 15 gennaio 1989 indirizzata a monsignor Luis BAMBARÉN, vescovo della Chiesa locale nella quale i frati svolgono il loro servizio, scrive: L’Ordine è felice di aver avviato questa nuova missione in terra peruviana, nella sua Diocesi di Chimbote. Sentiamo che, in questi ultimi anni, la Provvidenza ci ha guidati in mezzo alle difficoltà, e che ogni opera del Signore si concretizza attraverso molte strade; eppure è molto bello vedere che, proprio in esse si trova il segreto della vita. La vita di questa missione ha tutte le caratteristiche dello stile francescano, che vogliamo inserire in essa attraverso dei missionari che arrivano dalla Polonia: semplicità, povertà, vita nascosta, fraternità, disponibilità.
Siamo a poco più di vent’anni dalla seconda Conferenza dell’Episcopato Latinoamericano di Medelin (1968) e a dieci anni dalla terza Conferenza (Puebla 1979) che recepiscono il concilio Vaticano II per i popoli cristiani di quelle terre e formulano la famosa opzione preferenziale per i poveri, opzione teologica e non semplicemente sociologica (cf. Evangelii gaudium n. 198; si veda G. Gutiérrez, Perché Dio preferisce i poveri, EMI 2015). Diversamente dall’Occidente, chiamato a fronteggiare la sfida del non-credente, in quegli anni dell’ateismo teorico e pratico, in America Latina la grande sfida è invece quella del non-uomo: dell’uomo sfigurato dallo sfruttamento economico e non riconosciuto nei suoi diritti elementari, per non parlare di alcuni regimi politici oppressivi e ingiusti che seminano terrore. A volte si tratta di veri e propri “popoli crocifissi” che specchiandosi nel Vangelo ritrovano dignità e volontà di riscatto, intraprendendo cammini di liberazione. Si può dire, a ragione, che il testo conciliare di Lumen gentium (1965, n. 8), di tenore profetico, trova in quel contesto un’efficace e pertinente applicazione: “Come Cristo è stato inviato dal Padre ‘ad annunciare la buona novella ai poveri, a guarire quelli che hanno il cuore contrito’ (Lc 4,18), ‘a cercare e salvare ciò che era perduto’ (Lc 19,10), così pure la Chiesa circonda d’affettuosa cura quanti sono afflitti dalla umana debolezza, anzi riconosce nei poveri e nei sofferenti l’immagine del suo fondatore, povero e sofferente, si fa premura di sollevarne l’indigenza e in loro cerca di servire il Cristo”. Con l’annuncio del Vangelo, l’attenzione ai poveri e il collocarsi dalla loro parte e a loro favore è l’altra colonna portante della missione francescana di Pariacoto. Lo testimonia con chiarezza fra Jarek:
Arrivando a Pariacoto non è stato facile inserirci all’interno di un nuovo modo di essere Chiesa. Abbiamo trascorso ore e ore in riunioni, incontri, dibattiti, per capire. Lentamente siamo riusciti a focalizzare le domande centrali: “Qual è la nostra missione di francescani in questo luogo? Che modello di Chiesa vogliamo incarnare? Come possiamo essere poveri con i poveri?”. All’inizio, questo nuovo stile di Chiesa ci turbava, ma allo stesso tempo risvegliava in noi un nuovo modo di essere cristiani. In breve tempo siamo diventati pienamente parte della Chiesa locale, assumendo pienamente la convinzione che ogni popolo deve esprimere la fede conservando la propria identità. Le colonne della nostra azione missionaria sono state sostanzialmente due: l’annuncio del Vangelo e la vicinanza ai poveri. Il vivere come fratelli in semplicità e povertà è stato il ponte comunicativo più efficace con la gente del luogo.
Fra Miguel scrivendo alla famiglia dice: “La gente è molto buona: i bambini continuano a salutarci ad alta voce, anche diverse volte al giorno; i giovani sono molti e si avvicinano alla chiesa; non esiste la figura dell’organista, ma i giovani lo suppliscono perfettamente con i loro strumenti musicali. Suonano la chitarra, il flauto (diverso da quello polacco: sto imparando a suonarlo), la canna da zucchero (ha un buon suono), strumenti a percussione, e un baccello secco lungo mezzo metro (non so come si chiami, ma assomiglia ad un baccello di fagioli). Cantano molto bene e con gusto. Due giorni fa sono rimasto solo: non mi sono annoiato; a tarda sera ho celebrato l’Eucaristia, e dopo la celebrazione mi sono seduto con i giovani sugli scalini davanti alla chiesa alla luce della luna, ascoltando i loro canti e addirittura cantando qualcosa in polacco” (lettera alla famiglia, 20 agosto 1989).
“Bisogna uccidere quelli che predicano la pace”
“In effetti, i principali capi di accusa che i terroristi di Sendero luminoso (movimento di matrice maoista guidato da Abimael Guzmán) avanzano a carico dei due frati riguardano la fede come realtà che disimpegnerebbe da ogni causa in favore dell’uomo e l’aiuto ai poveri – attraverso la distribuzione di cibo – come forma di colonialismo e condizionamento delle coscienze. Di seguito riportiamo alcune frasi pronunciate nel processo-farsa contro i due frati.
Ingannano il popolo perché distribuiscono alimenti della Caritas, che è imperialismo. Predicano la pace e così addormentano la gente. Non vogliono né la violenza né la rivoluzione. La pace disonora la gente. Bisogna uccidere quelli che predicano la pace. Con la religione addormentano il popolo. La religione è l’oppio del popolo. La Bibbia è un modo per addormentare il popolo, ingannarlo e dominarlo.
Concetti veteromarxisti (siamo nel 1991, due anni dopo la caduta del muro di Berlino) che esaltano la rivoluzione armata e additano la religione come oppio dei popoli. Sarà questa ideologia perversa e alquanto rozza a condannare a morte i nostri confratelli. Ricordiamo l’avvenimento con le parole del “terzo compagno”:
Il 9 agosto 1989 1991 – era un venerdì – dopo la celebrazione eucaristica, Miguel e Zbigniew furono prelevati separatamente dal convento e portati al Municipio di Pariacoto. Insieme, furono fatti salire su uno dei camioncini della missione, insieme a suor Berta HERNÁNDEZ, Ancella del Sacro Cuore di Gesù, che volle andare di propria iniziativa. Più tardi, sulla strada per Cochabamba, prima di attraversare il ponte fecero scendere la religiosa dal veicolo; quindi incendiarono il ponte e condussero i frati in un luogo chiamato Pueblo Viejo, vicino al cimitero. Lì, a sangue freddo, assassinarono fra Miguel con un colpo alla nuca e fra Zbigniew con due colpi, uno alla spalla e l’altro alla testa. Con loro fu ucciso anche il sindaco del paese, Giustino Masa.
I corpi non vennero rimossi fino al giorno dopo, quando la polizia fece i rilevamenti e giunse sul luogo anche monsignor BAMBARÉN. La mattina in cui fu celebrata la messa delle esequie, dopo l’autopsia nella città di Casma, al passaggio del feretro la gente rese omaggio ai frati martiri con fiori, bandiere, preghiere, lacrime e cartelli con scritto Paz y bien, Perdónales porque no saben lo que hacen, Nuestros padres no murieron. “Pace e bene”, “Perdonali perché non sanno quello che fanno”, “I nostri padri (Miguel e Zbigniew) non sono morti”.
“Lo stesso luogo dell’eccidio – leggiamo nel libro scritto a quattro mani da fra Jarek e Alberto FRISO, giornalista del “Messaggero di sant’Antonio” – fu oggetto dell’attenzione degli abitanti di Pariacoto. Si recarono sul posto con delle vanghe e raccolsero per quanto fu possibile la terra bagnata dal sangue dei martiri, terra diventata sacra. Poi, in processione, la portarono al vicino cimitero, dove si trova ancora, in un cenotafio sotto una croce che riporta i nomi di Miguel e Zbigniew” (Frati martiri. Una storia francescana nel racconto del terzo compagno, EMP 2013, p. 202). La vox populi aveva intuito che quel sangue versato era prezioso e parlante, segno di un amore che non si può soffocare nemmeno con la morte.
In quei giorni drammatici, come abbiamo detto, fra Jarek si trovava in Polonia per celebrare il matrimonio della sorella, proprio mentre Giovanni Paolo II era a Częstochowa per la Giornata mondiale della gioventù. I due si incontrarono brevemente, in privato, il 13 agosto, e il papa, dopo aver chiesto informazioni sull’accaduto, disse: “Sono i nuovi santi martiri del Perù”. Una frase profetica, che da quel momento in poi accompagnerà e sosterrà il culto spontaneo della gente e il percorso del processo di beatificazione intrapreso dai confratelli.
Conclusione della lettera di fra Marco Tasca
Se “ad alcuni il Signore chiede il martirio della vita, c’è anche il martirio di tutti i giorni, di tutte le ore: la testimonianza contro lo spirito del male che non vuole che noi siamo evangelizzatori” (Papa Francesco, Catechesi inaugurale del Convegno Ecclesiale della Diocesi di Roma, 17-19 giugno 2013). Mi piace – si legge nel sito - concludere questa Lettera richiamando ancora una volta lo stretto rapporto esistente tra la testimonianza quotidiana e il martiro, declinato da papa Francesco come lotta contro tutto ciò che quotidianamente, per pigrizia nostra e per suggestione del maligno, si oppone allo slancio missionario. Se fra Miguel e fra Zbigniew potessero parlare oggi al nostro Ordine racconterebbero del loro grande entusiasmo per l’annuncio del Vangelo a ogni uomo, a partire dai piccoli che hanno concretamente amato e servito. Parlerebbero di un Vangelo che più che un testo scritto è un messaggio buono e liberante (euanghélion) da consegnare attraverso la parola e l’esempio, soprattutto con stile gioioso e fraterno. Testimonierebbero dell’infinita misericordia di Dio che ha alimentato il loro desiderio di partire per terre lontane, di “uscire” in modo radicale e irreversibile per incontrare e condividere, evangelizzare ed essere evangelizzati. Rimaniamo allora in ascolto della breve e densa esistenza di questi nostri due confratelli e della loro fine più che eloquente, affinché il Signore ci renda evangelizzatori autentici, gioiosi e fecondi.
Il Signore ci ha fatto dono dei nostri fratelli Miguel e Zbigniew quando sono entrati nell’Ordine; attraverso la loro scelta missionaria ci incoraggia a rinnovare il nostro cammino di sequela; con il loro martirio ci testimonia la vittoria sulla morte e sul male di quanti si affidano alla Sua grazia; con la loro beatificazione ci dona degli intercessori. Facciamo tesoro di questo momento di grazia ed impegniamoci a seguire l’esempio dei nostri martiri. A loro ricordo l’Ordine si farà promotore di alcune iniziative e progetti catechetici e di promozione umana per i quali, fin da ora, chiedo le vostre preghiere ed il vostro contributo”.
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EVENTI ORGANIZZATI IN PERU’ CONNESSI ALLA BEATIFICAZIONE
VENERDÌ 4 DICEMBRE 2015 - VEGLIA DI PREGHIERA TARDA SERA E NOTTE, NELLA CATTEDRALE DI CHIMBOTE
SABATO 5 DICEMBRE 2015 BEATIFICAZIONE ORE 10.00, NELLO STADIO DI CHIMBOTE, REGIONE DI ANCASH, PERÙ
DOMENICA 6 DICEMBRE 2015 EUCARISTIA DI RINGRAZIAMENTO ORE 10, A PARIACOTO, CHIESA PARROCCHIALE SEÑOR DE MAYO
LUNEDÌ 7 DICEMBRE 2015 EUCARISTIA DI RINGRAZIAMENTO ORE 20.00, A LIMA, CHIESA PARROCCHIALE NUESTRA SEÑORA DE LA PIEDAD
MARTEDÌ 8 DICEMBRE 2015 EUCARISTIA DI RINGRAZIAMENTO ORE 20.00, NELLA CATTEDRALE DI LIMA, PRESIEDUTA DAL CARD. JUAN LUIS CIPRIANI
(meczennicy.franciscans.eu/it)
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