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Gaudì, l'architetto di Dio

170 anni dalla nascita dell'architetto della Sagrada Familia

di Antonio Tarallo

“La vita è amore, e l’amore è sacrificio. A qualsiasi livello si osserva che, quando una casa conduce una vita prospera, c’è qualcuno che si sacrifica; a volte questo qualcuno è un domestico, un servitore. Quando le persone che si sacrificano sono due, la vita del nucleo diventa brillante, esemplare. Un matrimonio, in cui i due coniugi hanno spirito di sacrificio, è caratterizzato dalla pace e dall’allegria, che ci siano figli o no, ricchezza o no. Se coloro che si sacrificano sono più di due, la casa brilla di mille luci che abbagliano chiunque si avvicini. Il motivo della crescita spirituale e materiale degli ordini religiosi è che tutti i membri si sacrificano per il bene comune”. Sono parole, non scritte, ma pronunciate dal noto architetto della Sagrada Familia, Antoni Gaudí, riportate nel testo Idee per l’architettura. Scritti e pensieri raccolti dagli allievi (a cura di I.Puig-Boada, Jaca Book, Milano, 1995).

Una spiritualità che converge verso l’alto, sempre, quella di Gaudì, uomo buono e genio dell’architettura del secolo passato. Era nato il 25 giugno 1852, a Reus, vicino a Tarragona (Catalogna). Joan Mirò lo ha definito “il primo fra i geni”. Un genio al servizio di Dio, così si potrebbe definire: opere che rimangono nella storia per la sua carica di fede; la bellezza e la fede, eterno dialogo con l’Eterno. Non è un caso, certamente, che fu definito “l’architetto di Dio”, tanto che a fine anni ‘90 è nata l’iniziativa - da parte di un comitato di ecclesiastici, accademici, designer ed architetti - di proporlo per la beatificazione e la canonizzazione; l’arcivescovo di Barcellona Ricardo María Carles Gordó ha avviato nel 1998 il processo di canonizzazione definendo Gaudì “un laico mistico”.

La sua prima costruzione risale al 1878, è la casa Vincens a Barcellona, in cui già si possono apprezzare il suo innamoramento per le architetture gotiche ma anche il suo amore per le decorazioni. Ma sappiamo bene che il suo nome rimarrà nei secoli famoso per la costruzione della Sagrada Familia a Barcellona, iniziata nel 1892 e tuttora incompiuta. Un’opera cui Gaudì ha dedicato tutta la sua ultima fase della vita. L’architetto di Dio scriverà riguardo questa magnifica opera: “Nella Sagrada Familia tutto è frutto della Provvidenza, inclusa la mia partecipazione come architetto”. Sapeva di non poter completare l’opera nell’arco della sua vita per questo ripeteva sempre: “E’ la Provvidenza che, secondo i suoi disegni, porta a termine i lavori”, anche perché come egli stesso affermava: “Il mio cliente non ha alcuna fretta. Dio ha tutto il tempo del mondo”.

Quando nel 1914 non c’erano più soldi per proseguire nei lavori, decise addirittura di improvvisarsi (senza molto successo) come mendicante per alcuni mesi. Una vocazione, una missione la sua: la bellezza, veicolo e strumento per giungere verso Dio. Quelle guglie, quelle architetture ne sono testimonianza. L’opera architettonica di Gaudì sembra davvero una scala verso il Cielo, ricorda i testi dei mistici spagnoli; è traccia di una spiritualità che prendeva linfa dalla terra, da quell’orizzonte terreno in cui Gaudì era immerso, ma che volgeva lo sguardo alle nuove; è l’ossimoro dell’arte.

Nel 1926, uscendo dal cantiere per andare alla chiesa di San Filippo Neri, Gaudì venne investito da un tram e morì poco tempo dopo in ospedale. Si narra - ormai è leggenda - che in quel momento nessuno in strada si accorse che si trattava del famoso architetto Gaudì: i suoi vestiti erano quelli di solito indossati dagli artigiani sui cantieri.

Era proprio vero: Gaudì, l’artigiano, umile, di Dio.


Antonio Tarallo

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