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Il sacrificio di padre Placido Cortese

Frate scomodo al regime

di Antonio Tarallo

Un colpo alla porta; urla e una mano che ti trascina fuori dal letto; e si è nella paura, nel timore più nero di perdere la vita. Esistenze spezzate, vite che cambiano il loro corso in pochi istanti, passando dal calore della propria casa ad un freddo vagone di un treno diretto chissà dove. Tutto questo accadeva durante il nazismo; tutto questo era il tragico scenario a cui si poteva assistere durante il regime nazista.

Non è possibile e non si deve dimenticare. E proprio per non cedere queste immagini all’oblio, nel 1995, l'artista tedesco Gunter Deming ha iniziato a creare le cosiddette “pietre d’inciampo”, in tedesco: “stolpersteine”, piccoli sampietrini che ricordano nomi, fatti, morti del nazismo. Sono piccole targhe d’ottone, delle dimensioni di un sampietrino; vengono solitamente poste davanti all’abitazione o al luogo di deportazione di chi è stato vittima dei nazisti. Nome, cognome, data di nascita, cattura e morte per ridare individualità a coloro che si volevano ridurre solo a numeri.

E fra le varie pietre d’inciampo, a Padova, c’è quella di padre Placido Cortese. Appena fuori del sagrato della Basilica di Sant’Antonio, qui, si trova la “stolpersteine” di questo frate francescano che venne arrestato dalla polizia nazista e condotto verso la sua passione, verso la morte. Padre Cortese era giornalista, e sino al 1937 direttore del “Messaggero di sant’Antonio”. Grazie alle rotative tipografiche del giornale padre Placido stampava documenti falsi per consentire la fuga degli ex prigionieri alleati, liberati dopo l’8 settembre del 1943, vittime dei rastrellamenti dei nazi-fascisti. Un eroe, fra Placido Cortese; un frate scomodo al regime.

Domenica 8 ottobre 1944, Padova. La Gestapo riesce, con il tradimento di una persona a lui conosciuta, ad attirare padre Cortese fuori dal convento annesso alla basilica di Sant’Antonio. Una macchina si avvicina a lui; alcune persone lo fanno salire in macchina; è l’ultima immagine del frate francescano. Da quel momento in poi non si saprà più nulla di lui, fino a quando nel 1995 grazie alla testimonianza di una donna, all’epoca dei fatti fidanzata con uno dei collaboratori del frate, rivelerà la tragica sorte del religioso francescano: poco dopo la sua cattura, fu portato a Trieste nel bunker di Piazza Oberdan; qui venne sottoposto a continue e atroci torture per fargli confessare i nomi dei suoi collaboratori. Padre Valentino Cortese non parlò, non rivelò alcun nome, non tradì nessuno.

Il 30 agosto 2021 Papa Francesco, ha promulgato le virtù eroiche, dichiarandolo Venerabile. La promulgazione delle virtù eroiche è un passo importante per il processo di beatificazione e canonizzazione. Ci sono anche altri prestigiosi riconoscimenti attribuiti a padre Cortese, in altri ambiti, come: la Medaglia d’oro al merito civile concessa e consegnata dal Presidente della Repubblica Sergio Mattarella nel febbraio 2018; inoltre, troviamo la memoria del suo nome nei “Giardini dei Giusti” di Padova e Milano. E’ del gennaio 2021 la posa della “Pietra d’inciampo” in suo onore; è davanti alla Basilica del Santo, nel punto dove avvenne la cattura. Qui, fisicamente, una pietra; nel cuore, il ricordo.


Antonio Tarallo

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