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San Francesco è passato di qui

Credits Ansa



Non una passeggiata per anime candide ma un cammino che è il ritratto del suo progenitore. Durissimo con salite su pietraie sotto il sole cocente, gioioso in mezzo a boschi dove si avanza in un leggiadro turbinio di farfalle. Improvvisamente spirituale quando si approda nei conventi. Francesco amava venire tra le colline del Reatino perché qui spesso riceveva un' accoglienza più calorosa che nella sua Assisi e trovava l' ambiente ideale alla sua vita, fin troppo povera e austera persino per i suoi frati ma attenta a godere di ogni abbondanza della natura, come l' acqua che puntualmente compare in miracolosi fontanili. E la presenza del Santo è tangibile a cominciare da quel segno del Tau sulle cortecce degli alberi, lettera che nella Bibbia accomuna l' ebraico e il greco, ma che per il frate era la Croce e divenne una firma, un sigillo, un marchio di «fabbrica».

Nel 2010 in cui Santiago festeggia l' anno santo con 250 mila pellegrini in movimento, un' alternativa sono i 350 chilometri molto più solitari del Cammino di Francesco tra Toscana, Umbria e Lazio, nel cuore di quell' Italia centrale in cui pulsava il sangue del Medioevo. Noi abbiamo scelto tre tappe nella parte più meridionale. Ambiente genuinamente ruvido come la parlata di queste zone che mescolano accenti e inflessioni di tre regioni e una nuova edilizia di villette senza troppe cure estetiche. La segnaletica è curata (anche se con qualche mancanza di chiarezza che può trasformarsi in tranello), l' ospitalità per dormire è... francescana ma gratuita. Partiamo da Stroncone, fiero paese su un colle non lontano da Terni, per salire fino ai mille metri dei piani di Stroncone, luogo di villeggiatura con prati, pascoli e casette sparse. L' ascesa sembra non finire mai ma poi si è premiati sulla cresta di confine tra Umbria e Lazio in cui si apre nella sua maestosità la valle di Rieti. Subito una discesa ripidissima, lastricata, che porta direttamente al santuario di Greccio. In tutto sono 13 chilometri ma non certo irrilevanti. Greccio fu il luogo in cui Francesco inventò il presepe, nella Notte di Natale del 1223, volendo una sacra rappresentazione corale che ricreasse l' atmosfera di Betlemme. Nome che, riportano le fonti della sua vita, nella messa di quella notte pronunciava passandosi la lingua sulle labbra «quasi a gustare e trattenere tutta la dolcezza di quella parola». Letteralmente appiattito sulla roccia a picco, il santuario di Greccio ospita oggi una collezione di presepi da tutto il mondo e conserva la sua magia nella chiesa della grotta. C' è posto nelle camerate ai piedi della rupe e al mattino dopo frate Alfredo ci invita a cantare il salterio nel coro della chiesa grande. Secondo giorno, destinazione Fonte Colombo, venti chilometri di sali e scendi attraverso le colline che incoronano la piana di Rieti. Domina su tutti il paese di Greccio (a due chilometri e mezzo dal santuario) adagiato su una terrazza naturale da cui si «ripassa» tutto il percorso. Misteriosa e imponente (colpa anche di un restauro fin troppo ambizioso) l' abbazia di san Pastore, stupefacente per la ricchezza dei palazzi il borgo di Contigliano alta. Fonte Colombo compare nel tardo pomeriggio, ora ideale per visitare il sacro speco, la nuda roccia in cui Francesco amava dormire per rafforzare il voto di semplicità. Negli ultimi anni di vita, qui il santo scrisse la Regola definitiva e sopportò una dolorosissima (quanto inutile) cauterizzazione del nervo ottico. Oggi Fonte Colombo è una scuola di novizi del Centro-Sud che ti accolgono al saluto di «pace e bene», offrendoti vitto e alloggio. Terzo giorno, il più impegnativo, 25 chilometri. Da Fonte Colombo parte in discesa un largo sentiero nel bosco che in meno di un' ora porta all' ingresso di Rieti. Tratto problematico sia in entrata che in uscita dalla città, bisogna attraversare e costeggiare alcune arterie trafficate ma poi si è premiati con la passeggiata lungo il fiume Velino che conduce al centro storico. Usciti da Rieti, si affronta la collina verso il santuario della Foresta. Si arriva all' eremo dall' alto e il suggestivo colpo d' occhio è sul grande orto, curatissimo. Nel luogo dove Francesco fece il miracolo di una produzione di vino record da una vigna che veniva puntualmente spoliata della sua uva dai visitatori, oggi vivono e lavorano alcuni ragazzi della Comunità Mondo X, usciti dalla droga. «Qui impariamo a coltivare il senso estetico», dice Edemar con gli occhi che sprizzano una gioia di vivere ritrovata. Senza sconti alla fatica si arriva quindi a Cantalice, un paese «verticale» che si attraversa scendendo su una scalinata da brivido. Un paio d' ore di cammino su un sentiero ombroso che concede splendide vedute ed ecco apparire Poggio Bustone (il paese di Lucio Battisti, ma questa è un' altra storia): anch' esso aggrappato sulle pendici, da conquistare. Il santuario e l' eremo sono ancora più in alto. Per un attimo desideriamo provare l' estasi che qui ebbe Francesco quando ancora non era sicuro della strada intrapresa per sé e per i pochi seguaci. Poi ritornò dai suoi frati: «Non vogliate essere tristi perché siete in pochi... Iddio ci farà diventare una grande moltitudine». (corriere.it)

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