Silvia Ceccarelli
La poesia come stile di vita
«Non leggiamo e scriviamo poesie perché è carino: noi leggiamo e scriviamo poesie perché siamo membri della razza umana; e la razza umana è piena di passione. Medicina, legge, economia, ingegneria sono nobili professioni, necessarie al nostro sostentamento; ma la poesia, la bellezza, il romanticismo, l’amore, sono queste le cose che ci tengono in vita». Se i nostri lettori si soffermassero giusto qualche istante su queste poche righe, comprenderebbero quanto l’arte e la poesia siano necessarie non solo a tenere in vita le nostre anime, ma oltremodo indispensabili a fornirci gli strumenti per comprendere un mondo – qual è quello in cui viviamo – dove non di rado ogni mossa è compiuta in funzione di un interesse o di un piacere personale. L’attimo fuggente, uno dei capolavori cinematografici più straordinari dell’ultimo trentennio, sembra richiamare in qualche modo l’intimo valore moralistico della poesia francescana. Certamente la poesia di San Francesco ha rappresentato, o meglio, rappresenta ancor oggi, un mezzo per poter tentare di riparare le crepe di un’esistenza che non sempre procede lungo sentieri liberi e privi di ostacoli. È davvero una poesia che s’apre alla comprensione dell’altro, alla gioia, all’amore e a qualsiasi forma di generosità. Ispirati alle fatiche di un corpo minuto, e alla sensibilità di un’anima capace di sentire e di accogliere il dolore proprio e il dolore altrui i versi di San Francesco si propongono di addolcire le pene degli uomini, dispensando in maniera singolare lezioni e suggestioni da cui poter ripartire per ricomporre i pezzi della vita d’ognuno. L’arte poetica di Francesco non è mera visione o fantasia, bensì un mezzo di umana creazione che invita l’io a riconciliarsi con l’universo circostante e con le creature che vi abitano aprendo nuovi cammini sopra i quali procedere in nome di una solida alleanza tra uomini e secondo un ideale comune di giustizia. Gli scritti poetici di San Francesco rivelano l’armoniosa concordia del poeta con tutti gli elementi presenti in natura (dal fuoco all’acqua, dal sole alle stelle), e fanno da scenario, sulla scorta di norme e precetti prestabiliti, ai nuovi orizzonti d’attesa per le sorti dell’intera umanità. La parola di Francesco, dolce e vibrante di buoni sentimenti, come di toni fraterni e gentili, si prefigura altrettanto forte e incisiva allorché cerca d’insegnare ai confratelli la via migliore per raggiungere la pienezza della vita in termini di carità e di rettitudine morale. Alla predicazione dell’amore per Cristo e per tutti gli esseri viventi, e all’efficacia della propria eloquenza finalizzata alla diffusione della gioia (esperita in povertà) e della speranza (riposta nei cieli), s’accompagnano le cosiddette Admonitiones, che sono da considerarsi, sulla scia della moderna critica, frammenti di un diario autobiografico o addirittura modello pregevole di psicologia religiosa. Nel capitolo IV degli Ammonimenti, San Francesco raccomanda «che nessuno si approprii la superiorità»: difatti, come il Signore non è venuto per essere servito ma per servire, allora coloro «che sono costituiti sopra gli altri» si debbono compiacere di siffatta superiorità per mettersi al servizio dei propri fratelli. Le poesie di San Francesco sono la chiave di lettura di una società – la nostra –, dove chi riveste ruoli di potere distoglie spesse volte il proprio sguardo dai bisogni di chi versa in condizioni disperate, da chi a stento riesce a trovare una occupazione dignitosa, da chi non ha voce per difendere i propri diritti e i diritti delle persone più fragili. Il senso profondo della poesia francescana risiede nella grandezza dei suoi insegnamenti, che inducono gli uomini a chinarsi alla volontà altrui e a fornire nel contempo un valido supporto a chi malgrado l’impegno e la forza d’animo resta impigliato tra i rami secchi dell’indifferenza e dell’avidità umana.
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