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Redazione

Il Re nudo

<bR><bR>Uno degli aspetti più interessanti dell'attuale crisi economica dei paesi industrializzati, in particolare dell'Europa, è il modo in cui la crisi è comunicata. Sembra infatti di essere di fronte ad una crisi pericolosissima per tutta l'umanità. In realtà per l'umanità non c'è mai stata un'epoca più ricca di speranza ed opportunità, ma la diseguale distribuzione della ricchezza nel pianeta determina che la crisi del ricco influisca anche sulla vita del resto della popolazione mondiale. <bR><br><br>Poniamo di essere figli di imprenditori di successo, di essere parte di una famiglia ricca. Se improvvisamente dovessimo scoprire di non riuscire a pagare i tanti debiti che i nostri genitori hanno accumulato, ci troveremmo di fronte ad un bivio: pagare il debito ripensando il nostro stile di vita, o cercare nuovi finanziatori, quindi un nuovo debito, per pagare il vecchio debito, da trasferire egoisticamente ai nipoti. Come scelta “responsabile” potremmo delocalizzazione alcune aziende in un paese in via di sviluppo, licenziando i rispettivi dipendenti in Italia, potremmo ridurre gli stipendi per tutti gli altri dipendenti delle aziende mantenute in Italia (presentandolo come un salvataggio) e, in segno di ulteriore sacrificio, potremmo vendere parte delle nostre ville, licenziando camerieri e giardinieri del posto. È evidente che in questo modo, la nostra famiglia continuerà a mantenere il proprio stile di vita, mentre la crisi si trasferirà sui più deboli.<bR><br><br> I figli di quella famiglia ricchissima siamo noi. Spesso non ce ne rendiamo conto, ma siamo parte di un paese tra gli otto più ricchi del mondo. Dai nostri genitori abbiamo ereditato un debito che improvvisamente, nell'arco di pochi decenni, è stato smascherato nella sua ingestibilità. A questo punto le soluzioni sono due: ripensare il nostro modello di vita, o attuare misure di intervento drastiche che peseranno soprattutto sui più deboli, per poter continuare a pagare nuovi debiti che avremo contratto per pagare i vecchi. Detto altrimenti, quello che stiamo facendo rischia di essere semplicemente un trasferimento del debito alla generazioni future, con la grande differenza che le generazioni future non avranno più a disposizione la carta della delocalizzazione, ponendo fine all'eredità dell'illusione della crescita irresponsabile.<bR><br><br> Dobbiamo dunque cogliere la grande opportunità che questa crisi ci presenta. Per la prima volta nella storia, possiamo costruire il nostro benessere in un contesto globale di diritti. Penso al diritto alla famiglia, al diritto alla salute, alla fede, ma anche al divertimento. Il legame tra leadership economica e leadership del diritto è sempre ricco di insidie, perché possiamo pensare che la prima governi la seconda e non il contrario.<bR><br><br> Abbiamo l'opportunità di ritrovare con umiltà la nostra dimensione globale, diventando maestri di un'economia responsabilmente costruita sulla bellezza della semplicità. In riferimento alla povertà dell'arte contemporanea, Fernando Botero ha detto che nessuno ha il coraggio di ammettere che il Re è nudo. È lo stesso coraggio che dobbiamo aspettarci dagli economisti di oggi, con l'obiettivo di tessere un abito nuovo e non di cercare di rattoppare il vecchio.<br><i> Alessandro Giuseppe Porcari</i>

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