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'SPIRITO DI ASSISI', LA BELLEZZA DELL'INCONTRO

di Enzo Fortunato

Il nostro calendario è dedicato quest'anno allo "Spirito di Assisi". Sono infatti passati trent'anni da quell'intuizione geniale di Giovanni Paolo II, che profeticamente volle convocare tutti leader religiosi del mondo nella città di San Francesco. Una pagina rimasta negli annales storici del XX secolo. Fu da allora che si cominciò a parlare di "Spirito di Assisi" che è incontro, è ascolto, è dialogo, è conoscenza reciproca, è rispetto, è preghiera.

Da quel 27 ottobre 1986 sono passati molti anni, ma quelle persone rappresentano nella diversità delle loro lingue, delle loro culture, delle loro origini e delle loro fedi, la molteplicità delle loro terre. Esse hanno in comune una caratteristica: testimoniare la bellezza dello stare insieme.  Certo, ci ricorda il cardinal Ravasi, che non si devono ignorare le discordanze dissolvendole in un vago sincretismo intellettuale e spirituale. Ma i pensieri e le parole, le opere e le scelte di tutti i protagonisti devono confrontarsi e incontrarsi, proprio come avvenuto attorno al tema della pace e della giustizia. L'incontro è il vessillo elevato ad Assisi davanti a coloro che considerano questi valori come dono divino e li invocano nella preghiera, cercandoli nel loro impegno, non solo religioso.

Nella città del Santo si è intessuto un “dialogo” che è un incontro di pensieri, di concezioni, di discorsi, di razionalità. È un dialogo che viene condotto sulla soglia dell’assoluto di Dio.

Un cammino che per la celebrazione del 25° anno dallo Spirito di Assisi nel 2007, ebbe uno sviluppo inedito con la presenza dei "non credenti" dall'animo aperto e sincero, che ha premesso di intéssere un dialogo.

Anche chi non professa una fede, ma è in cammino con la sua ragione, la sua arte, le sue energie intellettuali e umane nel grande orizzonte dell’essere, ha il suo dono da offrire al fedele. Si tratta di quella convinzione che animava già i Padri della Chiesa che non esitavano a mettersi in ascolto della voce della cultura pagana classica, consapevoli che persino in essa si annidavano i bagliori del Verbo.

La stessa Incarnazione del Verbo, sia nella Bibbia sia in Cristo, dimostra questo passaggio di luce e di verità attraverso le diverse culture che non sono state mai materiali inerti, ma fecondi terreni di incontro tra Parola divina e parole umane. Stupenda in questa prospettiva è l’esclamazione di Isaia: «Stillate, cieli, dall’alto e le nubi facciano piovere la giustizia! Si apra la terra, fiorisca la salvezza e germogli insieme la giustizia!» (45,8). Questo incontro tra cielo e terra, tra trascendenza e storia è rappresentato nel comune pellegrinaggio di Assisi, ove tutti si affacciano per scorgere lo "sconosciuto".

Si comprende, allora, come sia prezioso anche per noi avere accanto,  come ha voluto anche Benedetto XVI tante presenze autentiche e sincere, mentre riflettiamo, dialoghiamo e preghiamo per la pace e la giustizia.

Ci chiediamo allora da dove prendono spunto queste pagine profetiche? da un testimone di pace d'eccellenza, Francesco d'Assisi che amava definirsi "semplice et idiota". E' l'atteggiamento dell'umiltà che permette di incontrare, ascoltare, dialogare, conoscere, rispettare, pregare con l'altro.

Propongo ai nostri lettori alcuni degli incontri più belli che ha vissuto Francesco.  La nostra vita viene influenzata in modo considerevole dagli incontri che facciamo: positivi o negativi che siano, essi lasciano una traccia consistente dentro di noi e ci costringono di volta in volta a calibrare meglio valutazioni, emozioni, reazioni… Condizionano, di fatto, il nostro futuro. L’incontro con i lebbrosi decise di tutta l’esistenza di Francesco, anche perché l’incontro con il dolore – nostro o degli altri – non ci lascia mai come ci trova, peggiorandoci o migliorandoci sensibilmente. Quell’incontro propiziò anche l’incontro con la Chiesa, che Francesco conobbe anzitutto attraverso il volto del suo vescovo, Guido I, dal quale spesso si recava per consiglio e conforto, poi attraverso il volto della massima autorità, vale a dire il pontefice Innocenzo III, arbiter mundi, con il quale egli s’incontrò nella primavera del 1209, vincendone alfine le resistenze grazie a una prova superiore di umiltà.

Con il passare degli anni la fama del poverello crebbe e con la fama si allargarono gli orizzonti, tanto che i suoi frati si diffusero per ogni dove, spingendo anche lui a viaggi sempre più lontani, fino alle terre d’Oltremare, dove Francesco giunse nella seconda metà dell’anno 1219 e dove incontrò il sultano Malik al-Kamil. Quella spedizione, in realtà, si risolse con un nulla di fatto: eppure la lezione di quell’incontro è capace di farci meditare ancor oggi. A trovarsi di fronte furono due personaggi tanto diversi e, per alcuni aspetti, sorprendentemente vicini: in tempo di riarmo seppero ascoltarsi, facendo sì che per un breve frammento di tempo le spade venissero riposte nel fodero. Nessuno dei due abdicò alla propria fede, ma quella diversità – pur profonda – non impedì l’incontro, né fu negata la possibilità di un confronto, che si protrasse “per alcuni giorni”.

Ma anche altri incontri, meno appariscenti ed esaltanti, influirono su di lui. Un giorno che cavalcava un asinello, perché impedito di andare a piedi a motivo delle sue infermità, mentre attraversava il campo di un contadino intento al lavoro, questi gli corse incontro e, dopo avergli chiesto con molta premura se lui fosse davvero frate Francesco e averne avuta la conferma, gli disse: “Guarda di essere tanto buono quanto tutti dicono che tu sia, perché molti hanno fiducia in te. Per questo ti esorto a non comportarti mai diversamente da quanto si spera”. Udite quelle parole, Francesco “scese dall’asino e, prostratosi davanti al contadino, più volte gli baciò i piedi umilmente ringraziandolo perché si era degnato di ammonirlo”.

Alla fine, l’incontro decisivo, quello con la morte. Già, la comune nemica che egli non esitò a chiamare sorella! L’uomo comune, il più delle volte, cerca di esorcizzare la morte con il silenzio, sperando così di rimuoverla dal vissuto quotidiano. Francesco, invece, vi si confrontò a lungo, in mezzo a miserie tutte umane e sofferenze fortissime, sia fisiche che spirituali. Quando il medico gli rivelò le sue reali condizioni sentenziandogli che non c’era più nulla da fare, Francesco esclamò: “Ben venga sorella morte”. Così pure fece con un compagno che non si fece scrupolo a dirgli la stessa cosa. Quindi si fece cantare da frate Leone e frate Angelo il Cantico di Frate Sole: fu allora che egli, prima dell’ultima strofa, v’inserì la lode di sorella morte.

Arrivò perfino a chiedere, con gesto di grande umanità, che donna Jacopa gli portasse dei dolcetti che a lui piacevano tanto… Perché la fede nella vita eterna consente all’uomo di vivere con un entusiasmo nuovo ogni istante della propria esistenza e la virtù dell’umiltà lo fa capace di volgere tutto al bene, a vantaggio suo e di tutti. Tutto questo, però, non sarebbe avvenuto se egli un giorno non si fosse lasciato incontrare da Dio!

Ecco allora davanti a noi lo scorrere dei secondi, delle ore, dei giorni, dei mesi, dell'anno. Ogni momento è un'occasione per incontrare Dio e l'uomo, e poter vivere quotidianamente lo Spirito di Assisi.

Cari amici buon cammino! Noi vi portiamo nella nostra preghiera sulla tomba di San Francesco.


Enzo Fortunato

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