Grazie Madre!
Vi è una persona, che per ciascuno ha un nome proprio, della quale porto iscritto nella carne quel legame che mi ha “tessuto” come uomo
di Mauro GambettiCinquant’anni fa, nella Supplica a mia madre Pier Paolo Pasolini rivelava il dramma del suo rapporto filiale.
Rileggiamo alcuni versi:
E' difficile dire con parole di figlio ciò a cui nel cuore ben poco assomiglio. Tu sei sola al mondo che sa, del mio cuore, ciò che è stato sempre, prima d'ogni altro amore. Per questo devo dirti ciò ch'è orrendo conoscere: è dentro la tua grazia che nasce la mia angoscia. Sei insostituibile. Per questo è dannata alla solitudine la vita che mi hai data. E non voglio esser solo…
Al di là delle dinamiche evolutive richiamate nella poesia, credo che le espressioni di Pasolini meritino di risuonare nell’animo. Per l’autore l’amore filiale era stato l’unico modo per appassionarsi alla vita; al contempo tale amore lo aveva reso schiavo. Tuttavia, proprio nel prendere coscienza di ciò, il poeta si era aperto ad una nuova vita. Oggi come allora, mentre celebriamo la Festa della mamma, ogni figlio ripensa a sua madre. Oggi come allora, ascoltare il sentimento materno che ci abita può schiuderci ad una nuova vita e dilatare il significato dell’annuale appuntamento della solidarietà, Con il cuore.
Vi è un archetipo, evocato dall’immagine simbolica della Madre Terra, che esprime l’esperienza del rapporto dell’uomo con il cosmo, con la materia: nella terra vi è la polvere da cui sono stato plasmato e nella quale ritorno. Vi è una persona, che per ciascuno ha un nome proprio, della quale porto iscritto nella carne quel legame che mi ha “tessuto” come uomo. Mia madre, foss’anche per la mancanza che provo, non verrà mai meno nella memoria biografica del mio corpo, dei miei affetti, dei miei sensi esterni ed interni.
Vi è poi una donna sotto la Croce, la Madre di Gesù, che è il modello della maternità. Lei è la Madre che Francesco d’Assisi saluta come Vergine fatta Chiesa, la nuova madre di tutti i viventi nel cui grembo è ri-creata l’unità tra Abele e Caino, nuovi fratelli. In lei scorgo il fondamento ultimo del mio essere nel mondo: voluto e creato per virtù dello Spirito, quando Dio disse la Parola… e con essa il mio nome. Ebbene, in tutto ciò domina, nel senso etimologico del termine, il sentimento materno che illumina la comprensione affettiva di sé e dell’intersoggettività.
Il sentimento materno che mi abita, inteso come rapporto viscerale prima con le mie origini e poi con la mia esistenza, mi riconduce a me stesso. Esso mi porta a scoprire un luogo tanto intimo a me stesso che quasi non vi ho accesso. Eppure, per quanto possa essere stato sospinto negli abissi del mio sentire, lì, come figlio, scorgo il grembo che ha accolto tutta la mia umanità. Così, il sentimento materno mi guida a scoprire nell’altro un uomo come me, un fratello.
Grazie alla maternità posso sentirmi solidale con tutti gli uomini, finanche ad avere in me sentimenti di compassione. Grazie alla donna, la cui anima è trafitta da una spada che separando riconcilia, percorro il cammino che conduce ad accettare il per-dono e ad accogliere senza riserve mio fratello, fino ad essere a mia volta madre. Nascono ancora una nuova vita e la fraternità. Atteggiamenti gratuiti di attenzione, di accoglienza, di cura. La prossimità tramite un gesto, un dono, un sorriso. Un uomo, una madre, un fratello.
Mauro Gambetti
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