Nagasaki: il Papa davanti al monumento dei martiri ricorda i cristiani perseguitati
ha ricordato i “cristiani che in tante parti del mondo oggi soffrono a causa della fede”
di Amedeo Lomonaco
La preghiera silenziosa di Papa Francesco davanti al monumento dei martiri a Nagasaki, che ha preceduto il saluto del Pontefice e la recita dell’Angelus, si è intrecciata con una drammatica storia: la via crucis vissuta da 26 cristiani crocifissi il 5 febbraio del 1597. Cinquanta anni prima di questo drammatico giorno, San Francesco Saverio - sbarcato a Kagoshima nel 1549 - aveva fondato la prima comunità cattolica in Giappone. Dopo alcuni decenni da quella data, si apre un periodo tragico per i cristiani: vengono perseguitati per il timore che il cristianesimo possa minacciare l’unità nazionale.
La testimonianza di San Paolo Miki
Nel 1596, lo shōgun Hideyoshi ordina ai governatori di Osaka e Miyako di imprigionare tutti i religiosi cattolici. Vengono arrestati tre gesuiti, sei francescani e diciassette terziari francescani, tra cui tre bambini. Sono costretti a percorrere quasi 800 chilometri a piedi. Dopo 26 giorni, arrivano su una collina di Nagasaki. Su questo “Golgota giapponese” vengono innalzate ventisei croci. Uno dei martiri è San Paolo Miki. Prima di morire, invita tutti a seguire la fede in Cristo, perdona i suoi carnefici e ripete le parole di Gesù sulla Croce: “In manus tuas, Domine, commendo spiritum meum (Signore, nelle tue mani affido il mio spirito)”.
Un monumento che annuncia la Pasqua
Davanti al monumento dei martiri di Nagasaki, Papa Francesco ha acceso una candela che gli è stata data da un discendente dei cristiani perseguitati. Poi ha pregato in silenzio e ha ricordato tragiche pagine di storia non vinte dalla morte. “Qui la luce del Vangelo - ha affermato il Pontefice - ha brillato nell’amore che trionfava sulla persecuzione e sulla spada”. Il Santo Padre ha sottolineato che i martiri ci parlano “del trionfo della vita”:
Questo luogo è prima di tutto un monumento che annuncia la Pasqua, poiché proclama che l’ultima parola – nonostante tutte le prove contrarie – non appartiene alla morte, ma alla vita. Non siamo chiamati alla morte, ma a una Vita in pienezza; loro lo hanno annunciato. Sì, qui c’è l’oscurità della morte e del martirio, ma si annuncia anche la luce della risurrezione, dove il sangue dei martiri diventa seme della vita nuova che Cristo vuole donare a tutti noi.
Memoria viva
La testimonianza dei 26 martiri giapponesi, ha detto il Papa, “ci conferma nella fede e ci aiuta a rinnovare la nostra dedizione e il nostro impegno, per vivere il discepolato missionario che sa lavorare per una cultura capace di proteggere e difendere sempre ogni vita, attraverso il ‘martirio’ del servizio quotidiano e silenzioso verso tutti, specialmente i più bisognosi”.
Vengo a questo monumento dedicato ai martiri per incontrarmi con questi uomini e donne santi, e voglio farlo con la piccolezza di quel giovane gesuita che veniva “dai confini della terra” e trovò una profonda fonte di ispirazione e di rinnovamento nella storia dei primi missionari e martiri giapponesi. Non dimentichiamo l’amore del loro sacrificio! Che non resti una gloriosa reliquia di gesta passate, ben conservata e onorata in un museo, ma sia memoria e fuoco vivo dell’anima di ogni apostolato in questa terra, capace di rinnovare e far ardere continuamente lo zelo evangelizzatore.
Francesco ha infine ricordato il martirio vissuto da tanti cristiani, vittime di persecuzioni nel XXI secolo.
Fratelli, in questo luogo ci uniamo anche ai cristiani che in tante parti del mondo oggi soffrono e vivono il martirio a causa della fede. Martiri del secolo XXI, che ci interpellano con la loro testimonianza affinché prendiamo, con coraggio, la via delle Beatitudini. Preghiamo per loro e con loro, e alziamo la voce perché la libertà religiosa sia garantita a tutti e in ogni angolo del pianeta; e alziamo la voce anche contro ogni manipolazione delle religioni, operata “dalle politiche di integralismo e divisione e dai sistemi di guadagno smodato e dalle tendenze ideologiche odiose, che manipolano le azioni e i destini degli uomini”.
Cristiani perseguitati in oltre 20 Paesi
Nel mondo, un cristiano ogni sette viene perseguitato per la sua fede. In base all’ultimo rapporto della Fondazione pontificia “Aiuto alla Chiesa che soffre”, sono quasi 300 milioni i cristiani che vino in terre segnate dal dramma delle persecuzioni. E sono oltre 20 i Paesi del mondo dove professare la propria fede significa mettere a repentaglio la libertà e la vita. Nel rapporto di “Aiuto alla Chiesa che soffre” si sottolinea anche che l’asse del fondamentalismo di matrice islamista si è spostato dal Medio Oriente all’Africa e all’Asia. In quest’ultimo Continente, dove è in corso il 32.mo viaggio apostolico di Papa Francesco, tragici attacchi terroritstici contro la comunità cristiana hanno provocato lo scorso 21 aprile, giorno di Pasqua, la morte di almeno 257 persone. VATICAN NEWS
Amedeo Lomonaco
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