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SCONTRI DI ROMA, DON ALBERTINI: FANNO MALE A CHI AMA IL CALCIONELLO STADIO VIOLENZA COME NELLA SOCIETA'

Redazione online
Pubblicato il 30-11--0001

Don Alessio Albertini è consulente ecclesiastico nazionale del Csi e fratello di Demetrio Albertini, vicepresidente FIGC

In merito agli scontri di Roma per la partita di Coppa Italia tra Napoli e Fiorentina abbiamo intervistato Don Alessio Albertini, consulente ecclesiastico nazionale del Csi e fratello di Demetrio Albertini, vicepresidente della FIGC.

Cosa pensa e cosa ha provato quando ha visto le immagini degli scontri di Roma?
Fa sempre male, soprattutto per chi ama il calcio, sentire notizie che sembrano un bollettino di guerra piuttosto che notizia sportiva. Non ci si abitua mai e non ci si rassegna…viene subito la voglia di dire: non è così, non può essere così. Noi ci portiamo dentro la certezza che lo sport, il calcio, è una cosa bella che non può essere rovinata. C’erano anche tanti ragazzini allo stadio il cui unico sogno è quello di poter correre dietro ad un pallone…è un sogno che non si può infrangere.

Il calcio di oggi è malato? E' possibile un altro calcio?
Anche se si prova un senso di impotenza davanti a questo calcio malato non bisogna rinunciare a testimoniare il proprio disprezzo per i violenti e per i collusi e, soprattutto tra giocatori, arbitri, allenatori, presidenti, giornalisti cercare di ridurre quella carica di aggressività che, inutile nasconderlo, riscalda gli animi del pubblico.

A chi ha paura di portare i figli allo stadio lei cosa dice?
Lo stadio, penso, sia il sogno di ogni ragazzo. Poter entrare in queste cattedrali moderne è riempire di gioia l’animo di un ragazzo. Anche Papa Francesco ha ricordato in più di ogni circostanza la su emozione di quando andava allo stadio con mamma e papà. Ai genitori mi sento di dire di non cadere nel tranello di pensare che tutti gli stadi, tutte le partite sono pericolose. Insieme l’invito è non solo a stimmatizzare la violenza negli stadi ma insieme educare i figli alla bellezza dello sport.

Nel vostro torneo "Clericus Cup" qual'è il tifoso medio?
Per lo più sono i seminaristi delle squadre che giocano, quelli per così dire “fuori rosa” dalle liste calcistiche dei propri collegi, ma sempre pronti con la voce ad osannare, incitare ed incoraggiare dagli spalti i propri compagni di viaggio e spesso anche gli avversari. Poi ci sono le famiglie delle parrocchie, dove operano seminaristi e sacerdoti. Calore e colore, a supporto della squadra e delle preghiere che in campo vengono recitate dopo la gara, ma anche prima dei match, per incoraggiamento.

Perchè secondo lei c'è tanta violenza negli stadi? Cosa è possibile fare?
La risposta non la so e rischierei di essere banale. Dico però che anche allo stadio c’è tanta violenza perché ce n’è tanta anche nella società. Si litiga e ci si picchia su tutto. Paradossalmente abbiamo ampliato le possibilità di comunicazione ma non sappiamo più comunicare l’uno con l’altro. Allora è importante che l’intera società civile e non solo quella sportiva si senta impegnata a ricostruire nella quotidianità un tessuto di rapporti umani e civili. Questo compito non può essere delegato a pochi.

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