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EDITORIALE: QUANDO NON "VOLA" L'UOMO, VOLANO GLI INSULTI

L'esempio di Francesco ci guida sulla strada del rispetto reciproco

di Enzo Fortunato
Credit Foto - Geralt/Pixabay

Apro la rassegna stampa e alcuni fatti di cronaca catturano l’attenzione: chissà come si sentirebbe san Francesco nell’apprendere che un frate litiga con un fedele in chiesa.

E’ capitato a Trieste.


Insulti anche durante i programmi tv. E il titolo online del Corriere della Sera “rissa in tv tra il giornalista e la contessa: volano insulti.”


Questi due episodi – ne potrei citare tanti altri -  ci danno la possibilità di riflettere sull’impulsività che non permette più di riflettere, di agire con calma, di comprendere le proprie e le altrui ragioni.


Allora insieme a voi mi rivolgo al Patrono del nostro Paese per chiedergli: come hai sedato la tua impulsività? Ci rispondi con i tuoi lunghi momenti di silenzio, dove davanti al Signore esaminavi te stesso e non accusavi mai gli altri. Come hai sedato i litigi che ti sei trovato ad affrontare? Celebre è il litigio in Assisi tra il vescovo e il podestà tra bandi e scomuniche reciproche, di cui le Fonti Francescane ci offrono una descrizione dettagliata: In quello stesso periodo, mentre giaceva malato, avendo già composte e fatte cantare le Laudi, accadde che il vescovo di Assisi allora in carica, scomunicò il podestà della città. Costui, infuriato, a titolo di rappresaglia, fece annunziare duramente questo bando: che nessuno vendesse al vescovo o comprasse da lui alcunché o facesse dei contratti con lui. A tal punto erano arrivati a odiarsi reciprocamente. Francesco, malato com'era, fu preso da pietà per loro, soprattutto perché nessun ecclesiastico o secolare si interessava di ristabilire tra i due la pace e la concordia. E disse ai suoi compagni: «Grande vergogna è per noi, servi di Dio, che il vescovo e il podestà si odino talmente l'un l'altro, e nessuno si prenda pena di rimetterli in pace e concordia».

Non ti sei perso d’animo e hai invitato l’uno e l’altro a perdonarsi reciprocamente, ne hai fatto anche una strofa del Cantico di Frate Sole, Laudato si', mi' Signore, per quelli ke perdonano per lo tuo amore, et sostengo infirmitate et tribulatione, che hai fatto ascoltare ai “contendenti”: Finito il Cantico, il podestà disse davanti a tutti i convenuti: «Vi dico in verità, che non solo a messer vescovo, che devo considerare mio signore, ma sarei disposto a perdonare anche a chi mi avesse assassinato il fratello o il figlio». Indi si gettò ai piedi del vescovo, dicendogli: «Per amore del Signore nostro Gesù Cristo e del suo servo Francesco, eccomi pronto a soddisfarvi in tutto, come a voi piacerà». Il vescovo lo prese fra le braccia, si alzò e gli rispose: «Per la carica che ricopro dovrei essere umile. Purtroppo ho un temperamento portato all'ira. Ti prego di perdonarmi». E così i due si abbracciarono e baciarono con molta cordialità e affetto. (FF, 1616)

Ecco l’Assisiate come affronta: si interessa. Non entra nel merito delle ragioni delle parti ma invita ad affrontare i problemi, ad interessarsi agli altri senza giudicare chi avesse torto o ragione. Il solo prendersi cura degli altri porta la pace. E’ questa la strada che ci indica Francesco.


Enzo Fortunato

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