L’opposizione al papa da Onorio III a Marcel Lefebvre
Il cardinale Giuseppe Siri alla lettera inviatagli il 27 agosto 1986 da monsignor Marcel Lefebvre per la condanna della giornata per la pace promossa da Giovanni Paolo II ad Assisi per il 27 ottobre successivo rispose con un netto diniego.
Al suddetto vescovo Siri rispose: «J’aime Christ et pourtant je dois aimer Son Vicaire le Pape. J’ai donné des serments et je les garde toujours. Vers le Pape je suis obéissant dans la façon la plus parfaite»; ciò è una delle tante dimostrazioni che il tradizionalismo di Siri fu sempre rispettoso vero il papa e mai scismatico tanto da essere denominato un “tradizionalismo obbediente”.
Lefebvre continuò la sua protesta e nel 1988 procedette a consacrare vescovi senza il mandato papale; in ciò si distanziò dal tradizionalismo italiano caratterizzato dalla “doppia fedeltà”, ossia al papa e alle forme preconciliari, in cui, come ebbe a scrivere Nicla Buonasorte «mancano evidentemente i presupposti storici e culturali che indussero invece Lefebvre ad inserirsi nella lunga scia di atteggiamenti autonomisti, neogallicani, antiromani, propri di un certo cattolicesimo francese». Quindi non sono estranee reminiscenze del neogallicanesimo a una certa opposizione al concilio Vaticano II e al papa. E pensare che proprio tra l’annuncio nel 1959 e l’apertura nel 1962 del Vaticano II, il teologo Yves Congar, pubblicò nel 1961 una saggio inerente agli aspetti ecclesiologici della disputa che dalla metà del Duecento agli inizi del Trecento vide contrapposti gli Ordini mendicanti e i maestri secolari.
Una delle idee che emergono da questo contributo di Congar è che «verso la fine del secolo XIII e agli inizi del XIV, erano numerosi, soprattutto in Francia, i vescovi o gli uomini di chiesa che volevano temperare il potere papale»; continuando afferma che «il tipico rappresentante di questi uomini di chiesa è Guglielmo Durand (Durandus). In ciò consiste il suo “gallicanesimo” e sarà un aspetto essenziale, molto più esplicito, anche del gallicanesimo di Bossuet». Al termine del suo studio Congar, dopo aver affermato che «le conclusioni più importanti per noi riguardano la storia delle dottrine ecclesiologiche», si chiede se «c’è un inizio di gallicanesimo – c’è un inizio del gallicanesimo – nella posizione dei maestri secolari e dei vescovi di fronte ai mendicanti».
Egli risponde affermativamente vedendo negli autori studiati un «gallicanesimo formale» secondo il quale «il papa ha un potere supremo di ordine esecutivo, non di ordine costitutivo. La sua competenza propria è custodire l’unità, mantenendo le regole stabilite tradizionalmente». Sapendo tutto il travaglio ecclesiale causato da Marcel Lefebvre, fino allo scisma del 1988, nasce la domanda se per caso Yves Congar avesse già colto prima del Vaticano II la problematica presenza di tali elementi neogallicani e avesse cercato di scovarne le origini mediante questo studio. Ora grazie alla pubblicazione nella prestigiosa collana “Italia Sacra” del volume Nuovi studi su Onorio III (Roma 2017) si aggiunge un ulteriore e importante tassello; infatti Christian Grasso nell’intervento Onorio III e la crociata si sofferma soprattutto sul rapporto tra autorità pontificia, officium praedicationis del verbum crucise istituzionalizzazione dei frati Minori e Predicatori, ossia Francescani e Domenicani.
Infatti proprio la predicazione della crociata mette a tema che la potestas predicandi è certamente vescovile ma in modo peculiare papale; se il concilio Lateranense IV dava il potere ai vescovi di avere viri idonei quali aiutanti e cooperatori nella predicazione ora è lo stesso papa Onorio III che li indica all’episcopato tra i membri dei frati Minori e Predicatori. In questo modo inizia quella tensione tra autorità episcopale e potestas pontificia che esploderà a metà Duecento nella disputa parigina tra maestri secolari e ordini mendicanti. Come ha evidenziato Congar sottostanti a tali tensioni erano soprattutto aspetti ecclesiologici che avranno un’ulteriore manifestazione nel gallicanesimo le cui reminiscenze arrivano fino e oltre il gesto scismatico di Lefevbre ma di cui fu immune il cardinal Giuseppe Siri. (Prof. Pietro Messa)
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