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La Luna e lo studio del Creato nei secoli: un viaggio tra i manoscritti francescani

Alla scoperta dei testi di astronomia conservati nella Biblioteca del Sacro Convento di Assisi

di Francesco Bonaduce

Laudato si',
mi' Signore,
per sora Luna e le stelle:
in celu l'ai formate
clarite e preziose e belle


Non poteva mancare la citazione del Cantico delle Creature in apertura dell'incontro "La Luna dei francescani", alla Biblioteca del Sacro Convento. Un pomeriggio, sabato scorso, dedicato a quei personaggi che hanno impiegato il proprio tempo, come ha detto nell'introduzione fra Carlo Bottero, «a conoscere il mistero che ci avvolge pieno di fascino: la volta stellata».

E quelle stelle, chiare, preziose e belle, hanno ispirato tanto i versi di San Francesco quanto l'attività dei suoi "figli" francescani: «Rigorosi nel metodo e sistematici nelle osservazioni del Cosmo». Dalla poesia alla scienza, il terreno è lo stesso: «Cercare i segni di bellezza e potenza che appartengono all'altissimo onnipotente Signore», ha spiegato fra Carlo, direttore della Biblioteca e del Centro di documentazione francescana del Sacro Convento di Assisi.

Tanti i frati che si sono occupati dello studio del cielo nel corso dei secoli. Molti di loro resteranno per sempre anonimi, e le uniche tracce non saranno altro che i manoscritti conservati in biblioteca. Il viaggio attraverso le pagine ingiallite di questi testi, antichi e affascinanti, è stato condotto da due accademici: Paolo Capitanucci, docente di Filosofia della scienza all'Istututo teologico di Assisi, e Flavia Marcacci, professore di Storia del pensiero scientifico della Pontificia università lateranense.

Nell'anno del 50° anniversario dello sbarco sulla Luna, Capitanucci non poteva che stuzzicare i tanti presenti con una suggestione: «Il pensiero francescano ha favorito l'allunaggio?». Di certo - il senso dell sua risposta - il concetto di Creazione è stato fondamentale per l'evoluzione e la storia del pensiero scientifico occidentale. «Francesco loda il Creato. Il mondo è creatura, cioè segno di Dio, ma non è Dio. Il concetto di Natura si modifica per sempre: Terra, Luna, stelle, sono creature, quindi non sono eterne». Così i francescani, da teologi, hanno dimostrato che i corpi celesti non possono essere eterni, perché se fossero eterni non sarebbero creati. Arrivando così, attraverso ragionamenti teologici, alle stesse conclusioni a cui arrivò la scienza. 


(Paolo Capitanucci durante l'intervento) 

I manoscritti proiettati sullo schermo sono fitti di rappresentazioni precise delle orbite e del moto dei pianeti. Esprimono l'interesse dei francescani per lo studio del Cielo, costante nel corso dei secoli. Le opere custodite in biblioteca non erano infatti rivolte all'esterno, ma all'interno dei conventi: per i frati che sarebbero venuti dopo e avrebbero proseguito nelle ricerche.

Capitanucci, conclude citando un francescano in particolare, Niccolò Betti da Orciano. Nel suo Trattato sul volo esprime tutta l'ammirazione e la devozione verso il Creato: "L'uomo essere mirabile, eccelsa creatura...non può innalzare le pupille al cielo senza restarne mortificato".

L'intervento di Flavia Marcacci è incentrato sulla Luna. "Gloria a Dio e onore a voi uomini, artefici della grande impresa", questo il titolo dell'Osservatore Romano all'indomani dello sbarco del 1969. «Così Paolo VI - commenta la professoressa - celebrò la scienza come opera dell'uomo e la Luna come oggetto che collega Terra e Cielo».

Marcacci svela ai partecipanti i segreti della selenografia: la scrittura della Luna. «Il primo a scrivere la Luna è Galileo Galilei, con il suo Sidereus Nuncius. Per la prima volta, il satellite terrestre ha monti, valli, crateri. L'astronomia si fa visuale: rappresentazione diretta, quasi fotografica, mentre prima le costellazioni non erano altro che punti, rappresentati attraverso l'immaginazione».


(Flavia Marcacci, durante l'intervento)

Ma c'è un francescano che ha lasciato il segno, tanto da essere omaggiato anche da Google nell'anno del 50° anniversario dello sbarco sulla Luna: Giovanni Battista Riccioli. Con il suo Almagestum novum, si propose di riscrivere il fondamentale testo astronomico di Tolomeo (Almagesto). «Elaborò - spiega Marcacci - un sistema intermedio, tra quello aristotelico-tolemaico e quello copernicano, che ebbe la meglio fino all'avvento di Newton, che grazie al concetto di gravitazione universale confermò in via definitiva il sistema copernicano». «Anche l'idea di dividere il suolo lunare in "terre" e "mari" lo dobbiamo alle teorie di Giovanni Battista Riccioli e Francesco Maria Grimaldi. Così, il nome "Mare della tranquillità", dove si posò l'Apollo 11 nell'allunaggio del 20 luglio 1969 lo dobbiamo a loro due».

Un altro anniversario importante ricorre nel 2019 e non poteva passare inosservato: i 500 anni dalla morte di Leonardo Da Vinci. C'è il suo zampino anche sugli studi lunari, in particolare riguardo alla cosiddetta luce cinerea: quella luce che batte sulla superficie terrestre e va ad illuminare la Luna, producendo spesso strani effetti. «Fu proprio il Genio di Leonardo - conclude Marcacci - tra i primi a intuire e interpretare questo fenomeno».


Francesco Bonaduce

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