Basilica San Francesco, povera e ricca di bellezza per visitatori illustri e umili pellegrini
Assisi ricorda quei dipinti medievali dove i santi patroni si appressano alla Vergine per intercedere la salvezza del popolo cristiano
di Elvio LunghiQuando la si osservi dal fondovalle, Assisi ricorda quei dipinti medievali dove i santi patroni si appressano alla Vergine per intercedere la salvezza del popolo cristiano. È la veste che indossò il corpo antico della città con la costruzione dei due borghi medievali di San Francesco e di Santa Chiara: al centro la selva di torri che scalano il monte, partendo dal basso con la cattedrale paleocristiana di Santa Maria, passando al centro con la torre del Popolo e la torre di San Rufino, per finire con le torri della rocca sotto il cielo.
Sul piede del colle le torri di San Francesco e di Santa Chiara le donano una forma allungata, come di chi pieghi il ginocchio nella preghiera.
Finché visse Francesco, Assisi si contenne dentro le scarpe di città di provincia, con la sede del Comune ricavata nella cella di un tempio antico e le chiese restaurate piuttosto che ricostruite dalle fondamenta.
Morto Francesco, morta Chiara, la città mutò radicalmente aspetto con la costruzione di due chiese gemelle, con i rispettivi conventi e monasteri all'esterno delle mura romane, come una madre che venga stretta in un abbraccio da due figli minori.
Questa situazione fu congelata sullo scorcio del XIII secolo con l'elezione di Niccolò IV (1288-1292), primo frate Minore ad ascendere al pontificato. Il quale volle indirizzare la futura crescita di Assisi in chiave esclusivamente sanfrancescana, col vietare la vendita o l’affitto di case e di terreni a Ordini mendicanti diversi da quello dei frati Minori.
Gli spazi guadagnati con l'ampliamento delle mura nel 1295 furono riempiti dai nuovi quartieri popolari previsti da un piano regolatore urbano nel 1316, e dalla costruzione di piccole cappelle dove tenevano le loro devozioni fraternite di laici, e di monasteri femminili inurbati che seguivano la regola benedettina. In seguito Assisi ha conservato immutato l'aspetto medioevale acquistato nel XIII secolo, salvo che per la costruzione di nuove chiese e conventi giustificati dalle divisioni interne tra i frati Minori.
A cosa si deve tanto onore? Eppure Francesco non era bello di aspetto, non era uomo di scienza, non era nobile. È il dubbio che assillava frate Masseo secondo la testimonianza tardiva dei Fioretti: “Dico, perché a te tutto il mondo viene dirieto, e ogni persona pare che desideri di vederti e d’udirti e d’ubbidirti?”… “Vuoi sapere perché a me? Vuoi sapere perché a me? Vuoi sapere perché a me tutto ‘l mondo mi venga dietro? Questo io ho da quelli occhi dello altissimo Iddio, li quali in ogni luogo contemplano i buoni e li rei; imperciò che quelli occhi santissimi non hanno veduto fra li peccatori nessuno più vile, né più insufficiente, né più grande peccatore di me”.
A quanti sono soliti meravigliarsi dell’apparente contraddizione tra una “specialis ecclesia” voluta da Gregorio IX per conservare i resti mortali di un uomo conosciuto in vita, che aveva rifuggito ogni onore ma che era stato venerato in vita come fosse un santo da folle di fedeli plaudenti; una chiesa destinata a perpetuarne la memoria avvalendosi d’immagini sontuose, eseguite da pittori famosi, ammirate da visitatori illustri e da umili pellegrini: dico che non c’è contraddizione tra il poverello di Assisi e questa chiesa che trabocca di bellezza.
Perché a te? “… acciò che si conosca ch’ogni virtù e ogni bene è da lui, e non dalla creatura, e nessuna persona si possa gloriare nel cospetto suo; ma chi si gloria, si glori nel Signore, a cui è ogni onore e gloria in eterno”.
È la logica conclusione di un ragionamento che trae origine dall’elogio della debolezza nella seconda lettera ai Corinzi di san Paolo: “Di lui mi vanterò, di me invece non mi darò vanto, se non delle mie debolezze”. Come il corpo di Cristo deve essere conservato decorosamente, così il corpo di un santo non può essere lasciato nella polvere. In effetti l’aspetto originario della basilica di San Francesco prevedeva una macchina di pietra e di mattoni.
Era cioè nata umile e semplice, senza statue di santi sulla facciata, senza vetrate figurate alle finestre, senza modanature in pietra alle pareti. La sua facciata a capanna ripeteva il modulo della Porziuncola, salvo nelle dimensioni e nella copertura con volte a crociera. Col tempo le cornici traforate delle finestre furono chiuse con vetrate figurate, le pietre e i mattoni furono rivestite d’immagini.
È un po’ come avviene in tutti i racconti agiografici che narrano la vita di un uomo: quando ci si allontana dal vissuto quotidiano, si dilata lo spazio della fantasia, si abbellisce di particolari preziosi quanto è frutto della debolezza umana, ci si unisce ai cori degli angeli e dei santi nel cantare la gloria del Creatore.
Elvio Lunghi
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