Chiara riparò la tonaca di San Francesco usando il suo mantello
La scoperta riguarda certamente i fedeli cattolici, ma interesserà anche i tanti laici attenti alle radici storiche del francescanesimo. La tonaca di San Francesco d’Assisi, conservata ed esposta nel Sacro Convento, ha una particolarità che spicca sul grigio della tela: ben 31 pezze, autentici rattoppi sul tessuto usurato, molto ben visibili. In particolare 19 di queste sono di color marrone, tutte cucite con evidenza dalla stessa mano. Ed ecco la scoperta, che apparirà raccontata nel dettaglio nel nuovo numero della rivista San Francesco diretta da padre Enzo Fortunato: quelle 19 pezze provengono tutte dal mantello di Santa Chiara (a sua volta esposto nella Basilica di Assisi a lei dedicata). Chiara ne tagliò un pezzo per riparare la tonaca del Poverello di Assisi. «È la condivisione della povertà», ha commentato il cardinal Gualtiero Bassetti, arcivescovo di Perugia e presidente della Conferenza episcopale italiana. Padre Enzo Fortunato, nel suo articolo di introduzione sulla rivista, racconta il senso della copertina affidata a Mimmo Paladino, ovvero un parallelo tra la tunica rossa di Gesù così come viene tramandata dall’evangelista Giovanni, e la tonaca grigia di Francesco d’Assisi: tessuta tutta d’un pezzo la prima, non strappata «perché l’immagine e la somiglianza che ha impresso in noi non è strappabile, ma inossidabile e inattaccabile». Mentre la tunica di Francesco è «la metafora della fragilità dell’uomo, la lacerazione e il limite che ognuno porta con sé inevitabilmente».
Qui Fortunato rimanda a un testo proposto oggi nella rivista e firmato dalla studiosa tedesca Mechthild Flury-Lemberg (esperta di restauro di antichi tessuti, autrice di saggi storico-scientifici sulla Sindone, ma anche sulle vesti di Sigismondo Malatesta e di Rodolfo di Boemia). La studiosa scrisse dopo l’osservazione scientifica dei due tessuti: «Le molte pezze marroni poste con cura sulla tonaca di Francesco provengono tutte dal mantello di Chiara . I pezzi usati per la tonaca di Francesco mancano al mantello all’altezza del punto dove una volta c’era la cucitura mediana. Le pezze, attaccate con cura particolare, non lasciano alcun dubbio sul fatto che l’operazione sia stata compiuta da una sola persona. Chiara è sopravvissuta a Francesco diversi anni. È possibile che lei abbia rappezzato la tonaca del suo fratello di fede quando questi era ancora in vita, ma è anche possibile che lei abbia “abbellito” col suo mantello quella veste come ultimo atto d’amore dopo la morte del santo, quanto era già diventata una reliquia». Molta attenzione è posta sul tipo di cucitura delle 19 pezze del mantello di Chiara: «Gli orli del taglio sono seguiti da un filo di lino lineare che forma la cucitura chiudendolo in un punto ripreso. Le altre pezze, meno curate, sono cucite con semplici punti a sopraggitto». Commenta sulla rivista monsignor Felice Accrocca, attento studioso del francescanesimo e arcivescovo di Benevento, a proposito del legame tra Francesco e Chiara: «Fu anche di affetto umano, di vera amicizia, perché chi ama e segue Cristo vive nella piena libertà dello Spirito. Nulla di strano, quindi che Chiara stessa possa aver rattoppato la tonaca di Francesco. Molte testimonianze riferiscono che lei stessa teneva spesso in mano ago e filo, perché non avrebbe potuto usarli per qualcosa che era appartenuto a Francesco?».
Mimmo Paladino, nell’intervista rilasciata a Roberto Pacilio per la rivista San Francesco, propone un’ipotesi suggestiva a proposito di Burri, grande artista umbro, quindi «consapevolmente o inconsapevolmente ispirato a un’idea francescana... Le toppe aggiunte al saio di Francesco hanno un’origine speciale... e Burri aggiungeva delle toppe ai suoi sacchi, e forse non lo poteva sapere. Ma probabilmente, come tutti gli artisti importanti e grandi, aveva delle antenne speciali per capire di più di coloro che poi studiano sui libri».
Padre Enzo Fortunato, nel suo articolo, spiega le ragioni di quei rattoppi citando le Fonti Francescane: «In nessun caso Francesco ammetteva che i frati avessero più di due tonache, che però concedeva fossero rattoppate con pezze. Diceva che le stoffe ricercate le aveva in orrore, e ruvidamente rimproverava quelli che facevano il contrario. E per eccitarli con il suo esempio, portava sempre cuciti sulla sua tonaca dei pezzi di sacco grossolano. Morente, comandò che la tonaca per le esequie fosse ricoperta di sacco».
Conclude Fortunato: «Il colore marrone e grigio del tessuto naturale della tonaca è l’immagine della terra. Non solo l’humus dove poggiamo i piedi: la terra cui l’abito richiama è la capacità intrinseca che ha ogni persona di generare vita, è il compito di nostra madre terra, di ognuno di noi. Forse comprendiamo anche perché la Laudato si’, l’Enciclica di papa Francesco, è innervata di francescanesimo».
di Paolo Conti - Corriere della Sera
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