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Come avrebbe affrontato oggi la povertà quel "povero pazzo" di San Francesco? Votando bene

di Marco Iuffrida
Credit Foto - Archivio Fotografico - Panini

Francesco d’Assisi? Un povero pazzo. Almeno così veniva ritenuto dai suoi coetanei, dagli abitanti della ricca città di Assisi, dal suo stesso padre. Francesco aveva scelto l’isolamento, niente agi, una vita senza ricchezza: non era follia, corrispondeva alla scelta di un’equa condivisione sociale dei beni utili al vivere in sé. Nel pieno del Medioevo, Francesco aveva gridato al mondo la Bellezza dell’essenziale. L’esistenza di ciascun essere vivente, infatti, necessita solo dell’essenziale per poter essere apprezzata e affrontata. Ma questo rifiuto di privilegi come sarebbe concepibile nel XXI secolo?

L’esperienza di Francesco la si percepisce lontana nel tempo e nello spazio, come concetto di vita astratto, troppo distante dall’attualità o come scelta esclusivamente vincolata alla regola di un ordine religioso. Francesco non era altro che un essere umano, laico. Non per sminuire la sua unicità, ma è per celebrare al meglio il suo modello, realmente applicabile anche ad una società contemporanea, che Francesco lo si deve ricordare come uomo.

Dal giorno della sua seconda nascita, sposando per sempre la vita, il 4 ottobre del 1226, Francesco ha “concepito” una figlia sovrastorica: l’essenzialità, unica verità che domina l’esaltazione della sua “povertà”. Francesco non era un autolesionista, tanto meno un matto che incitava al disprezzo del benessere. Solo un uomo essenziale che voleva parlare dell’essenziale agli uomini del suo tempo. Ma più l’orecchio e il cuore si allontanano, maggiormente complicato diviene parlare ad essi: per destare l’umanità alla quale si rivolgeva, si fece necessaria per Francesco la drasticità di una personale rivoluzione.

Nel secolo in cui Francesco visse, la società civile era confusa e i punti di riferimento si erano fatti fragili. La Storia, che è maestra di vita, ricorda che dall’uomo i punti di riferimento vengono ciclicamente persi, o confusi con altri, spesso per volontà di politiche distruttive volte al controllo delle masse. Quando si dimenticano il senso civico, la democrazia, l’accoglienza, il “giusto” vivere, quando insomma l’essenziale è sopraffatto dal vivere senza sogni, l’essenziale muta in superfluo, diventando un gioco perverso in cui si è costretti a barcamenare per sopravvivere.

La vita ha invece bisogno di progetti, di obiettivi, di responsabilità e futuro come prospettiva in cui credere. E allora, se fosse vissuto in questo secolo, nell’anno 2018, Francesco d’Assisi come avrebbe affrontato la povertà morale e materiale? Risposte e soluzioni Francesco ne ha già date, ma oggi si renderebbe conto di quanto la politica che governa i popoli non abbia cura dell’essenziale del domani. Francesco, oggi, non si tirerebbe indietro nel suggerire agli uomini giusti di scegliere e seguire, come condottieri della civiltà e del bene comune, altri uomini giusti.


Marco Iuffrida

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