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E se San Francesco ritornasse a Roma, per la sesta volta?

Viaggio nel paesaggio urbano della Capitale, assieme a San Francesco e San Masseo

Roma, Annus Domini 1203/04. Francesco va a Roma all’inizio della sua conversione, per pregare sulla tomba di Pietro. Annus Domini 1209, sempre nella grande Città del Cristianesimo, l’incontro tra il Poverello, seguito dai primi suoi undici compagni, e Papa Innocenzo III. Nel Palazzo del Laterano riceve da parte del pontefice l’approvazione orale del suo “Propositum vitae”.

 

All’indomani del Capitolo di Pentecoste del 1217, San Francesco si porta in pellegrinaggio a Roma con fra Masseo. Nella basilica vaticana, ha la visione degli Apostoli Pietro e Paolo. I fondatori della Roma cristiana, gli rivelano come Dio abbia accolto le sue preghiere, concedendo tanto a lui, quanto ai suoi amici frati “il tesoro della santissima povertade”.

 

Quarto viaggio romano, nel 1220, il Poverello torna nella città eterna, per chiedere a Onorio III un nuovo protettore dell’Ordine. Sarà il cardinale Ugolino dei Conti di Segni, futuro Gregorio IX. Questi conduce il Santo dal Papa, che accetta con gioia la richiesta di Francesco. Quinto e ultimo viaggio, nel 1223: Onorio III con la bolla “Solet annuere” approva la Regola dei Frati Minori. Cinque volte a Roma, cinque volte nella Capitale Eterna, così legata al Cristianesimo da quella prima “pietra” di Pietro – mi sia concessa l’allitterazione, come gioco di parole – sulla quale poi si costituì la Santa Chiesa Apostolica Romana. Dunque, da quell’ultimo viaggio del 1223 sono passati ben 796 anni. Non pochi, certo. E di cose, di avvenimenti, di personaggi, Roma ne ha visti davvero tanti dall’ultima volta che i sandali di Francesco hanno solcato il terreno capitolino.

 

E ora veniamo al Presente, Anno del Signore 2019. Un altro Francesco, parlando di Roma, ci invita a una riflessione. E’ accaduto pochi giorni fa, nella festa del Corpus Domini, in un quartiere di periferia romana, come quello di Casal Bertone. Il pontefice ha espresso questa preoccupazione: “Nella nostra città affamata di amore e di cura, che soffre di degrado e abbandono, davanti a tanti anziani soli, a famiglie in difficoltà, a giovani che stentano a guadagnarsi il pane e ad alimentare i sogni, il Signore ti dice: «Tu stesso dà loro da mangiare» e «il tuo poco è tanto agli occhi di Gesù se non lo tieni per te, se lo metti in gioco»”.

E se lo stesso Francesco, quello di Assisi, si trovasse oggi a Roma? Se il Poverello – in maniera  immaginaria – si trovasse di fronte a questo degrado e abbandono, cosa direbbe? E’ vero, forse la fantasia potrebbe volare un po’ troppo in queste righe, ma – certamente – la condizione in cui verte l’odierno paesaggio urbano, e soprattutto il degrado del famoso “verde romano” (non dimentichiamoci che Roma è una delle città d’Italia ad avere più “verde”) non credo proprio che lascerebbe il nostro San Francesco impassibile.

E, allora, immaginiamo per un attimo un San Francesco moderno, zaino in spalla, cellulare alla mano, e l’immancabile pc portatile per comunicare per email con Assisi, del suo viaggio romano. Chiudiamo gl’occhi.  Immaginiamolo, il nostro Poverello, alla stregua di Roma Capitale. Lo accompagna – come nel lontano  1217 – fra Masseo.

 

Pieno di entusiasmo, di ardore evangelico, il giovane Francesco comincia a declamare a fra Masseo, e a tutti i romani che incontra, il suo amore per il Creato, specchio dell’Amore di Dio.  “Laudato si’, mi’ Signore, per frate vento et per aere et nubilo et sereno et onne tempo, per lo quale a le tue creature dài sustentamento”. Nel dirlo, purtroppo, si accorge che bisogna essere ben poco lieti del vento, visto che l’unico “profumo” che si può percepire, non ha nulla a che fare con fiori e frutti. Fra Masseo si accorge subito, poco dopo esser sceso dalla stazione centrale della Capitale, che tanfo e spazzatura regnano ovunque. Mucchi e mucchi di sacchetti di plastica sono al suolo, sdraiati sotto “fratello sole” rovente che rende il tutto ancora più preoccupante, o meglio, “maleodorante”. Cercano invano nella grande piazza antistante la stazione, di salire su qualche bus metropolitano per raggiungere il Vaticano.


La destinazione è San Pietro:  i due Francesco hanno un appuntamento per parlare di qualche questione delicata. Francesco e Masseo, attendono 20 minuti, 40 minuti…e oltre. Nulla. Assieme a loro, sulla banchina, altri turisti sono esterrefatti del ritardo. Ma, visto che una delle più antiche “peculiarità” francescane è il camminare, i nostri due “eroi” decidono di percorrere gli estesi parchi romani per raggiungere l’ambita meta. A Roma ci sono all’incirca – andiamo per difetto – ben dodici polmoni verdi. Francesco non si perde d’animo, e allora, eccolo nuovamente preso dal suo Cantico: “Laudato si’, mi’ Signore, per sora nostra matre terra, la quale ne sustenta et governa, et produce diversi fructi con coloriti flori et herba”. Anche questa volta, il volto di fra Masseo riconduce alla realtà San Francesco. Erba incolta, fiori da tempo secchi, natura allo stato brado, alberi ormai privi di vita, questo è l’unico paesaggio visibile nella Capitale dell’Annus Domini 2019.

 

San Francesco è sconcertato. Come fra Masseo, d’altronde. Non comprendono come sia stato possibile arrivare a deturpare una delle Bellezze del Mondo come la Città Eterna, in questo modo. Non si arrendono, come non si arrendono i romani. Cercano di credere ancora in quel Cantico, che è – in fondo – l’unica via di salvezza non solo per Roma, ma per il Mondo intero. E, così, non curanti del desolato paesaggio, nel ritornare ad Assisi (scriveranno poi una email al pontefice, così hanno deciso), ancora una volta, cantano la loro lode al Signore per il Creato. Lo fanno con una story su instagram. Ultimamente avevano notato che a farlo, sono stati i tanti turisti delusi della Capitale. Hanno speranza di ritornare, in una città diversa. In una città migliore.




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