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Nessuno ha il diritto di umiliare, offendere, uccidere

di Silvia Ceccarelli
Credit Foto - Ansa - CLEMENS BILAN

Sono trascorsi alcuni mesi dal giorno in cui è stata eletta senatrice a vita Liliana Segre, una donna di rara eleganza e bellezza testimone delle indicibili atrocità naziste, che durante la seconda guerra mondiale segnarono il destino di milioni di persone, lasciate morire entro i confini spinati di un campo oltre il quale l’insegna in ferro battuto risonante nel tedesco Arbeit macht frei (“il lavoro rende liberi”) non lasciava affatto presagire la morte brutale e imminente cui di lì a poco sarebbero state sottoposte.

Liliana era soltanto una bambina quando scoprì che la malvagità umana esisteva davvero. Si rese conto, ancora giovinetta, che la follia dell’uomo e il suo sentimento d’odio verso una “razza” inferiore da quella cui egli credeva di appartenere potessero innescare una spirale di violenze a tutt’oggi difficilmente comprensibili.

Perché bastava essere ebrei per essere perseguitati, bastava essere ebrei per subire la ferocia umana che inevitabilmente avrebbe condotto verso una fine ingiusta, cruenta e dolorosa. Quel che colpisce di Liliana è il suo volto gentile, che a dispetto di un’esistenza segnata dalla drammaticità di questi eventi esprime un sentimento di serenità e di accettazione di un destino che può, nonostante tutto, offrire migliori condizioni per poter ricominciare ad amare, a vivere. E quindi a sperare.

In fondo è ciò che Liliana ha dichiarato in una delle sue recenti interviste, e per tutte quelle volte in cui ha confidato di essere riuscita a superare i momenti difficili perché è stata amata, perché l’amore della sua famiglia ha saputo proteggerla come una seconda pelle da tutti i mali del mondo. Un amore forte, sincero, che l’ha tenuta in vita perfino quando era sorta in lei la consapevolezza che la sua adolescenza si sarebbe fermata in quell’istante e che proprio lei da quell’istante si sarebbe scontrata con l’indifferenza, l’intolleranza e l’insensata follia di chi aveva in spregio la dignità umana.

In tutti questi anni dalla fine dell’orrore, Liliana ha dovuto rimettersi in piedi cercando di soffocare quei sentimenti di rabbia e di vendetta che nascono nell’animo di chi ha sofferto ingiustamente, di chi ha dovuto separarsi dai propri cari senza poter far nulla. Senza poter far nulla per metterli in salvo. Oggi Liliana ha riscattato il suo dolore raccontando ai giovani, in particolare, un pezzo della sua storia, facendosi portavoce d’amore e di pace. Quella bambina, vissuta negli anni più bui della nostra umanità, va raccontando non solo l’orrore, la morte, ma anche i sogni e le aspettative di quanti avevano creduto di poter varcare quei confini e uscirne ancora vivi. È nostro dovere ricordare il passato, alimentarne la memoria, affinché essa si trasformi in un vaccino contro l’indifferenza – come ha detto Liliana.

Ricorderemo senz’altro il prezioso contributo dei frati d’Assisi, che nel periodo delle persecuzioni naziste trasformarono la città umbra in un luogo d’accoglienza e di rifugio. Se solo provassimo a immedesimarsi nel dolore altrui, capiremmo quanto sia importante ricordare gli errori del passato affinché nessun popolo in nessun luogo del mondo debba mai più subire infamie, ingiustizie o sopraffazioni di questa entità. Nessun uomo ha il diritto di umiliare, offendere, e uccidere un altro uomo. Nessuno.


Silvia Ceccarelli

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