CHIESA CATTOLICA IN CINA, UNA REALTÀ DIVISA
di Andrea CovaLa Chiesa in Cina soffre per i controlli
del regime e per le persecuzioni. Pechino
permette la libertà di culto solo a comunità
ufficialmente registrate, in luoghi
registrati e con personale registrato,
sotto il controllo delle associazioni patriottiche,
“longa manus” del partito.
Non è possibile conoscere con certezza
dati e proporzioni ma la Chiesa Cattolica
in Cina appare divisa: l’Associazione
Patriottica Cattolica Cinese, l’unica riconosciuta
dal Governo che non riconosce
l’autorità del Papa e afferma il primato
dello Stato sulla propria aderenza confessionale; una Chiesa “clandestina”
in comunione con Roma
e costretta ad operare in clandestinità:
lo Stato considera “sovversivi”
coloro che sono rimasti
fedeli al Papa, sia presbiteri che
laici, vieta l’attività religiosa al di
fuori dell’associazione patriottica
perché “sovverte il potere dello
Stato”, condannando i colpevoli
al carcere e ai lavori forzati.
Questione spinosa e tornata alla
ribalta in questo periodo è la
nomina dei vescovi. L’Associazione
Patriottica consacra nuovi
vescovi ignorando totalmente la
Santa Sede di modo che le strutture
clericale che aderiscono all’Associazione
godono di una
maggiore libertà d’azione e rapporti
ufficiali con l’ufficio statale
per gli Affari religiosi.
Gli aderenti alla Chiesa “clandestina”
sono continuamente
sollecitati ad aderire all’Associazione
Patriottica, vengono controllati
nella posta e nei telefoni,
periodicamente qualcuno viene
arrestato, sono costretti a vivere
sempre sotto pressione. Non
riuscendo a sostenere questa situazione,
molti “clandestini” aderiscono
all’Associazione per godere
di maggiore libertà d’azione
e per riuscire a salvarsi.
A proposito della condizione
della Chiesa cinese restano anancora
estremamente attuali le parole
di papa Pio XII nella Lettera
Apostolica Cupimus Imprimis (18
gennaio 1952) e nell’Enciclica
Ad Sinarum Gentem (7 ottobre
1954):
“Innanzi tutto desideriamo manifestarvi
il Nostro ardente affetto
verso l’intero popolo della
Cina, che fin dai tempi più remoti
si è distinto fra gli altri popoli
dell’Asia per le sue imprese,
per la sua letteratura e per
lo splendore della sua civiltà,
e, dopo essere stato illuminato
dalla luce dell’evangelo, che supera
immensamente la sapienza
di questo mondo, trasse da essa
maggiori ricchezze per il suo
spirito, cioè le virtù cristiane,
che perfezionano e consolidano
le virtù stesse civili.
(...)
Per questo motivo siamo stati
sommamente rattristati nel sapere
che tra voi la chiesa cattolica
viene considerata, presentata
e combattuta come nemica della
vostra gente.
(...)
Poiché inoltre si tratta della causa
di Dio e della sua santa chiesa
«non siate atterriti per alcuna
cosa dagli avversari» (Fil 1, 28);
ma siate forti di quella fortezza
d’animo che poggia non sulle
forze umane, ma sulla grazia
divina, ottenuta con la preghiera.
Offrite a Dio, come un soave
olocausto, le vostre angustie, i
vostri dolori e le vostre sofferenze,
affinché egli voglia, nella
sua benevolenza, finalmente
concedere la tranquillità e la
libertà alla chiesa in Cina, e far
comprendere a tutti, il che del
resto è più chiaro della luce del
sole, che essa non cerca le cose
terrene, ma le celesti, e si sforza
per suo divino mandato di dirigere
tutti i suoi seguaci verso la
patria celeste, con la pratica delle
virtù e con le opere buone”
(Cupimus Imprimis, 18 gennaio
1952).
A distanza di qualche anno Pio
XII torna sulla questione cinese
costatando un ulteriore deterioramento
delle condizioni dei
cattolici costretti a muoversi in
clandestinità:
“In questi ultimi anni, purtroppo,
le condizioni della chiesa
cattolica in mezzo a voi non
sono per niente migliorate; anzi
sono aumentate le accuse e le
calunnie contro questa apostolica
sede e contro coloro che si
mantengono ad essa fedeli; è
stato espulso il nunzio apostolico,
che presso di voi rappresentava
la Nostra persona; e si
sono intensificate le insidie per
ingannare le persone meno illuminate.
(...)
Noi vediamo che voi siete degni
di lode anche per questo motivo:
cioè perché nelle quotidiane
e lunghe prove, in cui vi trovate,
voi percorrete proprio la via
giusta, quando prestate, come
si conviene a cristiani, rispettorispettoso
ossequio alle vostre pubbliche
autorità nel campo di loro
competenza, e, amanti della vostra
patria, siete pronti al compimento
di tutti i vostri doveri
di cittadini. Ma Ci è anche di
grande consolazione sapere che
voi, all’occasione, avete apertamente
affermato e ancora affermate
che in nessun modo vi è
lecito allontanarvi dai precetti Radella
religione cattolica, e che in
nessun modo potete rinnegare il
vostro Creatore, per il cui amore
molti di voi hanno affrontato
tormenti e carcere.
(...)
Vogliamo, invece, ripetutamente
congratularci con coloro che,
sopportando penose diffi coltà, si
sono distinti nella fedeltà verso
Dio e verso la chiesa cattolica e,
perciò, «sono stati fatti degni di
patire contumelie per il nome di
Gesù» (At 5, 41); con animo paterno
li incoraggiamo a continuare
forti e intrepidi nel cammino
iniziato, tenendo presenti le parole
di Cristo: «[...] Non temete
coloro che uccidono il corpo, ma
non possono uccidere l’anima;
ma piuttosto temete chi può far
perdere nella Geenna e anima
e corpo. [...] I capelli del vostro
capo sono tutti contati. Non temete
dunque. [...] Chi dunque
mi avrà confessato davanti agli
uomini, lo confesserò anch’io
davanti al Padre che è nei cieli;
ma chi mi avrà rinnegato davanti
agli uomini, lo rinnegherò anch’io
davanti al Padre mio che è
nei cieli» (Mc 10, 28.30-33)” (Ad
Sinarum Gentem 7 ottobre 1954).
Andrea Cova
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