CERCO DIO MA NON RIESCO A CREDERE
Caro padre Enzo,
le scrivo perché da qualche tempo soffro una crisi spirituale. Sono sempre stato laico, ma ora con il tempo sento la necessità di credere in qualcosa di più concreto, mi spiego meglio. Sono sempre stata una persona dalla forte spiritualità a modo mio ma laica convinta. Le mie giornate si sono svolte nel rispetto del prossimo (non vedo nulla di sconveniente nel mio trascorso, anche nei confronti delle indicazioni generali che la Chiesa chiede ai suoi fedeli) ho rispettato sempre gli altrui credo ma senza adottarne uno. Ma ora, in un periodo di sconforto generale, dove si insinuano insicurezze e forse un po' l'età che avanza (ho 36 anni) mi domando il senso di tutto questo. Non parlo della mia realtà ma in senso generale, non penso e mai ho pensato a una fine dopo la morte, ad esempio, ma non riesco a pensare concretamente a un vero paradiso e inferno. Penso che ci sia qualcosa "dopo", ma che cosa? il tarlo che, adottando un qualsiasi credo, si possa sbagliare, che i scritti millenari come quello della Bibbia siano solo una giustificazione, una risposta che degli esseri umani hanno dato a qualcosa che non erano in grado di comprendere (Dio) o sopportare (la perdita di un caro, l'ingiustificabile dolore che porta la morte), mi tormentano. Sono in un limbo, vorrei credere ma non posso, perché ciò che sono stato e ho studiato fin'ora mi impedisce di farlo. E progressivamente le mie giornate si privano del loro senso. Mi dia un consiglio lei per trovare una strada, che non sia la solita soluzione che spesso preti ormai stanchi della propria missione hanno voluto darmi in passato. Dandomi la preghiera come una medicina da prendere. Credo che ci sia altro da fare prima di rimettersi nelle mani del Dio che cerco ma che non posso avere.
Francesco (CA)
Carissimo Francesco,
non so quale sia la tua formazione che ti impedisce di credere. Ma sono convinto che nessun tipo di studio o di sapere ci può privare dell’esperienza di Dio. Io credo che il massimo possibile razionale sia cogliere, oltre la ragione, la ragione della ragione. E credo che uno studio non liberante postuli - necessità logica prima ancora che esistenziale - la liberazione dallo studio. Io non credo che si debba mai smettere di studiare. E di cercare. Leggendo la tua lettera, con gli interrogativi profondi che l’attraversano, mi è venuto in mente Aurelio Agostino. Una vita alla continua ricerca di Dio e la scoperta che la verità non bisogna tanto cercarla quanto, piuttosto, dalla stessa lasciarsi cercare. Di questo suo percorso ha lasciato memoria nelle Confessioni. Ti suggerisco di leggerle: è l’esperienza di un uomo, lo scoprirai fratello, che ti può aiutare, più di me nel tuo cammino. Riporto per te un suo famosissimo brano, tratto appunto dalle Confessioni, dal Libro X, 26-27, che riassume il suo, e mi pare il tuo, cammino dell’anima: «Ma ti ho trovato, per poterti conoscere? Tu non eri nella mia memoria già prima che ti conoscessi; e allora, dove ti ho trovato per conoscerti, se non in te, al di sopra di me? Tu non hai un luogo: ci allontaniamo, torniamo, e non hai un luogo. Tu, Verità, siedi alto su tutti coloro che ti consultano, e rispondi contemporaneamente a tutti, anche se le domande sono diverse. Tu rispondi chiaramente, ma non tutti capiscono chiaramente. Ognuno ti consulta su ciò che vuole, ma non sempre ascolta ciò che vorrebbe . Servo fedele non è tanto chi bada a sentirsi dire ciò che vorrebbe, ma piuttosto chi si sforza di volere quello che da te si è sentito dire.
Tardi ti ho amato, Bellezza tanto antica e tanto nuova; tardi ti ho amato. Tu eri dentro di me, e io stavo fuori, ti cercavo qui, gettandomi, deforme,sulle belle forme delle tue creature. Tu eri con me, ma io non ero con te. Mi tenevano lontano da te le creature che, pure, se non esistessero in te, non esisterebbero per niente. Tu mi hai chiamato e il tuo grido ha vinto la mia sordità; hai brillato, e la tua luce ha vinto la mia cecità; hai diffuso il tuo profumo, e io l’ho respirato, ed ora anelo a te; ti ho gustato, ed ora ho fame e sete di te; mi hai toccato, e ora ardo dal desiderio della tua pace».
Ti chiedo scusa se sono stato lungo, ma volevo esprimerti con calore l’affetto di un fratello che, insieme a te, ogni giorno deve tornare alla fonte del suo futuro.
Un caro saluto di pace e bene
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