Papa: la chiesa non punta il dito per giudicare gli altri
di Redazione online
La solitudine, l’amore tra uomo e donna, la famiglia. Nella messa che apre il Sinodo, Francesco traccia la rotta ai padri sinodali che da domani, in sua presenza, discuteranno per tre settimane. Un richiamo all’indissolubilità del matrimonio e alla «difesa dell’amore fedele» e «duraturo» in un mondo «che spesso ridicolizza questo disegno» e insieme alla Chiesa perché «viva la sua missione nella carità che non punta il dito per giudicare gli altri»: una Chiesa che «si sente in dovere di cercare e curare le coppie ferite con l’olio dell’accoglienza e della misericordia; di essere ospedale da campo, con le porte aperte ad accogliere chiunque bussa chiedendo aiuto e sostegno; di uscire dal proprio recinto verso gli altri con amore vero, per camminare con l’umanità ferita, per includerla e condurla alla sorgente della salvezza». L’omelia del Papa indica un punto di equilibrio tra le «tentazioni» opposte che aveva indicato nel discorso alla fine del Sinodo 2014: tra l’ «irrigidimento ostile» dei «tradizionalisti» che si chiudono in nome della «legge» alle «sorprese di Dio», e il «buonismo distruttivo» dei progressisti che «a nome di una misericordia ingannatrice fascia le ferite prima di medicarle».
La solitudine
Francesco parte dal «dramma che ancora oggi affligge tanti uomini e donne» e spiega: «Penso agli anziani abbandonati perfino dai loro cari e dai propri figli; ai vedovi e alle vedove; ai tanti uomini e donne lasciati dalla propria moglie e dal proprio marito; a tante persone che di fatto si sentono sole, non capite e non ascoltate; ai migranti e ai profughi che scappano da guerre e persecuzioni; e ai tanti giovani vittime della cultura del consumismo, dell’usa e getta e della cultura dello scarto». Oggi, prosegue il Papa, «si vive il paradosso di un mondo globalizzato dove vediamo tante abitazioni lussuose e grattacieli, ma sempre meno il calore della casa e della famiglia». Un mondo fatto «di tanti progetti ambiziosi, ma poco tempo per vivere ciò che è stato realizzato; tanti mezzi sofisticati di divertimento, ma sempre di più un vuoto profondo nel cuore; tanti piaceri, ma poco amore; tanta libertà, ma poca autonomia». Così «sono sempre più in aumento le persone che si sentono sole, ma anche quelle che si chiudono nell’egoismo, nella malinconia, nella violenza distruttiva e nello schiavismo del piacere e del Dio denaro». La famiglia è «l’icona» di questa solitudine: «Sempre meno serietà nel portare avanti un rapporto solido e fecondo di amore: nella salute e nella malattia, nella ricchezza e nella povertà, nella buona e nella cattiva sorte. L’amore duraturo, fedele, coscienzioso, stabile, fertile è sempre più deriso e guardato come se fosse roba dell’antichità. Sembrerebbe che le società più avanzate siano proprio quelle che hanno la percentuale più bassa di natalità e la percentuale più alta di aborto, di divorzio, di suicidi e di inquinamento ambientale e sociale».
L’amore tra uomo e donna
Francesco cita la Genesi, le parole di Dio davanti alla solitudine di Adamo: «Non è bene che l’uomo sia solo: voglio fargli un aiuto che gli corrisponda». Perché «Dio non ha creato l’essere umano per vivere in tristezza o per stare solo, ma per la felicità, per condividere il suo cammino con un’altra persona che gli sia complementare; per vivere la stupenda esperienza dell’amore: cioè amare ed essere amato; e per vedere il suo amore fecondo nei figli», scandisce il pontefice: «È lo stesso disegno che Gesù nel Vangelo di oggi riassume con queste parole: “Dall’inizio della creazione (Dio) li fece maschio e femmina; per questo l’uomo lascerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie e i due diventeranno una carne sola. Così non sono più due, ma una sola carne”». A questo punto Francesco torna sull’indissolubilità del matrimonio: «Gesù, di fronte alla domanda retorica che gli è stata fatta – probabilmente come un tranello, per farlo diventare all’improvviso antipatico alla folla che lo seguiva e che praticava il divorzio come realtà consolidata e intangibile –, risponde in maniera schietta e inaspettata: riporta tutto all’origine della creazione, per insegnarci che Dio benedice l’amore umano, è Lui che unisce i cuori di un uomo e una donna che si amano e li unisce nell’unità e nell’indissolubilità». Gesù «ristabilisce così l’ordine originario ed originante».
La famiglia
L’esortazione evangelica che dice «”l’uomo non divida ciò che Dio ha congiunto” è una esortazione ai credenti a superare ogni forma di individualismo e di legalismo, che nascondono un gretto egoismo e una paura di aderire all’autentico significato della coppia e della sessualità umana nel progetto di Dio». Per Dio «il matrimonio non è utopia adolescenziale, ma un sogno senza il quale la sua creatura sarà destinata alla solitudine! Infatti la paura di aderire a questo progetto paralizza il cuore umano». Qui sta il problema: «Paradossalmente anche l’uomo di oggi – che spesso ridicolizza questo disegno – rimane attirato e affascinato da ogni amore autentico, da ogni amore solido, da ogni amore fecondo, da ogni amore fedele e perpetuo. Lo vediamo andare dietro agli amori temporanei ma sogna l’amore autentico; corre dietro ai piaceri carnali ma desidera la donazione totale». In questo «contesto sociale e matrimoniale assai difficile», la Chiesa è chiamata a vivere una triplice missione. Primo: «Vivere la sua missione nella fedeltà al suo Maestro come voce che grida nel deserto, per difendere l’amore fedele e incoraggiare le numerosissime famiglie che vivono il loro matrimonio come uno spazio in cui si manifesta l’amore divino; per difendere la sacralità della vita, di ogni vita; per difendere l’unità e l’indissolubilità del vincolo coniugale come segno della grazia di Dio e della capacità dell’uomo di amare seriamente». Secondo: «Vivere la sua missione nella verità che non si muta secondo le mode passeggere o le opinioni dominanti. La verità che protegge l’uomo e l’umanità dalle tentazioni dell’autoreferenzialità e dal trasformare l’amore fecondo in egoismo sterile, l’unione fedele in legami temporanei». Terzo: «Vivere la sua missione nella carità che non punta il dito per giudicare gli altri, ma – fedele alla sua natura di madre – si sente in dovere di cercare e curare le coppie ferite con l’olio dell’accoglienza e della misericordia; di essere “ospedale da campo”, con le porte aperte ad accogliere chiunque bussa chiedendo aiuto e sostegno; di uscire dal proprio recinto verso gli altri con amore vero, per camminare con l’umanità ferita, per includerla e condurla alla sorgente della salvezza».
Il samaritano
La Chiesa «insegna e difende i valori fondamentali» ma senza cadere nel legalismo, secondo l’ammonimento di Gesù: «Il sabato è stato fatto per l’uomo e non l’uomo per il sabato». Del resto,conclude Francesco, «Gesù ha detto anche: non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati; io non sono venuto a chiamare i giusti, ma i peccatori». Una Chiesa, insomma, «che educa all’amore autentico, capace di togliere dalla solitudine, senza dimenticare la sua missione di buon Samaritano dell’umanità ferita». Perché «una Chiesa con le porte chiuse tradisce se stessa e la sua missione, e invece di essere un ponte diventa una barriera». (Corriere della Sera)
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