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Arte in Basilica, San Francesco e sorella morte

di Elvio Lunghi
Credit Foto - Archivio Fotografico - Panini

"Laudato si' mi Signore, per sora nostra Morte corporale, / da la quale nullu homo vivente po' skappare: / guai a quelli ke morrano ne le peccata mortali; / beati quelli ke trovarà ne le Tue sanctissime voluntati, / ka la morte secunda no 'l farrà male." Il ventisettesimo quadro della Leggenda Francescana parla della morte. Non è la morte di Francesco: questa compare a metà circa della parete meridionale, confusa con altri episodi della vita di un santo.

Al contrario il ventisettesimo quadro non è quasi la fine di una storia, ma ne è quasi l'inizio per chi osservi le storie della vita di san Francesco nella prospettiva giusta, cioè dall'altare in testa alla navata. Non vi si descrive la morte di Francesco, sulla nuda terra all'esterno della Porziuncola, con i frati che ne baciano le stimmate e i cori degli angeli in cielo. Il ventisettesimo quadro illustra la mia, la tua, la nostra morte, nel letto domestico di una stanza riscaldata dal fuoco di un camino, con due armadi murari che contengono caraffe e bicchieri allineati sulle mensole di una parete. Il centro della stanza, divisa da un pilastro, è occupato da un lettone con una coperta azzurra, sopra il quale siede col busto eretto una donna anziana.

Le si accosta un frate Minore, seduto sulla sponda del letto, per ascoltarne con la dovuta riservatezza la confessione, accostando l’orecchio alla sua bocca. Ai piedi del letto, sulla sinistra, è disposto un corteo di persone per le esequie funebri, preceduto da due giovani chierici, uno con la croce e l’altro con un cero; seguiti da tre religiosi, un prete secolare con in mano il libro per l’ufficio dei defunti, un monaco e un frate tonsurato, nessuno dei quali è un frate Minore; chiude il corteo un laico elegantemente vestito, forse il notaio accorso per compilare il testamento. Dietro la testata del letto, sulla destra, c'è un gruppo di familiari: cinque donne di differente età, con le chiome sciolte in segno di lutto, e un fanciullo che tende le mani in direzione della madre, o della nonna.

La didascalia che si legge sotto il quadro ci spiega come "il beato Francesco resuscitò questa donna morta, la quale, dopo aver fatta confessione di un peccato che non aveva ancora confessato, sotto lo sguardo di chierici e di altri che vi assistettero, di nuovo morta si addormentò nel Signore. E il diavolo fuggì confuso". Nel 1282 Martino IV aveva autorizzato i frati Minori all’esercizio del ministero della confessione, senza dover ricorrere alla preventiva autorizzazione vescovile e vincendo l’opposizione del clero secolare. Di conseguenza il miracolo che vi è descritto ha per oggetto il sacramento della confessione. Non vi si parla della vita di san Francesco, ma della cura delle anime da parte dei suoi frati.


Elvio Lunghi

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