Nel cuore dell’Asia
Una chiesa piccola e tenace (2010)
C’è un filo rosso che attraversa la storia del cristianesimo in quella che una volta veniva chiamata “Birmania orientale”. In meno di un secolo qui è nata una Chi¬sa nuova per opera del Pontificio istituto missioni estere che, nel 2007, ha ricordato i 140 anni della sua presenza nel Paese. Ho letto, spesso con I'aiuto di una lente, le lettere antiche, prendendo appunti, trascrivendo i passi più importanti; e mi sono commosso a seguire le vventure e gli eroismi dei missionari e dei giovani cristiani locali, le fatiche, la miseria estrema, la fame, l'isolamento, le guerre, le persecuzioni e il martirio per portare il nome di Gesù a chi non I'aveva mai conosciuto. Mi ha consolato vedere come lo Spirito Santo ha saputo creare una Chiesa così viva come quella delle sei diocesi fondate da circa 170 missionari del Pime (cinque dei quali martiri e otto vescovi 0 prefetti apostolici), con pochissimi mezzi e difficoltà enormi da superare. Lo spirito di questa fondazione è ben rappresentato dagli inizi. Nel marzo 1868, i primi missionari Eugenio Biffi, Rocco Tornatore, Tancredi Conti e Sebastiano Carbone, arrivano a Toungoo, il punta estremo dell'occupazione coloniale inglese, da poco iniziata. Oltre il fiume Sittang incominciava il territorio dei “tribali”, disprezzati dai birmani e dagli inglesi perché “selvaggi”, sempre in guerra tra loro. Così dal nulla nasce la Chiesa in una regione estesa come tutta L’Italia e quasi del tutto inesplorata. La conquista del territorio e il dominio inglese cominciarono verso la fine del secolo XIX e si protrassero fino al 1948, con due guerre mondiali in mezzo. L'epopea dei missionari italiani del Pime (come di quelli francesi e irlandesi in altre parti del Paese) è affascinante. Gesù Cristo porta una rivoluzione profonda e positiva nella vita di quei popoli, cambia a poco a poco la mentalità profonda, umanizza le culture, porta il principio del perdono e dell'amore da cui nasce la pace. oggi la Chiesa di Birmania, nonostante le ristrettezze in cui vive, e esemplare, tra l'altro con numerose vocazioni e conversioni, manda anche sacerdoti e suore all'estero e nelle missioni fra i non cristiani. Pochi anni fa l'arcivescovo di Yangon mi diceva in un'intervista: «A noi sono stati risparmiati molti dei problemi che tormentano altre Chiese. Non abbiamo avuto alcuna crisi d'identità e nemmeno crisi di vocazioni e abbandono di sacerdoti. II sacerdozio è una meta a cui aspirano molti giovani cattolici e anche i genitori sono entusiasti se i loro figli scelgono di consacrarsi a Dio». Scusandosi di vedere “tutto in rosa”, I'arcivescovo aggiungeva: «Abbiamo schiere di laici, soprattutto giovani, che vogliono istruirsi religiosamente e si impegnano a servizio della Chiesa. I problemi, ne sono sicuro, verranno più tardi quando ci apriremo al mondo esterno. Ma per la Chiesa birmana questo è il momento della sofferenza e della maturazione della fede». Naturalmente, vescovi e preti sono prudentissimi nel parlare della situazione politica, ma è facile immaginare che i cristiani, con la coscienza della dignità di ogni persona umana che il cristianesimo infonde nelle menti e nei cuori, sono in primo piano nel chiedere il rispetto del diritto alla libertà e della salvaguardia del bene pubblico. I francescani sono presenti in Myanmar dal 2005, anno in cui fra Jimmy Yakit (Filippine), fra Pierre e fra Jean François (Vietnam) hanno dato vita a una fraternità interculturale e internazionale, a cui presto si sana aggiunti frati provenienti anche da Indonesia, Corea, India. II progetto missionario si basa su due servizi fondamentali, rivolti rispettivamente alla comunità e alla Chiesa locle: animazione e sostegno spirituale per sacerdoti e religiosi, animazione pastorale e dialogo aperto per i giovani, con un centro che accoglie tutti senza distinzioni di religione; accoglienza e formazione alla vita francescana dei giovani candidati. Lo stesso arcivescovo di Mandalay, monsignor Paul Zinghtung Grawn ha da subito chiesto alla comunità francescana di andare nella sua diocesi invitando esplicitamente ad accogliere le nuove vocazioni locali.