Papa ai nuovi cardinali: ricordiamo sempre san Francesco, che non ha avuto paura di abbracciare il lebbroso
“Ricordiamo sempre l’immagine di san Francesco che non ha avuto paura di abbracciare il lebbroso e di accogliere coloro che soffrono qualsiasi genere di emarginazione. In realtà, cari fratelli, sul vangelo degli emarginati, si gioca e si scopre e si rivela la nostra credibilità!”. Nell’omelia della Messa con i 20 nuovi membri del Collegio cardinalizio, papa Francesco indica il terreno di prova di una vita cristiana autentica e mostra con decisione la strada della sua Chiesa accogliente e in uscita: il vangelo degli emarginati, vissuto dal Santo d’Assisi, e la scelta della logica dell’amore contro le tentazioni della paura, della chiusura e dell’autolimitazione. Riportiamo qui una sintesi e ampi stralci del testo.
La riflessione è offerta dalla liturgia del giorno, con il racconto della guarigione del lebbroso secondo l’evangelista Marco (1,40-41). Nell’episodio, il lebbroso supplica Gesù in ginocchio: “Signore, se vuoi, tu puoi purificarmi”. Gesù, mosso a compassione, tese la mano, lo toccò e gli disse: “Lo voglio, sii purificato!” (cfr Mc 1,40-41).
La compassione di Gesù
È la compassione, spiega papa Francesco, che porta Gesù a lasciarsi coinvolgere nel dolore di quell’uomo costretto dalla malattia – ed una malattia considerata simbolo di impurità - ai margini della città, in luoghi deserti. “Questo significa – precisa il Pontefice - che, oltre a guarire il lebbroso, Gesù ne ha preso su di sé anche l’emarginazione che la legge di Mosè imponeva. Gesù non ha paura del rischio di assumere la sofferenza dell’altro”. Mosso dalla compassione, Gesù reintegra l’emarginato. Così, compassione, emarginazione e integrazione sono anche le tre parole-chiave scelte dal Pontefice a cardine dell’omelia.
Emarginazione
La legge mosaica stabilisce che i lebbrosi siano allontanati dai centri abitati perché impuri. “La finalità di tale normativa – spiega papa Francesco - era quella di salvare i sani, proteggere i giusti e, per salvaguardarli da ogni rischio, emarginare “il pericolo” trattando senza pietà il contagiato”. Ma Gesù “rivoluziona e scuote con forza quella mentalità chiusa nella paura e autolimitata dai pregiudizi”.
Integrazione misericordiosa
L’operazione che Gesù fa - chiarisce papa Francesco - non è abolire la Legge di Mosè, ma portarla a compimento, “aprendo nuovi orizzonti per l’umanità e rivelando pienamente la logica di Dio. La logica dell’amore che non si basa sulla paura ma sulla libertà, sulla carità, sullo zelo sano e sul desiderio salvifico di Dio: «Dio, nostro salvatore, … vuole che tutti gli uomini siano salvati e giungano alla conoscenza della verità» (1 Tm 2,3-4). «Misericordia io voglio e non sacrifici» (Mt 12,7; Os 6,6).
“Reintegrare tutti nella famiglia di Dio”
Gesù vuol guarire il lebbroso, lo tocca, lo reintegra nella comunità e non si autolimita nei pregiudizi. Lo fa, dice papa Francesco, “senza adeguarsi alla mentalità dominante della gente; senza preoccuparsi affatto del contagio”, senza indugio, senza studiare le conseguenze. “Egli non pensa alle persone chiuse che si scandalizzano addirittura per una guarigione, che si scandalizzano di fronte a qualsiasi apertura, a qualsiasi passo che non entri nei loro schemi mentali e spirituali, a qualsiasi carezza o tenerezza che non corrisponda alle loro abitudini di pensiero e alla loro purità ritualistica”. Gesù vuole salvare chi è rimasto “fuori dall’accampamento”. Ciò che per lui conta, soprattutto, è “raggiungere e salvare i lontani, curare le ferite dei malati, reintegrare tutti nella famiglia di Dio”.
Emarginare e reintegrare: due logiche nella Chiesa
Due tensioni, dice papa Francesco, attraversano da sempre i cristiani e la Chiesa, “due logiche di pensiero e di fede: la paura di perdere i salvati e il desiderio di salvare i perduti. Anche oggi – dice - accade, a volte, di trovarci nell’incrocio di queste due logiche: quella dei dottori della legge, ossia emarginare il pericolo allontanando la persona contagiata, e la logica di Dio che, con la sua misericordia, abbraccia e accoglie reintegrando e trasfigurando il male in bene, la condanna in salvezza e l’esclusione in annuncio. Queste due logiche percorrono tutta la storia della Chiesa: emarginare e reintegrare”.
Accogliere, sanare, rimboccarsi le maniche: la strada della Chiesa è quella di Gesù
Il pensiero va al Concilio di Gerusalemme (intorno all’anno 50 d.C.), a quella prima grande apertura - mediata dall’apostolo Paolo - all’integrazione dei pagani convertiti al cristianesimo e, dunque, non circoncisi. Spiega papa Francesco: “San Paolo, attuando il comandamento del Signore di portare l’annuncio del Vangelo fino agli estremi confini della terra, scandalizzò e incontrò forte resistenza e grande ostilità soprattutto da coloro che esigevano un’incondizionata osservanza della Legge mosaica anche da parte dei pagani convertiti.” Dal Concilio di Gerusalemme in poi, spiega il papa, la strada della Chiesa “è sempre quella di Gesù: della misericordia e dell’integrazione. Questo non vuol dire sottovalutare i pericoli o fare entrare i lupi nel gregge, ma accogliere il figlio prodigo pentito; sanare con determinazione e coraggio le ferite del peccato; rimboccarsi le maniche e non rimanere a guardare passivamente la sofferenza del mondo”.
La strada della Chiesa è quella di non condannare eternamente nessuno
Accogliere, ma anche uscire dal proprio recinto alla ricerca dei lontani: “la strada della Chiesa – prosegue il Pontefice - è quella di non condannare eternamente nessuno; di effondere la misericordia di Dio a tutte le persone che la chiedono con cuore sincero; la strada della Chiesa è proprio quella di uscire dal proprio recinto per andare a cercare i lontani nelle “periferie” essenziali dell’esistenza; quella di adottare integralmente la logica di Dio; di seguire il Maestro che disse: «Non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati; io non sono venuto a chiamare i giusti, ma i peccatori » (Lc 5,31-32)”.
Cristiani liberi dalla paura
Con la guarigione del lebbroso, “Gesù non reca alcun danno a chi è sano, anzi lo libera dalla paura; non gli apporta un pericolo ma gli dona un fratello; non disprezza la Legge ma apprezza l’uomo, per il quale Dio ha ispirato la Legge”. In questo modo, Gesù “libera i sani dalla tentazione del «fratello maggiore» e dal peso dell’invidia e della mormorazione”.
Il contatto, vero linguaggio della carità
Come comunicare con quelli che consideriamo inguaribili e intoccabili? La carità, dice papa Francesco, è “creativa nel trovare il linguaggio giusto”. Per papa Bergoglio “il contatto è il vero linguaggio comunicativo, lo stesso linguaggio affettivo che ha trasmesso al lebbroso la guarigione. Quante guarigioni – esorta - possiamo compiere e trasmettere imparando questo linguaggio del contatto! Era un lebbroso ed è diventato annunciatore dell’amore di Dio”.
Ai nuovi Cardinali: uscire e andare a cercare i lontani
Le parole del Pontefice si rivolgono infine ai 20 nuovi cardinali. Primo monito, cercare i lontani senza pregiudizi: non solo “accogliere e integrare, con coraggio evangelico, quelli che bussano alla nostra porta, ma uscire, andare a cercare, senza pregiudizi e senza paura, i lontani manifestando loro gratuitamente ciò che noi abbiamo gratuitamente ricevuto”. “La totale disponibilità nel servire gli altri – chiarisce - è il nostro segno distintivo, è l’unico nostro titolo di onore!”
Maria ha sofferto l’emarginazione
Il Pontefice ha poi invocato l’intercessione di Maria, Madre della Chiesa, che “ha sofferto in prima persona l’emarginazione a causa delle calunnie e dell’esilio”. “Ci insegni – ha detto - a non avere paura della tenerezza e della compassione”.Ha poi ammonito:i cristiani “non siano tentati di stare con Gesù senza voler stare con gli emarginati, isolandosi in una casta che nulla ha di autenticamente ecclesiale”.
Vedere Cristo in ogni persona emarginata
Infine, ricordando l’esempio di San Francesco, papa Francesco ha esortato i Cardinali “a servire Gesù crocifisso in ogni persona emarginata, per qualsiasi motivo; a vedere il Signore in ogni persona esclusa che ha fame, che ha sete, che è nuda; il Signore che è presente anche in coloro che hanno perso la fede, o che si sono allontanati dal vivere la propria fede o che si dichiarano atei; il Signore che è in carcere, che è ammalato, che non ha lavoro, che è perseguitato; il Signore che è nel lebbroso - nel corpo o nell’anima -, che è discriminato! Non scopriamo il Signore se non accogliamo in modo autentico l’emarginato!”.
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