RUBRICHE > Rubrica VIAGGI

Francescanesimo/La Terra dei Fioretti

Credits Ansa



L'itinerario ha inizio con la visita alla magnifica abbazia di S. Maria di Chiaravalle di Fiastra, pressoché intatto esempio di architettura cistercense del XII secolo (costruita anche grazie al reimpiego dei monumentali resti archeologici della vicina città romana di Urbs Salvia). è possibile, dopo aver ammirato la perfezione dell'armonia e della regolarità del monastero benedettino-cistercense, fare poi il paragone con gli eremi e i primitivi insediamenti francescani che si visiteranno: alla perfezione e bellezza del primo si potrà raffrontare la caratteristica semplicità dei secondi.

Risalendo la ridente valle del Fiastra in direzione dei Monti Sibillini, si giunge a Roccabruna, sulla via della medievale Sarnano, dove, in posizione elevata, i potenti signori di Brunforte, pur se ghibellini, furono conquistati dal fascino serafico di Francesco, e vollero costruirgli un piccolo convento che fu da lui abitato insieme ai suoi primi compagni nelle Marche. Qui videro la luce i Fioretti di san Francesco: siamo dunque al luogo sorgivo dei nostri itinerari, nella vera roccaforte di Madonna Povertà.

È stato appurato che il delizioso capitolo XVII dei Fioretti ha per ambientazione l'eremo di Roccabruna, con la folta selva che lo circonda, effettivamente un “luogo piccolo” in cui i frati dovevano dormire insieme sulla nuda terra (Fioretti, cap. 17). Uno fanciullo molto puro e innocente fu ricevuto nell'Ordine, vivendo santo Francesco; e stava in uno luogo piccolo, nel quale i frati per necessità dormivano in campoletti. Venne santo Francesco una volta al detto luogo e la sera, detta Compieta, s'andò a dormire per potersi levare la notte ad orare, quando gli altri frati dormissono, come egli era usato di fare. Il detto fanciullo si puose in cuore di spiare sollecitamente le vie di santo Francesco, per potere conoscere la sua santità e spezialmente di potere sapere quello che facea la notte quando si levava. E acciò che 'l sonno non lo ingannasse, sì si puose quello fanciullo a dormire allato a santo Francesco e legò la corda sua con quella di santo Francesco, per sentirlo quando egli si levasse: e di questo santo Francesco non sentì niente. Ma la notte in sul primo sonno, quando tutti gli altri frati dormivano, si levò e trovò la corda sua così legata e sciolsela pianamente, perché il fanciullo non si sentisse, e andossene santo Francesco solo nella selva ch'era presso al luogo, ed entra in una celluzza che v'era e puosesi in orazione. E dopo alcuno spazio si desta il fanciullo e trovando la corda isciolta e santo Francesco levato, levossi su egli e andò cercando di lui; e trovando aperto l'uscio donde s'andava nella selva, pensò che santo Francesco fusse ito là, ed entra nella selva. E giugnendo presso al luogo dove santo Francesco orava, cominciò a udire un grande favellare; e appressandosi più, per vedere e per intendere quello ch'egli udiva, gli venne veduta una luce mirabile la quale attorniava santo Francesco, e in essa vide Cristo e la Vergine Maria e santo Giovanni Battista e l'Evangelista e grandissima moltitudine d'Agnoli, li quali parlavano con santo Francesco. Vedendo questo il fanciullo e udendo, cadde in terra tramortito. Poi, compiuto il misterio di quella santa apparizione e tornando santo Francesco al luogo, trovò il detto fanciullo, col piè, giacere nella via come morto, e per compassione sì lo levò e arrecollosi in braccio e portollo come fa il buono pastore alle sue pecorelle. E poi sapendo da lui com'egli avea veduta la detta visione, sì gli comandò che non lo dicesse mai a persona, cioè mentre che egli fosse vivo. Il fanciullo poi, crescendo in grazia di Dio e divozione di santo Francesco, fu uno valente uomo in nello Ordine, ed esso, dopo la morte di santo Francesco, rivelò alli frati la detta visione. A laude di Gesù Cristo e del poverello Francesco. Amen.

Un altro significatvo episodio delle Fonti si situa ancora nei pressi di Roccabruna (Specchio di Perfezione, 37; FF 1723)

Andato Francesco a predicare, in un luogo di frati presso Rocca di Brizio [che è la storpiatura di Roccabruna], accadde che nel giorno stesso in cui aveva da predicare, si presentasse a lui un povero ammalato. Preso da compassione, Francesco cominciò a parlare al suo compagno della povertà e della malattia di quello. Il compagno però rispose: «Fratello, è vero che costui sembra tanto povero, ma forse in tutta la provincia non esiste un uomo che, nel desiderio, sia più ricco di lui». Subito, Francesco lo rimproverò duramente, sicché il compagno confessò la sua colpa. Francesco riprese: «Vuoi fare la penitenza che ti imporrò?». Replicò il compagno: «La farò volentieri». Francesco riprese: «Va', svesti la tonaca e gettati così ai piedi del povero e digli in qual modo hai peccato contro di lui, denigrandolo; e digli che preghi per te». Il compagno andò e fece tutto quello che Francesco gli aveva indicato. Fatto ciò, indossò la tonaca e tornò dal Santo. Francesco disse: «Vuoi sapere in che modo hai peccato contro il povero, anzi contro Gesù? Ebbene, quando vedi un povero, pensa a Colui nel nome del quale viene, Cristo, che prese sopra di sé la nostra povertà e infermità. La povertà e infermità di questo meschino è infatti come uno specchio nel quale dobbiamo vedere e contemplare con tenerezza l'infermità e povertà che il Signore nostro Gesù Cristo portò nel suo corpo per la nostra salvezza (Is 53,4)».

Di fronte a Roccabruna, immerso nel fascino dei boschi e tra le misteriose forre dei Monti Sibillini, abbarbicato a una parete rocciosa a picco sulle sorgenti di un torrente, vi è quel che rimane dell'eremo rupestre di Soffiano, vero nido di santi. Qui vissero i frati Umile e Pacifico (Fioretti, cap. 46).

Soffiano fu anche il teatro dei rapimenti mistici del frate innominato del capitolo XLVII, riconosciuto come san Liberato da Loro. A lui è intitolato il convento poco distante, costruito per i frati nel Duecento ancora dai feudatari di Brunforte (i signori del luogo) e a tutt'oggi abitato dai frati. Ulteriore roccaforte della fedeltà più radicale alla povertà delle origini rimane l'eremo delle Grotte dei Frati (Cessapalombo), uno dei più inaccessibili e suggestivi eremi rupestri che si conoscano.

L'itinerario prosegue con la visita al convento di S. Francesco di Pontelatrave, nella valle del Chienti, antico lebbrosario visitato dal Poverello e abitato dal beato Bentivoglio da S. Severino, che vi assisteva un lebbroso (Fioretti, cap. 42).

Il sopraddetto frate Bentivoglio, dimorando una volta a Trave Bonanti [ovvero Ponte la Trave] solo, a guardare e a servire a uno lebbroso, essendogli in comandamento del Prelato di partirsi indi e andare a un altro luogo, lo quale era di lungi quindici miglia, non volendo abbandonare quello lebbroso, con grande fervore di carità sì lo prese e puoselosi in sulla ispalla e portollo dall' aurora insino al levare del sole tutta quella via delle quindici miglia infino al detto luogo, dov' egli era mandato, che si chiamava Monte Sancino [la Grotta di S. Francesco sul Monte San Vicino]. Il quale viaggio, se fusse istato aquila, non arebbe potuto in così poco tempo volare: e di questo divino miracolo fu grande istupore e ammirazione in tutto quello paese. A Pontelatrave meritano una visita la trecentesca chiesa con affreschi di scuola camerte, l'annesso convento con ampio chiostro e la vicina fonte fatta scaturire da san Francesco. Poco distante dal convento un ponte gotico sul Chienti, il magico castello di Beldiletto, dimora dei Varano, e l'impareggiabile chiesa romanica di S. Giusto, a pianta circolare, nel vicino paese di S. Maroto. Proseguendo per Camerino si fa sosta a Muccia, patria del beato Rizzerio, intimo amico di san Francesco, da lui conquistato quand'era studente a Bologna insieme a Pellegrino da Falerone (Fioretti, cap. 27). Frate Rizzerio (Rinieri) da Muccia fu il terzo Ministro Provinciale della Marca. Di lui, della sua particolare confidenza con il Poverello, narra Tommaso da Celano.

Quanto alla conoscenza che egli aveva dei segreti dei cuori, tra le molte prove che molti conobbero, ne riferirò una indubitabile sotto ogni aspetto. Un frate di nome Riccerio, nobile di famiglia e più ancora di costumi, vero amante di Dio e disprezzatore di se stesso, aveva il pio desiderio e la fortissima volontà di assicurarsi la piena benevolenza del santo padre Francesco; ma d'altra parte lo tormentava il timore che san Francesco lo detestasse segretamente, privandolo del suo affetto. Era convinto questo frate, assai timorato, che chiunque era amato di particolare amore da san Francesco, fosse anche degno di meritarsi la divina grazia, e che viceversa fosse segno di condanna del Giudice divino, se non fosse accolto da lui con benevolenza e amicizia. Ma non rivelava a nessuno questo suo inquietante e persistente pensiero. Un giorno però il beato padre, mentre pregava nella cella, e quel fratello, angosciato dal solito dubbio, stava avvicinandosi a quel «luogo», ne avvertì l'arrivo e il turbamento che aveva nell'animo. Subito lo fece chiamare, e gli disse: «Non lasciarti turbare da nessuna tentazione figliolo; nessun pensiero ti tormenti, perché tu mi sei carissimo, e sappi che sei tra quelli a me più cari, e ben degno del mio affetto e della mia amicizia. Vieni da me quando vuoi, liberamente come ad amico». Restò attonito frate Riccerio, e da allora in poi, pieno di più grande venerazione, quanto più vedeva crescere l'amore di san Francesco per lui, tanto più dilatava la sua fiducia nella divina misericordia.

Giunti a Camerino, posta in alto sulla sinclinale appenninica, dopo una visita alla magnifica città ducale (i Da Varano ne furono signori dal XIV al XVI secolo), vero focolaio d'arte e di studi, ci fermiamo nella ricca Pinacoteca, per ammirare tra le altre opere una Croce francescana duecentesca. Quindi approdiamo al Monastero di S. Chiara, in cui è custodita la memoria della beata Camilla Battista Da Varano, eccezionale figura di mistica, letterata e riformatrice del Quattrocento, figlia del grande condottiero Giulio Cesare Da Varano.

A Camerino fanno riferimento i Frati Minori Cappuccini, che nel 1527 iniziarono la loro riforma all'interno dell'Ordine Francescano, sostenuti dalla Duchessa Caterina Cibo, che proprio in questa città li affidò alla custodia dell'eremo di Renacavata e ottenne dal Papa il riconoscimento ufficiale per il loro proposito di vita. Furono i bambini di Camerino ad affibbiare ai Cappuccini il loro caratteristico nome, incuriositi per la particolare forma del cappuccio che i frati portavano, vedendoli assistere i malati durante una pestilenza. Da Camerino si risale la valle del Potenza fino a Pioraco, paese incuneato tra profonde gole rocciose, dove è possibile fermarsi nella locale chiesa gotica di S. Francesco, ricca di opere d'arte, con annesso un grazioso chiostro.

Lasciato Pioraco, si salgono i monti in direzione di Sefro e dei Piani di Montelago, per visitare l'ultima roccaforte della povertà del nostro itinerario: le Grotte del Beato Bernardo, che il primo compagno di san Francesco scelse come rifugio ed eremitaggio al tempo della persecuzione di frate Elia, come racconta lo spirituale Angelo Clareno (Liber Chronicarum, II, 131-136):

Come tutto questo giunse all'orecchio di quel sant'uomo di frate Bernardo che, meglio degli altri, aveva fatto una ben nota e lunga esperienza del caparbio e pertinace animo e della cocciuta volontà di frate Elia, egli decise per il meglio, di cedere al suo furore, e lasciar corso all'ira del suo animo insano. Da solo, partendo da dove si trovava, si trasferì in luogo montano, deserto. Costruitosi un piccolo tugurio sul fianco del monte Sefro, vi abitò interamente dedito alla contemplazione. Fu trovato là da un legnaiolo che frequentava quel monte per tagliarvi legname necessario al suo mestiere. Richiesto chi fosse e perché si nascondesse in un luogo così aspro, udita la determinata sua intenzione e proposito, per due anni fu sostentato – rimanendo nascosto agli altri uomini – servendosi della fuga evangelica e della licenza del fondatore.

Anche i Fioretti (cap. 27) ci dicono che frate Bernardo, a modo di rondine volava molto alto, onde alcuna volta venti dì, e alcuna volta trenta dì si stava solo in sulle cime de' monti altissimi contemplando le cose celestiali. (francescani.marche.it)

Commenti dei lettori



NON CI SONO COMMENTI PER QUESTO ARTICOLO

Lascia tu il primo commento

Lascia il tuo commento

Nome (richiesto):
Email (richiesta, non verrà mostrata ai visitatori):
Il tuo commento:
Organo ufficiale di Stampa della Basilica di San Francesco d'Assisi
Custodia Generale Sacro Convento
© 2014 - tutti i diritti riservati
Contatti | Credits