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Il presepe dei migranti ad Assisi ecco la barca della Misericordia.

Ce l'ha fatta quella barca, piccola, precaria, sballottata dalle onde, ad attraversare il mare e a giungere infine alla terra, a Lampedusa. Ce l'ha fatta a ridare vita e speranza a una decina di migranti nordafricani, in fuga dalla violenza, dalla fame, dalla miseria. Ora quella barca, adagiata, quasi spiaggiata ad Assisi, davanti alla Basilica di San Francesco, e' lo sfondo concreto e drammatico del presepe che la comunità francescana ha voluto realizzare per questo Natale: bottiglie di plastica per l'acqua da bere, qualche salvagente, accanto alla Sacra Famiglia. Quella barca – salutata da Papa Francesco in collegamento video da Roma - continuerà a viaggiare, ad attraversare tutto questo Giubileo della Misericordia, per andare incontro a tutti i fratelli, senza paura delle onde, che si vogliono spesso artificialmente innalzare. Nella terra di Francesco d'Assisi non c'e' spazio per il rifiuto, per le porte chiuse, per i muri che separano. Qui, in questa terra, Francesco abbracciò e baciò i lebbrosi - i reietti, gli emarginati, gli esclusi di quel tempo - si convertì e cambiò la sua storia e, insieme, quella di noi tutti. Il Giubileo della Misericordia e' il Giubileo dell'incontro, dell'accoglienza, del dialogo. E' questa l'opportunità straordinaria che Papa Francesco ha voluto offrirci in questa vita quotidiana così piena di insidie e di sfide: aprire, spalancare la porta alla solidarietà, all'integrazione, alla condivisione vera. Quella barca - arrivata da Lampedusa ai piedi della Basilica di San Francesco - sta a ricordarci che e' ora di riprendere la navigazione per un mondo più giusto e migliore per tutti - per tutti - con più impegno, più forza, più amore, più Misericordia. Ce lo ricorderà lungo tutto questo Giubileo. Papa Francesco ci ha invitati ad aprire il cuore al perdono e ha ricordato che “non è facile perdonare queste stragi, non è facile”. Lo ha sottolineato due volte, ad indicare che il Giubileo non sarà una passeggiata ma un impegno che dovrà sradicare dai nostri cuori egoismi e paure, per essere seminatori di speranza e di solidarietà. Tutti dovremmo, dinnanzi ai presepi, rivolgerci a Gesù dicendo: “Anche io ho dato una mano perché Tu sia un segno di speranza”. Padre Enzo Fortunato direttore della Sala Stampa del Sacro convento di Assisi

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