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TG1 DIALOGO - Gerusalemme chiede Pace

In un giorno di sabato Gesù passava con i suoi discepoli fra campi di grano e questi ultimi si misero a cogliere delle spighe, esponendosi così all’attacco dei farisei, ai quali Gesù, dopo aver richiamato un ben noto episodio della storia biblica, rispose: «Il sabato è stato fatto per l’uomo e non l’uomo per il sabato!» (Mc 2,23-27). In quello stesso giorno, come sembra dal contesto, Egli entrò nella sinagoga, ma anche lì ebbe una discussione in merito all’osservanza del sabato, al termine della quale«i farisei uscirono subito con gli erodiani e tennero consiglio contro di lui per farlo morire» (Mc 3,6).

Gesù afferma dunque la centralità dell’uomo rispetto al sabato, cioè rispetto alla Legge. All’interno della sinagoga chiese ai suoi avversari: «È lecito in giorno di sabato fare del bene o fare del male, salvare una vita o ucciderla?» (Mc 3,6). In tal modo, egli scardinava tutto un sistema che aveva finito per porre molti uomini in balia di pochi altri, riaffermando la priorità della creatura (di ogni creatura, in primo luogo di quella più debole e indifesa) che sopra tutte le altre è amata da Dio, quella da Lui creata nel giorno sesto, prima che cessasse dalle opere sue.

In nome di Dio e della sua Legge, invece, di un Dio e di una Legge che finiscono per coincidere con l’interpretazione che alcuni hanno dato dell’uno e dell’altra, si è finito e si finisce spesso per uccidere, nel tentativo di perpetuare sistemi di potere che al cospetto di Dio creano vendetta. Come al tempo di Gesù, quando i suoi avversari pensarono di risolvere il confronto semplicemente eliminando il loro contradditore, la storia continua a ripetersi anche nel nostro, un tempo nel quale, per imporre ad altri la “propria” visione di Dio, alcuni non esitano a recidere la vita altrui, che dallo stesso Dio è stata donata, lasciandosi dominare – volenti o nolenti – da ira e sete di dominio.

Sull’esempio di Gesù, Francesco insegna invece che «l’ira ed il turbamento impediscono la carità in sé e negli altri»; quanto più dunque l’uccisione un proprio simile! Fu severissimo perfino con gli animali che manifestavano aggressività gratuita a danno di quelli indifesi, come accadde quella volta che fu ospitato presso il monastero di San Verecondo, in diocesi di Gubbio, dove nella notte una pecora partorì, ma una scrofa «quanto mai crudele», «senza pietà per la vita dell’innocente», uccise con un morso l’agnellino. Francesco si commosse e davanti a tutti pronunciò parole terribili: «Sia maledetta – disse – quell’empia che ti ha ucciso e nessuno, uomo o bestia, mangi della sua carne!». Tanta severità si spiega con il fatto che la scrofa si era macchiata di una violenza gratuita, immotivata, nei confronti di una creatura più debole, incapace di difendersi. Cosa dirà dunque, e quale non sarà il suo dolore, nel vedere dall’alto uomini che ne sgozzano altri, uomini e donne che si uccidono per ucciderne altri e tutto in nome di Dio? E quando giungerà quel giorno in cui gli uomini, che troppo spesso dimenticano Dio e non si curano di Lui, finiranno di tirarlo per la giacca allo scopo di dare sostegno alle proprie idee e, in ultima analisi, al loro potere, piccolo o grande che sia?

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