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La Primavera del Myanmar
<bR><br><bR>Il Myanmar, la nazione che fino al 1989 era ufficialmente chiamata Birmania, dopo cinquantanni di dittatura militare, sta conoscendo un periodo di riforme politiche e sociali senza precedenti. Le elezioni del 7 novembre 2010, immediatamente seguite dal rilascio di Aung San Suu Kyi e dal ritiro dei due generali più intransigenti, Than Shwe e Maung Aye, hanno concesso spazi sempre maggiori alle riforme democratiche. Le perplessità di governi e associazioni che, almeno allinizio, avevano accolto con riserva le aperture del neo primo ministro Thein Sein, sembrano meno incisive. La Lega Nazionale per la Democrazia, il partito fondato da Aung San Suu Kyi alla fine degli anni Ottanta, è stato legalizzato, riportando lopposizione allinterno della vita politica birmana. La stessa Suu Kyi, premio Nobel per la pace nel lontano 1991, è ora libera di viaggiare per lintero paese e di partecipare alle elezioni suppletive che si terranno il prossimo aprile. Dopo anni di arresti domiciliari, avrà lopportunità di entrare nel parlamento birmano e, come ha avuto modo di specificare lo stesso Thein Sein, di poter ricoprire una carica ufficiale allinterno del governo. <br><bR><bR>A livello internazionale gli Stati Uniti hanno riallacciato i rapporti diplomatici con Nay Pyi Taw (la città che nel 2006 ha sostituito Yangon come capitale) e la stessa Hillary Clinton ha potuto abbracciare Aung San Suu Kyi e incontrare i vertici del governo. Al tempo stesso i legami con Pechino, strettissimi fino al 2010, si stanno allentando. Imprese giapponesi, sudcoreane, thailandesi, singaporeane, ma soprattutto indiane, stanno siglando appalti di milioni di dollari per la costruzione di infrastrutture e per sfruttare il ricchissimo sottosuolo birmano. Le ditte europee e statunitensi, tenute lontano dal paese da un embargo economico voluto per indebolire il regime militare, sono già pronte a inondare il Myanmar con i loro progetti. La francese Total, una delle pochissime aziende della Comunità Europea che, sfidando le sanzioni, ha sempre investito nella nazione asiatica, sta preparando un piano di ampliamento che sfrutti i ricchi giacimenti di idrocarburi offshore. La Chiesa cattolica, nella voce dellarcivescovo di Yangon, mons. Charles Bo, si è sempre opposta allisolamento economico e politico imposto dai governi occidentali al Myanmar in quanto non avrebbe fatto altro che spingere i militari nelle braccia della Cina. <bR>b<r><BR>Alla luce dei fatti, la posizione dellarcivescovo si è dimostrata lungimirante. Pechino ha trasformato il vicino in una sorta di serbatoio da cui prelevare pietre preziose, legname, energia per alimentare la propria crescita economica, dando ben poco in cambio. Alla primavera politica birmana, però, non è ancora seguita una rinascita sociale ed economica, anche se nelle principali città stanno sorgendo cantieri. Le strutture sociali pubbliche, quando ci sono, sono spesso fatiscenti e solo alcune organizzazioni umanitarie hanno il permesso di sopperire alla loro mancanza. <br><bR><br>Ci sono prove che, persino durante la fase di aiuti umanitari succeduta al tifone Nargis, le ONG per poter intervenire nelle regioni più colpite, dovevano pagare tangenti alle amministrazioni locali. Inoltre le nazionalità etniche non birmane (il 32% della popolazione) stanno faticosamente cercando una loro autonomia che possa preservare le tradizioni, lingue, culture, religioni. Ci si aspetta molto da questo nuovo corso sociale e politico e, se Aung San Suu Kyi verrà eletta, sarà chiamata a mantenere fede alle sue promesse di sviluppo, democrazia e di rispetto delle minoranze etniche fatte durante la sua prigionia. <bR><br><bR>Nel frattempo le agenzie turistiche stanno promuovendo il Myanmar come nuova destinazione e si stanno costruendo mega strutture che ben poco si adattano allambiente e alla cultura locale. La devastazione del turismo di massa già operata in Thailandia, Cambogia e Vietnam rischia di stravolgere il delicato equilibrio birmano. I siti archeologici di Bagan e di Mrauk U, magnifici quanto delicati, non riuscirebbero a sopportare lafflusso di bande di turisti interessati più alle comodità dellalbergo di lusso, piuttosto che alla storia delle pietre. Inoltre, se lo sviluppo economico non riuscirà a soddisfare i bisogni primari della popolazione, nel paese si rischierà di assistere alla decadenza civile e morale a cui sono piombate le nazioni vicine. <br><i> di Piergiorgio Pescali</i>
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