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Redazione

La ricchezza dell'invisibile

<br><br> «Sentiva di avere scoperto il tesoro nascosto e, da mercante saggio, si industriava di comprare la perla preziosa che aveva trovato, a prezzo di tutti i suoi beni».<br><br> Il passo, tratto dalla Leggenda maggiore di Bonaventura da Bagnoregio, è riferito a Francesco d'Assisi.<br><br> Non è scontato che un teologo e filosofo, santo e dottore della Chiesa, abbia considerato efficace l'utilizzo di un linguaggio economico per descrivere la conversione di uomo.<br><br> L'abilità professionale di mercante, le astuzie, le ambizioni verso la ricchezza ed il successo si trasformarono in strumenti di un difficile travaglio. La presunta pazzia di Francesco fu smentita dall'oggettiva razionalità di chi invece aveva scoperto il valore della povertà. <br><br>Non si tratta in questo caso di definire la povertà come un valore in senso morale, ma nella bilancia del commercio Francesco scoprì che quella povertà annunciata e testimoniata, quella povertà incarnata, crocifissa e ancora talmente viva da chiamarlo per nome, pesava più di tutto quello che fino ad allora aveva conosciuto.<br><br> La povertà prima di essere un valore, per Francesco ha un valore, più della guerra e delle armi, più delle astuzie mercantili, più della baldoria delle feste e del vino.<br><br> Solo che, come descritto da Bonaventura, il tesoro scoperto da Francesco era nascosto, invisibile all'occhio distratto, come una perla dentro un guscio grezzo.<br><br> Ecco perché Francesco fu considerato un pazzo, prima di tutto dal padre che, secondo la logica commerciale del mondo, prevedendo il fallimento del figlio, rifiutò di finanziarne l'impresa. Bonaventura ha voluto quindi definire l'economia della conversione come «commercio spirituale»; Chiara d'Assisi, in una lettera di sostegno al difficile cammino di Agnese di Boemia, la descrisse come «grande e lodevole scambio: abbandonare le cose temporali per le eterne». Non c'è follia dunque, ma la razionale concretezza di chi ha scoperto la ricchezza dell'invisibile.<br><br> Alessandro Giuseppe Porcari

Commenti dei lettori

05-11-2011 09:57:15
Fabrizio
La pazzia è la prima giustificazione a cui si ricorre quando qualcuno, con comportamenti non ritenuti "ortodossi" (e quindi non convenzionali), ci crea imbarazzo. Immaginiamo, quindi, quale è stato il primo atteggiamento di Pietro Bernardone e di tutta la comunità assisana dell' epoca quando Francesco ha deciso di adottare lo stile di vita che poi lo ha reso quello che è stato (ed ancora è). Il problema di oggi, come allora, è sempre lo stesso: considerare il materialismo (il possedere) come unica missione di vita. Il possesso che si sostituisce all' Essere e che, inevitabilmente, porta a condurre una vita incentrata su valori effimeri che causa la peggiore delle calamità spirituali: la lontananza da se stessi e dal proprio Centro. Senza dover per forza arrivare alle vette estreme raggiunte da Francesco, consideriamo il fatto che condurre una vita più semplice, meno frenetica, meno volta al possesso dell' effimero e del superfluo, riporta l' uomo a livelli più normali e quindi più umani. D' altronde essere semplicemente e quindi meravigliosamente umani, non è Il messaggio di Francesco?. Buona giornata a tutti. Pax et Bonum.

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