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"Ingiusta l'espulsione di Paul dall'Italia": il digiuno di fratel Biagio Conte

di Alessandra Turrisi
Credit Foto - Avvenire

Il sindaco di Palermo Leoluca Orlando e l'arcivescovo Corrado Lorefice hanno fatto visita a Biagio Conte, il missionario laico da sei giorni in sciopero della fame per chiedere alle istituzioni di intervenire e revocare l'espulsione di Paul Yaw Aning.

 

 

"La Chiesa e le istituzioni si stringono attorno a Biagio Conte che dà voce all'uomo invisibile", dicono Orlando e Lorefice "In una Palermo che non dimentica nessuno".

 

Dopo che il decreto di espulsione è arrivato a Paul, ospite da dieci anni nella missione Speranza e Carità a Palermo, il missionario laico Biagio Conte ha deciso di scendere in strada a digiunare per opporsi a quella che ritiene «una palese ingiustizia». Si è così arrivati al sesto giorno di questa insolita forma di protesta in un luogo simbolo della città, piazza Anita Garibaldi, dove abitava e dove venne ucciso dalla mafia il beato don Pino Puglisi.

 

«Non lo ammanettate! Non lo arrestate! Non lo rimpatriate! Non è un delinquente. È un disperato. In 10 anni di permanenza nell'Italia non ha mai commesso un reato. È una persona giusta. Non potete condannare un giusto. Questa ingiustizia ritornerà male per tutta la nostra società» è il forte appello a tutte le istituzioni, dal presidente della Repubblica al Papa, lanciato da Biagio Conte.

 

Paul Yaw Aning, 51 anni, è un migrante irregolare, con permesso di soggiorno scaduto che non è stato possibile rinnovare, finito nelle maglie della giustizia italiana. Arriva in Italia 17 anni fa, a Bologna, per lavorare in fabbrica. Poi la crisi, la chiusura dell’azienda e dieci anni fa il ghanese si trasferisce a Palermo, trovando ospitalità nella missione Speranza e Carità. Diventa uno dei principali collaboratori di Biagio, idraulico e factotum delle strutture che ospitano oltre mille senzatetto. Ma pochi giorni fa viene raggiunto da un decreto di espulsione dall'Italia emesso dal prefetto e da un provvedimento di accompagnamento alla frontiera firmato dal questore, entrambi convalidati il 26 aprile dal giudice di pace, ed è sottoposto all'obbligo di firma.

 

Sembra che Paul sia stato raggirato da una onlus disposta a firmare contratti di lavoro fittizi. Nel complesso caso si cimenterà l’avvocato Giorgio Bisagna, presidente dell’associazione Adduma (Avvocati dei diritti umani), molto esperto di vicende di questo genere: «Presenterò un ricorso al Tar sul secondo diniego al permesso di soggiorno e uno al giudice di pace sulla misura coercitiva».

 

Biagio, col cuore pieno di sofferenza, si è messo accanto a Paul e non vuole lasciarlo, anche a costo di beccarsi una denuncia per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina. Questa potrebbe essere solo la punta dell’iceberg: almeno l’80 per cento degli ospiti della missione in via Decollati è a rischio di espulsione per decadenza del permesso di soggiorno per motivi umanitari o per altre restrizioni portate dal decreto Sicurezza. «Paul è stato invitato a mettere la firma al commissariato di Brancaccio come uno che ha commesso un reato, ma non ha mai fatto nulla» dice il missionario.

 

Non mangerà, pregherà, non si muoverà da lì finché non ci sarà giustizia per Paul.

A sostenere la protesta anche il Centro di accoglienza Padre nostro Ets, che gestisce la casa-museo di don Pino Puglisi. Ma il presidente, Maurizio Artale, lancia una proposta: «Per risolvere una situazione così grave, che rischia di diventare esplosiva, ci vuole un approccio globale, coinvolgendo istituzioni, associazioni, enti impegnati nel sociale, avvocati. Propongo di istituire un tavolo tecnico per affrontare il problema di centinaia di migranti che vivono nella missione Speranza e Carità e che sono a rischio di espulsione».

 

LA LETTERA APERTA DI FRATEL BIAGIO CONTE ALLE ISTITUZIONI

 

"Carissima e amata terra d'Italia, non è giusto, la nazione d'Italia non merita abbandonare i suoi figli e i figli di altri popoli - si legge in una lettera aperta del missionario - Ricordati e sappi che anche noi italiani siamo emigranti in tutto il mondo, non ci hanno chiuso le porte, perché adesso l'Italia, che è stata sempre aperta, sensibile, accogliente, decide di chiudere le porte, il cuore?

Abbandonare gli immigrati a se stessi è un tentato omicidio, un tentato suicidio, una vera ingiustizia con le conseguenze di un aumento dei clandestini, dei senzatetto, della delinquenza, della violenza. Per paura, sconforto possono cadere nelle mani della delinquenza, della malavita, della mafia. Il sentirsi emarginati, esclusi può trasformarli in schegge impazzite, rischiano di cadere ed entrare nelle mani del terrorismo".
www.avvenire.it



Alessandra Turrisi

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