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Casal di Principe. La marcia dei 10mila scout per don Peppe Diana

Un fiume di persone hanno preso parte all'annuale marcia organizzata dall'Agesci per ricordare il sacerdote ucciso

Credit Foto - Toni Mira - Avvenire

Un fiume di camicie azzurre e fazzolettoni ha attraversato domenica le vie e le piazze di Casal di Principe nel nome di don Peppe Diana. Diecimila scout arrivati da tutta la Campania e anche da altre regioni per ricordare il parroco e capo scout ucciso dalla camorra 25 anni fa, il 19 marzo 1994.

È la marcia "Il tuo sogno la nostra frontiera", organizzato da Agesci, Masci e Foulard blanche. Punto di partenza lo stadio, luogo simbolo del cambiamento, perché qui anche la squadra di calcio era finita in mano al "clan dei casalesi". Ora, invece, è pieno dei canti, delle animazioni, dei colori, dell'allegria degli scout, dai lupetti e coccinelle, agli esploratori e guide, e ai rover e scolte. Da qui il fiume azzurro si mette in cammino. Tanti gli striscioni coloratissimi.

"Don Peppe era coraggioso, la mafia 'na schifosa", "Di pizzo vogliamo solo l'abito da sposa", "Seguiremo il tuo esempio", "Peppino siamo noi". In testa quello con la scritta "Scout in cammino" è retto dai responsabili nazionali delle tre associazioni, dai fratelli di don Peppe, Marisa e Emilio, da Augusto Di Meo, testimone coraggioso dell'omicidio, dal sindaco di Casal di Principe, Renato Natale, amico del sacerdote.

Prima tappa sotto casa della famiglia Diana. Dal balcone si affaccia mamma Iolanda. Indossa il fazzolettone del figlio. "Grazie, grazie. Quando vedo le camicie blu è come se vedessi Peppino", dice al microfono tra le lacrime. Molti scout indossano in quel momento una maglietta bianca con la data del proprio battesimo. Poi tutti roteano sulla testa il fazzolettone ritmando il grido "Don Peppe uno di noi", e anche mamma Iolanda risponde facendo girare il fazzolettone del figlio.

Seconda tappa è alla parrocchia di San Nicola di Bari, dove don Peppe venne ucciso. Suonano le campane. Ad accogliere gli scout il parroco e successore di don Peppe, don Franco Picone, e tanti fedeli. Davanti all'ingresso della chiesa una grande croce abbracciata dalla stola bianca di don Peppe e da una rossa. Il simbolo del martirio, come i cartoncini rossi che tutti gli scout alzano passando davanti in silenzio.

E si giunge all'ultima tappa, il cimitero dove è sepolto il sacerdote. Il grande piazzale diventa la navata di un'enorme chiesa all'aperto per la messa celebrata dal cardinale di Napoli, Crescenzio Sepe, assieme al vescovo di Aversa, Angelo Spinillo, e a quaranta sacerdoti, molti assistenti di gruppi scout col fazzolettone al collo.

"Siamo qui - dice il cardinale introducendo la celebrazione - per ricordare don Peppe, ucciso tragicamente dalla violenza camorrista". Poi nell'omelia definisce don Peppe "un profeta che ha incarnato nella sua vita la verità della giustizia e della carità. Non ha avuto paura a testimoniare e annunciare il Vangelo, anticipando i tempi di una Chiesa non sempre attenta".

Ma non è solo un ricordo. "Non onoriamo un morto ammazzato - avverte il cardinale - ma un vivo che ancora continua a testimoniare a tutti il suo messaggio di giustizia". Anche attraverso le opere di cambiamento come "le tante cooperative sociali, le tante case tolte ai camorristi e utilizzate per il bene comune". E allora davvero, conclude, "Casal di Principe non è la terra dei camorristi ma la terra di don Peppe Diana".

Una celebrazione intensa e colorata, tra canti, simboli, preghiere e le interminabili file per la comunione. Alla fine alcune testimonianze toccanti. Renato Natale, sindaco nel 1994 e oggi, amico di don Peppe, chiede perdono "perché quel giorno non ho avuto il coraggio di portare le condoglianze alla famiglia. Non potevo guardarli in faccia perché lui era morto perché era stato davanti a noi per proteggerci. Questa è la mia colpa che vi chiedo di perdonare e che metto insieme alle colpe di oggi di chi continua a uccidere e di chi in silenzio permette tante morti nei nostri mari".

La sorella Marisa riflette sul crocifisso che era davanti alla parrocchia. "Ho visto lo sguardo di mio fratello che ha dato la vita per la giustizia. Continuiamo il cammino di don Peppe - aggiunge alzando la voce -, grande sacerdote, grande uomo, grande fratello!".

A chiudere, prima della benedizione, sono le parole dell'assistente ecclesiastico generale dell'Agesci, padre Roberto Del Riccio. Parole pronunciate con voce commossa. "Don Peppe è morto perchè voleva lasciare il mondo migliore di come lo aveva trovato in nome di Gesù". Parole che evocano il testamento lasciato ai suoi scout dal fondatore del movimento, Robert Baden Powell.

Che padre Roberto ripete come impegno per tutti i 10mila ragazzi col fazzolettone. "Andiamo sulle strade per fare del nostro meglio, a non tacere, a cambiare il mondo per onorare la nostra promessa". Una promessa che tutti ripetono insieme, per poi intonarne il canto. La messa è finita, si ammainano le bandiere. Poi tutti in fila, nel cimitero a salutare don Peppe, sacerdote e fratello scout.


Antonio Maria Mira - Avvenire



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