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Clarisse cappuccine: indifferentismo religioso male della nostra società

di ANTONELLA GAETANI
Credit Foto - www.romasette.it

Si sentono tanti accenti. È una comunità internazionale quella delle clarisse cappuccine, alla Garbatella, composta da 16 suore di cui 5 messicane, 7 italiane, 2 eritree e 2 indonesiane. La più anziana ha 91 anni, la più giovane 39. Nella comunità c’è anche uno studentato per giovani monache cappuccine di professione perpetua provenienti da diversi Paesi del mondo che frequentano l’Istituto di Spiritualità Francescana al Pontificio Ateneo Antonianum. Tanti colori, generazioni, luoghi si intersecano in monastero. La badessa suor Maria de Jesùs Reyes Ruiz, messicana, ha una voce limpida, fa sentire accolti e, anche se viviamo un tempo difficile, «ci sono esperienze individuali ed ecclesiali, religiose e spirituali, assistenziali e caritative che ci danno ottimismo – sottolinea la madre -. Ed è da queste realtà che spesso provengono autentiche vocazioni anche alla vita contemplativa». Il mondo non è solo nero anche se è un tempo in cui è molto diffuso «l’indifferentismo religioso che porta con sé il non senso della vita e la fuga in rifugi effimeri e falsi. Ma non solo, ci si rifugia nell’alcool, droga, sesso, forme di aggressività e violenza, individualismo ed egoismo».

 

Un malessere reso ancora più acuto dalla «mancanza di lavoro». Una catena che ha come conseguenza «forme depressive molto acute che portano alla disperazione», sottolinea la badessa. Un vuoto «un senso di inutilità e di insoddisfazione molto diffuso, anche tra le persone credenti». La causa? «Manca il respiro della preghiera, si resta soli, pur tra molto fracasso e nonostante tanta relazionalità virtuale. Mai tanta solitudine in un tempo di tanta comunicazione», evidenzia la comunità delle clarisse, che sottolinea: «C’è problema di insieme, di clima generale nella società, nella politica, nella cultura predominante (o che si presume tale) e talora, purtroppo, anche in ambienti ecclesiali». Come ritrovare la bussola? «Per cambiare questa traiettoria occorre una conversione ad una vita più conforme al credo che professiamo, una testimonianza forte di coerenza morale, un serio impegno culturale e formativo da parte di cristiani e di quanti desiderano davvero il bene comune».

 

In questo contesto Dio continua a chiamare e lo fa «in maniere diverse: ispirazioni, avvenimenti, circostanze. È sempre necessario il discernimento: di se stessi, del proprio carattere, delle proprie attitudini, sentimenti, aspirazioni; dell’amore alla preghiera, della sicura decisione di radicale donazione a Dio e ai fratelli, dell’autenticità delle esperienze e soprattutto, della divina ispirazione. È sempre necessario l’accompagnamento spirituale e, talora, anche di quello psicologico in reciproca collaborazione. Il cammino di discernimento deve essere sostenuto dalla preghiera, dalla frequenza ad attingere luce e forze dalla Parola di Dio, dall’Eucarestia, dalla pratica sacramentale». Il monastero è come un’oasi nel deserto.

 

«Chi bussa alla nostra porta chiede l’ascolto, parole di consolazione e speranza, la luce della fede per orientarsi nella vita». E la preghiera sincera, il dialogo con Dio sono le porte per trovare «beneficio e orientamento». E, sottolinea la comunità, «spesso ci chiediamo cosa ne sarà dell’umanità senza percorsi di autentica umanizzazione. Ma siamo fiduciose. Alla luce della fede e della speranza vediamo la possibilità di un ritorno più radicale alla vita cristiana e anche ad una vita buona, da parte di tanti anche non cristiani. Dio è fedele alle sue promesse, ma occorre che lo accogliamo davvero e gli corrispondiamo nell’amore, aiutando i fratelli e le sorelle in questo cammino positivo».

 

Quindi l’appello a chi ha responsabilità di guida ai vari livelli e nei vari ambiti, «a costruire una cultura di vita, di servizio, di fraternità universale e di pace, superando tutte le forme di prepotenza e di sopraffazione». Va ridato «appoggio, sotto ogni aspetto, compreso quello politico ed economico, alla famiglia. Ogni ritardo è tempo perduto. Inoltre, ci sembra che sia importante ridare dignità e credibilità alle istituzioni». Ma soprattutto «bisogna stare attenti alla fame di potere e denaro vera radice della corruzione. Serve un serio impegno per il popolo e la nazione», conclude suor Maria de Jesùs Reyes Ruiz. www.romasette.it



ANTONELLA GAETANI

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