Dressember, un abito per combattere lo sfruttamento e la tratta dei minori
Dressember è un’opportunità per riaffermare e riappropriarsi dell’abito come simbolo di libertà
di Domenico MarcellaDressember è un progetto “Born in the USA” sul quale è d’obbligo accendere un faro. Nato sulla Rete, il movimento garantisce supporto, risorse e speranza a chi è stato vittima di abusi. L’imperativo categorico di Dressember, infatti, è quello di arginare definitivamente la tratta degli Esseri umani. L’artefice di tutto è la statunitense Blythe Hill.
Se nel 2005, mettendo a disposizione l’ esperienza maturata nel mondo della moda, ha deciso che qualcosa bisognava fare per perorare la nobile causa, nel dicembre 2009, dalla fusione delle parole “dress” (abito) e “December”, dà il via a Dressember.
Con la determinazione tipica di chi vuol dare una robusta forma a un sogno – nonostante il tiepidissimo entusiasmo collettivo – Blythe Hill ha iniziato così a indossare ogni giorno un abito diverso, condividendo la sua scelta sul Web. Il gesto, se pur apparentemente frivolo, si è rivelato un pretesto efficace per sensibilizzare i più all’argomento. Per farlo al meglio, Blythe ha lanciato anche l’hashtag #YouCanDoAnythingInADress. Il successo non è tardato ad arrivare, così come i follower e i sostenitori.
«Dressember è un’opportunità per riaffermare e riappropriarsi dell’abito come simbolo di libertà e potere» – dice Blythe Hill –«Siamo tutti ben consapevoli che il vestito è la nostra uniforme, ma anche una bandiera da sventolare per la dignità di tutte le persone».
Fra tutte le campagne internazionali che operano per porre fine alla tratta dei minori e allo sfruttamento della prostituzione, oggi Dressember è considerato un vero e proprio punto di riferimento. Un esempio virtuoso di come anche un account Instagram, ingioiellato da un sovrannumero di follower, possa riservare una seconda possibilità, più dignitosa, a chi ha vissuto sul proprio corpo una delle esperienze più atroci.
Domenico Marcella
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