Francesco: promuoviamo la cultura del bambino e dell’adozione
di Barbara Castelli
“Il nostro Dio è il Dio delle sorprese” e per entrare nel “Regno dei cieli”, bisogna “in qualche modo tornare alla semplicità di un bambino e soprattutto alla capacità di sorprenderci”. Con questa riflessione Papa Francesco accoglie in Vaticano la famiglia dell’Istituto degli Innocenti di Firenze, una delle più antiche istituzioni italiane dedicate alla tutela dell’infanzia. Nel discorso pronunciato a braccio, consegnando quello previsto, il Pontefice rimarca l’urgenza di promuovere nel mondo una “cultura del bambino”, “una cultura della sorpresa nel vedere crescere”.
L’altra metà della medaglia spezzata
La realtà fiorentina, che conta già sei secoli di attività, deve le sue origini a un lascito testamentario del mercante pratese Francesco Datini, mentre la progettazione dell’opera porta la firma di Filippo Brunelleschi. In questo luogo di accoglienza e di amore comunitario, le mamme in difficoltà lasciavano i propri piccoli insieme con una medaglia spezzata a metà, con la speranza di potersi ricongiungere ai figli in tempi migliori. Papa Bergoglio riprende queste storie di fiducia nel futuro tracciando un parallelo con le tante storie di dolore che oggi popolano il mondo:
Oggi nel mondo ci sono tanti bambini che idealmente hanno la metà della medaglia. Sono soli. Le vittime delle guerre, le vittime delle migrazioni, i bambini non accompagnati, le vittime della fame. Bambini con metà medaglia. E chi ha l’altra metà? La Madre Chiesa. Noi abbiamo l’altra metà. Bisogna riflettere e far capire alla gente che noi siamo responsabili di quest’altra metà e aiutare a fare oggi un’altra “casa degli innocenti”, più mondiale, con l’atteggiamento dell’adozione.
Purtroppo, riconosce, sono tante le difficoltà disseminate entro quell’abbraccio tanto sospirato: la “burocrazia”, non di rado “la corruzione”:
Ma aiutatemi in questo: a seminare coscienza che noi abbiamo l’altra metà della medaglia di quel bambino. Tante, tante famiglie che non hanno figli e avrebbero sicuramente il desiderio di averne uno con l’adozione: andare avanti, creare una cultura di adozione perché i bambini abbandonati, soli, vittime di guerre e altro sono tanti; che la gente impari a guardare quella metà e dire: “Anch’io ne ho un’altra”. Vi chiedo di lavorare su questo.
Dare il meglio a chi non ha un futuro
Nel discorso consegnato, il Pontefice metteva a fuoco anche l’importanza di “offrire il meglio” ai “poveri, alle creature fragili, a chi vive nelle periferie”, nel solco dell’opera dell’Istituto degli Innocenti di Firenze, che all’attività di accoglienza residenziale ed educativa ha affiancato anche attività di ricerca e monitoraggio della condizione dell’infanzia. “Tra le persone più fragili di cui dobbiamo prenderci cura – si legge nel testo consegnato – ci sono sicuramente tanti bambini rifiutati, derubati della loro infanzia e del loro futuro; minori che affrontano viaggi disperati per fuggire dalla fame o dalla guerra. Bambini che non vedono la luce perché le loro mamme subiscono condizionamenti economici, sociali, culturali che le spingono a rinunciare a quel dono meraviglioso che è la nascita di un figlio. Quanto abbiamo bisogno di una cultura che riconosca il valore della vita, soprattutto di quella debole, minacciata, offesa, e anziché pensare di poterla mettere in disparte, di escluderla con muri e chiusure, si preoccupi di offrire cure e bellezza”. VATICAN NEWS
Barbara Castelli
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