Giornata mondiale dei migranti. Numeri e storie
Proviamo a fare il punto, numeri alla mano, della situazione migratoria mondiale
di Mario ScelzoIl 18 dicembre si celebra la Giornata mondiale dei migranti e dei rifugiati istituita dall’Onu nel 2000. La data coincide con l’adozione della Convenzione internazionale sui diritti di tutti i lavoratori migranti e dei membri delle loro famiglie avvenuta il 18 dicembre 1990. L'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (United Nations High Commissioner for Refugees - UNHCR), che ha sede a Ginevra ed è attualmente guidato dall’italiano Filippo Grandi, è l'agenzia ONU specializzata nella gestione dei rifugiati; fornisce loro protezione internazionale ed assistenza materiale, e persegue soluzioni durevoli per la loro drammatica condizione.
In occasione di questa giornata, proviamo a fare il punto, numeri alla mano, della situazione migratoria mondiale nel corso del 2018-19. Partiamo dal Belpaese, per poi allargare il campo all’Europa ed al mondo intero. Secondo i dati forniti dal Viminale, al 16 Dicembre 2019 sono sbarcati in Italia 11.097 migranti, circa la metà dei 23.126 del 2018 e numeri (anche se, fa sempre bene ricordarlo, parliamo di persone e non di dati statistici) davvero esigui rispetto ai 118 mila del 2017 ed ai 180 mila del 2016. Primissima considerazione, al contrario di quanto affermano alcuni organi di informazione e molti partiti politici, non esiste, numeri alla mano, alcuna emergenza migranti in Italia.
Numerose indagini hanno dimostrato che il cittadino medio, probabilmente a causa dell’enorme clamore mediatico, ha una percezione sbilanciata in eccesso del numero degli sbarchi sulle nostre coste. Il mutamento dello scenario internazionale ed i controversi accordi col “democratico” Governo Libico hanno, negli anni, notevolmente ridotto il numero degli sbarchi. Va inoltre aggiunto che la neo ministra dell’Interno, Luciana Lamorgese, a differenza dei suoi predecessori (gli accordi con la Libia di Minniti, i “porti chiusi” di Salvini), ha scelto di affrontare il fenomeno con maggiore sobrietà, equilibrio e ricerca del dialogo con i partner europei, togliendo il tema migranti dal cuore della contesa elettorale.
Proprio ieri l’Istat ha diffuso dei dati alquanto sorprendenti, che certificano quanto l’Italia stia tornando ad essere terra di emigrazione. Nel corso del 2018 ben 117mila italiani hanno spostato la loro residenza all’estero, numero che sale ad 816 mila se consideriamo gli ultimi 10 anni (per capirci, nel decennio precedente questa cifra ammontava a 428mila unità). Per usare un termine di paragone, è come se nel corso di 10 anni tutti gli abitanti dell’Umbria avessero deciso di lasciare l’Italia per cercare fortuna all’estero.
La regione da cui emigrano più italiani, in valore assoluto, è la Lombardia con un numero di cancellazioni anagrafiche per l'estero pari a 22 mila, seguono Veneto e Sicilia (entrambe oltre 11 mila), Lazio (10 mila) e Piemonte (9 mila). Nel 2018 il Regno Unito continua ad accogliere la maggioranza degli italiani emigrati all'estero (21 mila), seguono Germania (18 mila), Francia (circa 14 mila), Svizzera (quasi 10 mila) e Spagna (7 mila). In questi cinque paesi si concentra complessivamente il 60% degli espatri di concittadini. Tra i paesi extra-europei, le principali mete di destinazione sono Brasile, Stati Uniti, Australia e Canada (nel complesso 18 mila).
L'età media degli emigrati è di 33 anni per gli uomini e 30 per le donne. Un emigrato su cinque ha meno di 20 anni, due su tre hanno un'età compresa tra i 20 e i 49 anni mentre la quota di ultracinquantenni è pari al 13%. Considerando il livello di istruzione posseduto al momento della partenza, nel 2018 più della metà dei cittadini italiani che si sono trasferiti all'estero (53%) è in possesso di un titolo di studio medio-alto: si tratta di circa 33 mila diplomati e 29 mila laureati.
Siamo di fronte a dati importanti, per certi versi drammatici, che dovrebbero spingere tutta la nostra classe politica ad una riflessione sul “Sistema Italia”, incapace di concedere opportunità ai propri figli. Concentriamo ora la nostra attenzione sull’Europa. Una considerazione, gli sbarchi via mare sono quelli più facilmente monitorabili (ed anche quelli che creano più clamore mediatico), in realtà numeri ancor maggiori di persone si spostano o via terra, o comodamente in aereo, utilizzando il visto turistico per uno o due mesi e poi sottraendosi ai controlli.
Confrontando comunque i dati dei primi 11 mesi del 2019 con quelli del 2018, il numero degli sbarchi sulle coste europee è in calo, da 131 mila scendiamo a 112 mila, così distribuiti: 67 mila in Grecia (note sono le terribili condizioni di detenzione nel campo profughi di Moria, Lesbo, visitato nel 2016 da Papa Francesco), 30 mila in Spagna, 11 mila in Italia, 2.700 a Malta e 1.200 a Cipro.
Spostiamo ora la nostra attenzione sul grande scenario mondiale, analizzando i dati dell’UNHCR relativi al 2018. 70,8 milioni di persone in tutto il mondo, un numero senza precedenti, sono state costrette a fuggire dal proprio Paese. Di queste, circa 25,9 milioni sono rifugiati, più della metà dei quali di età inferiore ai 18 anni. Per esigenze di sintesi, mi limito a segnalare alcune evidenze statistiche:
- Circa l’80% dei rifugiati sono accolti in paesi che confinano con il proprio (i profughi siriani in Libano, per fare un esempio);
- All’interno delle 71 milioni di persone costrette a fuggire nel mondo, abbiamo 40 milioni di sfollati interni, 26 milioni di rifugiati e 3 milioni e mezzo di richiedenti asilo;
- Il 57% dei rifugiati sotto il mandato UNHCR viene da soli 3 paesi: 6.7 milioni dalla Siria; 2,7 milioni dall’Afghanistan; 2.3 milioni dal Sud Sudan. Appare evidente il nesso tra situazioni di guerra ed aumento del numero dei rifugiati.
Mario Scelzo
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