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Il Mondo ha bisogno di San Francesco

La sua conversione fa notizia in Assisi e da qui contagia uomini e donne

di Oreste Bazzichi

Nel XIII secolo si è prodotta una svolta decisiva nella storia del pensiero: un cambiamento di paradigma nella cultura occidentale, individuato sia nel ritorno dell’aristotelismo averroista, accolto da Tommaso d’Aquino (unità del sapere), sia dall’introduzione del volontarismo da parte di Giovanni Duns Scoto. Ne è derivata, nelle due principali Università di Parigi e di Oxford, la formazione di due grandi Scuole filosofiche e teologiche: quella aristotelica-averroista-tomista (domenicana) e quella platonica-agostiniana-francescana, con due paradigmi diversi, uno nello spazio dell’intelletto e della razionalità, l’altro in quello della libertà creativa e del primato del bene.

Il giovane Francesco d’Assisi, benestante e figlio di un grande e stimato mercante di stoffe, incontra in San Damiano il Crocifisso (1205), che, sconvolgendolo, lo invita a seguirlo e a vivere con semplicità il Vangelo.

La sua conversione fa notizia in Assisi e da qui contagia uomini e donne di ogni età e condizione, facendo breccia in tutto il mondo, segnando il corso della storia. Il suo bisogno di fraternitas e il suo desiderio del bonum commune lo spingono ad instaurare un profondo legame con la gente, con il territorio, con le comunità.

Ed i suoi frati, che incominciarono ad occupare le periferie delle città, stando in mezzo al popolo e condividendo con esso gioie e fatiche del vivere quotidiano, intuirono che con l’elemosina si poteva aiutare i poveri soltanto a sopravvivere, ma che per vivere bisognava produrre e vendere le merci, scambiandole sulla fiducia reciproca, sulla rarità, la qualità e la compiacenza del prodotto.
Così scoprirono le vere virtù della libertà creativa, del mercato, del lavoro e degli investimenti indirizzati allo sviluppo dell’economia reale; da qui la loro particolare attenzione per i problemi della povertà, della produzione e distribuzione della ricchezza. L’umanesimo francescano, trovandosi coinvolto in tutte le sfere che compongono la realtà sia divina che umana e, testimone della cosiddetta “rivoluzione mercantile”, oltre a diventare la “bussola” contro la cupiditas e l’usura (utile o interesse smisurato), si trasformò nel chiostro di un pensiero metodologico di etica sociale ed economica, che creò le condizioni per la formazione di una mentalità diffusa, in cui la concezione del mercato ha trovato un valido appoggio per gli sviluppi successivi.

In tale prospettiva, il pensiero teologico-sociale della Scuola francescana, oltre a contribuire alla formazione di un vocabolario economico, appare come la causa induttiva della nascita di istituzioni capitalistiche, quali la felice intuizione dei Monti di Pietà, prodromi delle odierne Casse di risparmio, del principio di sussidiarietà circolare e dell’organizzazione della cooperazione: una bella pagina di storia francescana.

Molti studiosi si sono chiesti come sia stato possibile che l’Ordine della Domina Paupertas sia stato quello che, più esplicitamente e compiutamente, si sia occupato di pensare e di argomentare sul tema della povertà e ricchezza, sulla mercatura, sulla moneta, sul prestito ad interesse, sul valore economico d’uso, sul giusto prezzo, ecc.

La ragione è semplice: l’impegno francescano era finalizzato a realizzare il bene comune, quindi non a rigettare l’economia, ma a viverla in un orizzonte della virtù sociale della sobrietà - come stile quotidiano di vita -, nella logica della sostenibilità, che papa Francesco nell’enciclica Laudato si’ declina con l’espressione ecologia integrale: ambientale, economica, sociale, culturale, della vita quotidiana, che protegge il bene comune e sa guardare al futuro (nn. 137-162).

Pochi sanno che san Francesco ha dato vita ad un tipo di ordinamento per il suo movimento non su struttura piramidale ma circolare. Difatti, egli pretese che nessuno dei suoi frati fosse superiore all’altro, compreso se stesso: «E nessuno sia chiamato priore, ma tutti siano chiamati semplicemente frati minori» (Regola non bollata, cap. VI).

Quindi è la fraternità che costituisce ad un tempo il completamento del rispetto, dell’accoglienza, dell’amabilità, della relazione, della gioia, della cortesia, della benevolenza, della tenerezza, della simpatia, dell’ottimismo, del dialogo, il complemento e superamento dello stesso principio di solidarietà.

Infatti, mentre la solidarietà è il cardine dell’organizzazione sociale che mira all’uguaglianza, all’uniformità e omogeneità, la fraternità consente a persone che sono uguali nella loro dignità e nei loro diritti fondamentali di esprimere le proprie diversità e differenze, mettendo a disposizione diversamente i loro talenti e carismi. Oggi, invece, assistiamo a nuove forme di “asservimento e manipolazione”, che riducono l’uomo a solo dato statistico.

Francesco, radicalmente affrancato da ogni faccenda terrena, accumulatrice e consumistica, scoprì l’intera creazione come dono divino all’uomo. Così tutto l’universo diventa un meraviglioso orizzonte di presenze gratuite, che bisogna saper vedere, scoprire e celebrare. Per lui la creazione, oltre ad essere oggetto di lode e gloria di Dio, è solidarietà e condivisione con i poveri come principio sociale od opera di restituzione, a motivo che i beni appartengono a tutti. Alla società di oggi e di domani Francesco offre una cultura ed una visione di ringraziamento, di empatia, di accoglienza e di amabilità, sentieri necessari per un’utopia del vivere quotidiano; in altre parole, la riscoperta della gratuità, che fa la gioia di chi la compie e chi la riceve.

Viviamo in una civiltà contrassegnata da un continuo produrre, in cui si può comprare o vendere quasi tutto: lavoro, merci, alimenti, vestiti, spettacoli, viaggi, cittadinanza, perfino persone. La nostra è una società in cui tutto si trasforma in merce, in essa non c’è posto per la gratuità, anche perché ciò che è gratuito è stimato e contabilizzato o non è di nessun valore.

Ovviamente quando tutto nella vita ha un costo, sfumano le cose supreme: Dio, la vita, i campi, i mari, le montagne, il sole, la luna, le stelle, i fiori, la notte, il giorno, il tramonto; tutte realtà meravigliose e gratuite, ma non facili da scoprire e da contemplare da parte di chi ha uno spirito mercantile, egoista e possessivo. La proposta francescana tiene insieme quello che oggi tutti sembrano avere scoperto - lo “sviluppo sostenibile” - con l’economia del dono, la custodia e la bellezza dell’intero creato.

In questo nuovo universo c’è bisogno di amore, di gratuità e di fraternità, “categorie che danno all’essere vivente somiglianza con Dio”, direbbe Giovanni Duns Scoto. Nell’universo dello spirito di Francesco, infatti, non esiste la dialettica amico-nemico o amicoavversario o rivale (emblematico a questo riguardo è lo storico incontro tra Francesco e il saggio e dotto Sultano di Egitto al-Malik al-Kamil a Damietta nel settembre 1219), ma semplicemente la categoria evangelica di fratello e sorella, unica forma socialmente desiderabile ed esistenzialmente necessaria per giungere a una vera e credibile convivenza e pace mondiale.

Egli scrive lettere a tutti i fedeli, a tutti i chierici, a tutti i potenti e governanti della terra. A tutti raccomanda il bene sociale più importante: la fraternità. Nell’ultimo capitolo della Regola non bollata c’è un testo essenziale nel quale mette sullo stesso piano tutti i gruppi del suo tempo senza preoccuparsi se siano socialmente privilegiati o esclusi, favoriti o sfavoriti nella scala sociale. A Francesco sta a cuore l’uomo concreto al di sopra della classificazione sociale e delle connotazioni convenzionali.

Da qualche decennio sottostiamo ad un grave vulnus, rappresentato dalla distruzione dell’economia reale a vantaggio di quella finanziaria, introdotto dalle politiche neoliberiste, che si sono irrobustite dopo il fallimento dei sistemi politico-sociali collettivisti. Purtroppo un tale modello spinge il sistema finanziario internazionale verso investimenti speculativi e non verso l’industria manifatturiera e il settore terziario.

Il risultato è che il sistema bancario sarà sempre più debole soprattutto in Italia, che ha un tessuto produttivo di piccole e medie imprese, per lo più familiari. Piuttosto che elaborare rapporti, sarebbe più logico dire chiaramente che occorre abbandonare quel metodo e correggere quel modello perché porta tutti al disastro. Il fatto che questo vulnus sia avvenuto lentamente ha creato una certa assuefazione e apatia distruttiva.

Ecco perché nell’era della globalizzazione, per evitare che essa si traduca in scontro di civiltà, si rende fortemente attuale il pensiero francescano per il nostro presente e futuro.

Quello che Benedetto da Norcia (nell’immagine a fianco) e Francesco d’Assisi hanno fatto per evitare il declino spirituale, morale, culturale e sociale è stato di svegliare la società dal torpore di una staticità, senza prospettive, nella quale era caduta, insegnando e praticando un’idea rivoluzionaria: la riscoperta dei valori, dentro i quali nasce il rapporto etico consolidato tra mercato, impresa, territorio e comunità.

Questa è la vera e sana economia di mercato, che è durata un tempo limitato, fino all’avvento dell’utilitarismo, che ha spostato il tiro sull’egoismo. L’attuale modello di sviluppo, di per sé, quindi, non è cattivo e negativo per natura. Ma ha bisogno di una fondamentale revisione che ne corregga distorsioni e disfunzioni. L’economia e la finanza sono strumenti mal utilizzati dagli uomini.

Per questo, all’interno dei rapporti mercantili e della prassi economica, occorre iniettare non soltanto i tradizionali principi dell’etica sociale (onestà, trasparenza, fiducia, responsabilità), ma anche i principi del paradigma francescano: fraternità, gratuità, relazione e logica del dono. SAN BONAVENTURA INFORMA



Oreste Bazzichi

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