Il nostro Muro di Berlino, un racconto dei pazienti psichiatrici di Potenza
Un articolo scritto a più mani dai pazienti della residenza psichiatrica riabilitativa Casa Vallina di Calvera
di Roberto Rotondo“Il nostro Muro di Berlino”. Titola così l’articolo scritto a più mani dai pazienti della residenza psichiatrica riabilitativa Casa Vallina di Calvera, in provincia di Potenza, dedicato al trentennale della caduta del muro che per decenni è stato il simbolo del Mondo diviso in due blocchi contrapposti. Un articolo “sui generis”, che raccoglie soprattutto riflessioni su quei muri che determinano la vita di persone troppe volte escluse dalla società, solo perché malate.
L’articolo è stato scritto per il Giornale dell’uomo libero, il periodico dedicato alle notizie di attualità, che gli ospiti di Casa Vallina realizzano con l’aiuto degli educatori e che non si trova online o in edicola, ma solo affisso nella bacheca di questa casa famiglia, che la cooperativa Auxilium aprì venti anni fa a Calvera, piccolo paese della provincia di Potenza, per accogliere i pazienti psichiatrici che venivano dimessi dall’ospedale Don Uva grazie alla legge Basaglia.
“Il Giornale dell’uomo libero, è uno dei tanti laboratori ideati per aiutare i pazienti psichiatrici ad aprirsi con fiducia al Mondo e agli altri”, spiega Pietro Chiorazzo, presidente della Cooperativa Auxilium: “Quello che emerge dalle loro ‘riunioni di redazione’, che si svolgono una volta a settimana intorno al grande tavolo del salone di Casa Vallina, è un tesoro di sensibilità, umanità, empatia, desideri positivi. Nel corso delle riunioni, dopo la lettura della notizia che più li ha colpiti, ognuno dei pazienti contribuisce al dialogo esprimendo il proprio pensiero, che poi scriverà sul computer e, grazie all’aiuto degli operatori, sarà poi impaginato per il nuovo numero del loro giornale”.
Anche il 9 di novembre scorso la più loquace è stata Lucia, 44 anni, da sei a Casa Vallina, che ha definito il muro di Berlino “Un mostro gigante, perché ha diviso un Paese”. E ha aggiunto: “Ciò che mi è rimasto impresso sono i tantissimi uomini, donne e bambini che pur di rivedere le persone care hanno perso la vita cercando di passare dall’altra parte”.
Rocco, invece, è un appassionato di musica rock, ha 42 anni ed è a Casa Vallina da sei mesi. Lui ricorda così il crollo del Muro: “I Pink Floyd hanno fatto un concerto e mentre loro cantavano il muro crollava. Così la sofferenza che c’era prima è diventata pace e le persone hanno iniziato a parlare tra loro. Il muro a Berlino cadde allora, ma oggi è come se ci fosse ancora in tante parti del Mondo, per le cose brutte che accadono”.
“Conoscevo già la storia del Muro di Berlino” ha detto Prospero, 46 anni. E ha spiegato cosa significa per lui il muro che dipinge nei suoi quadri - una vera vocazione artistica la sua - e che divide sempre il buio della condizione esistenziale del malato, dalla luce intensa della mano amorevole che lo trae in salvo: “Il muro significa una sofferenza che ti fa mancare l’aria. Così succedeva tra le persone che volevano oltrepassarlo e saltarlo. Il muro significa ostacolo e anche io li ho vissuti”. Un quadro di Prospero è stato autografato da Papa Francesco, il 1 agosto del 2018, quando il Pontefice ha incontrato in udienza i pazienti psichiatrici di Auxilium, per ricordare i quaranta anni della Legge Basaglia. Da allora il quadro fa bella mostra di sé a Casa Vallina. I desideri di queste persone sono quelli di ogni essere umano: sentirsi amati, far parte di una famiglia, vivere amicizie, scoprire cose nuove. Un muro può escluderli, ma può anche delimitare il luogo dove ci si sente a casa.
Come racconta sempre Rocco: “Spesso i muri ci sono anche tra amici e parenti e me li creo anche io quando mi sento solo. A volte però i muri aiutano, perché penso a quelli della mia casa, che mi hanno visto crescere e che hanno contenuto una famiglia unita; per me in questo caso un muro è libertà, perché è la mia casa”. É così anche per Lucia: “Qui in Casa Vallina mi sento protetta, ma il muro si alza quando sono fuori a contatto con le persone. Il muro lo alza la società, ma lo facciamo anche noi per nasconderci. Il muro si abbatte avendo il coraggio di instaurare un dialogo, che fa superare i problemi e fa sperare di ricominciare”.
Un altro ospite della casa, sempre pronto a dare la sua opinione, è Giovanni: “Non l’ho vissuto di persona perché non ero in Germania, ma Papa Giovanni Paolo II predicava contro questo muro ed alla fine ci riuscì: parlò ai cuori dei tedeschi che decisero di distruggerlo. Anche io ho vissuto un muro tra me e i miei fratelli e nella mia vita ne ho alzati tanti”.
Antonio, con i suoi 67 anni, è il più anziano della casa e utilizza un’immagine molto in voga in questi anni: “Nella mia vita ci sono stati parecchi ostacoli, provo ancora oggi a superarli, li vorrei abbattere ma ci vuole una ruspa!”. Alla fine interviene Biagio, 62 anni, che vive da dieci a Casa Vallina e possiede tutta la concretezza e la praticità del mondo rurale lucano: “Il Muro di Berlino è caduto perché forse non era stato fatto bene”.
La sua è una battuta, certo, ma è anche l’intuizione di una persona semplice, che comprende che non siamo fatti per costruire muri che dividono e per questo, prima o poi, sono destinati a crollare.
Roberto Rotondo
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