In spiaggia, o in montagna, con i “classici” della Spiritualità
Ecco i libri da sfogliare, da portare con sé per far respirare la nostra mente e il nostro cuore
di Antonio TaralloCaldo, un po’ di afa, quanto basta. E, allora, si cerca rifugio e refrigerio in qualche posto di montagna, o forse, vicino al mare. Coda di agosto, ultimi giorni di vacanza, prima di ributtarsi del bailamme del lavoro, degli orari fissati, insomma, del tran tran della vita quotidiana.
Ancora qualche giorno, per assaporare la libertà del “faccio quello che voglio”: due settimane, in fondo, non sono poche. E allora, cosa fare, oltre a essere spiaggiati a prendere il sole, o contemplare vette montuose? Una lettura un po’ più impegnata, non fa male, certamente. E se queste letture parlano al nostro spirito ancor meglio. Facciamo un viaggio, allora, da seduti fra queste pagine di spiritualità immortale.
Vediamo un po’, a mo’ di hit parade, possibili libri da consultare, da sfogliare, da portare con sé per far respirare “a pieni polmoni” la nostra mente, il nostro cuore…e, magari, la nostra anima. Il numero di posizione non è dato da nessuna statistica legata alle vendite, né all’importanza, ci teniamo a precisare. Un ordine sparso, sia chiaro, senza nessuna pretesa di importanza di quel volume rispetto ad un altro. Affascinante, profondamente umano, e – al contempo –così rivolto al Cielo, rimangono, senza dubbio, “Le Confessioni” di Sant’Agostino. Oltre ad essere un bel dialogo tra Sant’Agostino e Dio, questa autobiografia dimostra che anche i santi sono stati peccatori. Tra le sue righe molti di possono trovare riflesse le proprie storie, le proprie cadute, le proprie speranze. Le Confessioni, scritte dal 397 fino al 400 (anche se a riguardo ci sono state numerose dispute), sono un’opera divisa in 13 libri, nella quale Agostino ha voluto porre davanti a Dio e a noi tutti il ricordo della sua anima e, con una profonda umiltà, manifestare il suo vecchio e nuovo “io”.
L’uomo vecchio e l’uomo nuovo, sono presenti in questo mirabile libro che – con un po’ di volontà – si legge tutto d’un fiato: con due giorni di spiaggia, è bello che finito. Ciascuno può ritrovarsi nella famosa frase: “Tardi ti ho amato, bellezza così antica e così nuova, tardi ti ho amato. Tu eri dentro di me, e io fuori. E là ti cercavo. Deforme, mi gettavo sulle belle forme delle tue creature. Tu eri con me, ma io non ero con te. Mi tenevano lontano da te quelle creature che non esisterebbero se non esistessero in te. Mi hai chiamato, e il tuo grido ha squarciato la mia sordità. Hai mandato un baleno, e il tuo splendore ha dissipato la mia cecità. Hai effuso il tuo profumo; l’ho aspirato e ora anelo a te. Ti ho gustato, e ora ho fame e sete di te. Mi hai toccato, e ora ardo dal desiderio della tua pace”.
Assai più complessa, “La notte oscura” di San Giovanni della Croce, non c’è dubbio. Bellissimo testo – tra prosa e poesia – che lascia domande a ogni lettore, una volta chiuso il libro. Sicuramente, in questo caso, i giorni per completarlo non possono essere pochi, come per le Confessioni. Perché? Una scrittura teologica, profonda e alta…complica un po’ la cosa. “In una notte oscura, con ansie, dal mio amor tutta infiammata, oh, sorte fortunata!, uscii, né fui notata, stando la mia casa al sonno abbandonata. Al buio e più sicura, per la segreta scala, travestita, oh, sorte fortunata!, al buio e ben celata, stando la mia casa al sonno abbandonata”. Questo il famoso incipit del libro del santo carmelitano spagnolo.
“Notte oscura” è sintesi di un'esperienza esistenziale lunga e sconcertante di contrasti dolorosi e allo stesso tempo fecondi: luce e tenebra, assenza e presenza di Dio, morte e vita nuova. Con questa mescolanza confusa di esperienze vissute, San Giovanni della Croce crea un simbolo, frutto maturo della sua originalità umana, mistica e poetica. Le dà il nome misterioso di notte oscura. Lo sviluppa in una breve poesia di otto strofe, che poi commenta parzialmente in un libretto di poco più di cento pagine. Lo stesso nome o titolo vale per tre realtà: simbolo, poesia, libro. Questa opera profonda, breve e incompiuta si dimostra veramente inesauribile nella sua costante novità e nelle sue innumerevoli applicazioni.
E, arriviamo, così, a un colosso della Fede. O meglio, del “combattimento” imperituro con la stessa vita, fatta di scelte, di divisioni interiori, di quella continua tensione verso l’Eterno. Parliamo dei famosi “Esercizi spirituali” di Sant’Ignazio di Loyola, il santo fondatore dell’Ordine dei Gesuiti. E – non possiamo negarlo – in questo caso la lettura divine un po’ complicata. Ma perché non accogliere la sfida? E’ lo stesso santo a fornirci una esauriente sintesi di cosa voglia parlarci il libro: “Con Esercizi spirituali si intende ogni modo di esaminare la coscienza, meditare, contemplare, pregare vocalmente e mentalmente e altre operazioni spirituali. Come, infatti, il camminare e il correre sono esercizi corporali, così si chiamano esercizi spirituali tutti i modi di disporre l'anima a liberarsi di tutti gli affetti disordinati e, una volta eliminati, a cercare e trovare la volontà divina nell'organizzazione della propria vita per la salvezza dell'anima”.
Elaborato dal fondatore tra il 1522 (durante il suo soggiorno a Manresa) e il 1535 (a Parigi), il libro è uno scrigno di spiritualità, e di vita. Un buon vento di montagna, o una brezza marina, molto probabilmente, possono portare – dopo la sua lettura – domande e riflessioni sul proprio modo di approcciarsi alla Fede, alla Vita. Un “classico” che non può mancare in valigia, e – ovviamente – nella propria libreria. E concludiamo questa particolare lista, con un libro non tanto conosciuto, ma che è rappresenta una piccola perla del mondo bibliografico cattolico: “Alle fonti della gioia” di San Francesco di Sales. Serenità, ottimismo, genuinità: sono queste, le caratteristiche di Francesco di Sales, della sua spiritualità semplice e raffinata. Il suo insegnamento, che non aveva nulla di cattedratico ma estremamente lineare, facile e profondamente umano, è sorprendente come possa calarsi – pienamente – nella quotidianità del nostro tempo. Dalla viva voce di San Francesco, che parla attraverso le sue lettere, si delinea il ritratto di un santo inaspettatamente moderno. Fare la volontà di Dio, compiere il proprio dovere, essere umili, semplici.
Per San Francesco di Sales, tutto ciò, contribuisce non solo a migliorare il rapporto con se stessi, ma anche a rinnovare ogni giorno la scelta di essere fedeli a Dio, così da distribuire agli altri la luce della gioia e della pace. Francesco di Sales non ammette che si possa essere tristi. L’autore, si chiede: qual è la sorgente della gioia vera, quella che rimane e non passa? “Chi ha Dio come oggetto delle sue intenzioni e fa ciò che può, perché dovrebbe tormentarsi? Perché agitarsi? Che cosa ha da temere? No, no, Dio non è così terribile con quelli che ama; si contenta di poco, perché sa bene che non abbiamo molto”.
Antonio Tarallo
Commenti dei lettori
NON CI SONO COMMENTI PER QUESTO ARTICOLO
Lascia tu il primo commento
Lascia il tuo commento
la cripta
di San Francesco
Rivista
San Francesco