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La giornata mondiale. Luci blu per l'autismo. Le associazioni: l'inclusione è lontana

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Bene i palazzi delle istituzioni colorati di blu, come è successo la scorsa notte al Senato e alla Camera ma anche in tanti capoluoghi di provincia, ma meglio ancora sarebbero politiche di inclusione e di sostegno alle famiglie. Questo chiedono le associazioni che si occupano di autismo, in occasione della Giornata mondiale di consapevolezza su questo disturbo, promossa dalle Nazioni Unite, che si celebra oggi.

 

La «disabilità invisibile», come la definisce il presidente dell’Anffas, Roberto Speziale, colpisce circa 600mila persone in tutta Italia e un bambino ogni 77 nella fascia d’età tra i 7 e i 9 anni. Nel mondo, si stima che le persone con disturbi dello spettro autistico siano oltre 60 milioni, pari a un bambino ogni 56 nati.

 

Tra i tantissimi problemi che queste persone e le loro famiglie devono affrontare, ci sono gli elevati costi delle terapie, segnala l’Istituto Serafico di Assisi, in prima linea nella promozione di progetti di assistenza e inclusione. Una stima indica tra i mille e i duemila euro al mese, la spesa mensile a carico dei genitori per l’assistenza dei figli autistici, tanto che dalla stessa Società italiana di neuropsichiatria dell’infanzia e dell’adolescenza (Sinpia), arriva l’appello per maggiori investimenti. «L’inclusione non può limitarsi alla scuola – dice Maria Nicoletta Aliberti, neuropsichiatra infantile del gruppo Ini-Istituto neurotraumatologico italiano – ma deve toccare tutti i contesti di vita, da quello ludico ricreativo a quello sportivo, per una partecipazione che favorisca il diritto alla normalità». Messaggio lanciato anche da un ragazzino autistico di 13 anni di Lecce e arrivato direttamente sul tavolo del presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, che ora lo vuole incontrare insieme ai genitori. «Non siamo bambini di serie B», ha scritto l’adolescente nella lettera che il premier pubblicherà questa mattina sul proprio profilo Facebook e alla quale risponderà pubblicamente.

 

A «ripartire dalla scuola» per favorire l’inclusione, invita anche Gianmario Gazzi, presidente del Consiglio nazionale dell’Ordine degli assistenti sociali, che rilancia l’urgenza di «individuare al più presto i sintomi e i segnali». «Il primo luogo dell’inclusione sociale è la scuola – ricorda Gazzi – ed è proprio a partire da essa che è necessario lavorare con il massimo impegno per evitare che l’esclusione e l’isolamento mettano radici via via sempre più profonde e robuste fino a diventare inevitabile e totalizzante».

 

Una deriva da scongiurare anche «incalzando il governo» su tre «punti chiave», rilancia la senatrice Udc, Paola Binetti, che è stata relatrice della legge sull'autismo, la 134 del 2015, «che non si è ancora trasformata in uno strumento concreto per migliorare la qualità di vita dei soggetti con autismo», sottolinea la parlamentare centrista. «Innanzitutto – ribadisce Binetti – è necessario approvare nuove Linee guida, che dovrebbero occupare uno spazio inesplorato dalle precedenti, quello degli adolescenti e dei giovani adulti. Poco si è fatto anche sul piano della ricerca – sottolinea l’esperta – che non può esaurirsi negli aspetti genetici, ma deve abbracciare anche tutte le dinamiche di inserimento a scuola, nei laboratori protetti, e dove possibile nel mondo del lavoro.

 

Un terzo punto essenziale riguarda la formazione di tutti quegli interlocutori, dai genitori ai docenti, dagli psicologi ai terapisti, che con i bambini prima e i ragazzi successivamente, sono a contatto ogni giorno. È urgente passare da un approccio assistenziale, in cui i livelli di autonomia richiesti sono solo o soprattutto quelli fondamenta-li, a un approccio più flessibile e creativo che consenta a queste persone di esprimere tutte le loro potenzialità».


Paolo Ferrario, Avvenire 




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