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Lampedusa, messa in Vaticano del Papa per i migranti morti in mare

Francesco celebrerà l’8 luglio il 6°anniversario del suo viaggio nell’isola con 250 rifugiati e i loro soccorritori

Era Papa da poco meno di quattro mesi quando, l’8 luglio del 2013, sconvolto dalle morti in mare provocate dai naufragi, Jorge Mario Bergoglio aveva annunciato di volersi recare a Lampedusa. Lì, nell’isola maggiore delle Pelagie, il Pontefice, stringendo in mano un pastorale realizzato con il legno di uno dei barconi, aveva denunciato forse per la prima volta «la globalizzazione dell’indifferenza» da parte di una società che ha dimenticato l’esperienza di piangere.

Nel Mediterraneo, quello che in più occasioni ha definito «un cimitero a cielo aperto», Francesco aveva poi lanciato una corona di fiori come gesto di commemorazione degli uomini, delle donne e dei bambini scomparsi nel fondo delle acque. Adesso, a sei anni da quel primo viaggio in Italia, il Papa non spegne quella memoria e nella Basilica vaticana, il prossimo lunedì 8 luglio, alle 11, celebrerà una messa per «quanti hanno perso la vita per sfuggire alla guerra e alla miseria».

Lo ha annunciato il direttore ad interim della Sala Stampa vaticana, Alessandro Gisotti, spiegando che alla celebrazione prenderanno parte circa 250 persone tra rifugiati e coloro che si sono impegnati per salvare la loro vita. Saranno solo quelli inviati dalla Sezione “Migranti e Rifugiati” del Dicastero per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale, guidata dallo stesso Pontefice, alla quale è stata affidata la cura dell’evento.

La messa sarà trasmessa in diretta da Vatican Media, ma in Basilica non è prevista una presenza della stampa per volontà del Papa che - spiega Gisotti - «desidera che il momento sia il più possibile raccolto». Un modo per evitare la spettacolarizzazione di un dramma, forse uno dei peggiori degli ultimi anni, e anche «per incoraggiare coloro che, ogni giorno, si prodigano per sostenere, accompagnare e accogliere i migranti e i rifugiati».

Già lo scorso anno Francesco aveva celebrato la stessa messa in San Pietro, ma quest’anno la funzione assume diversi connotati nei giorni di fuoco in cui gli occhi di tutto il mondo sono puntati proprio su Lampedusa per la vicenda Sea Watch 3. Ovvero la nave della Ong tedesca attraccata nella notte tra venerdì e sabato al porto dell’isola su decisione della giovane comandante Carola Rackete che, pur di mettere in salvo i 42 migranti per sedici giorni in mare aperto in condizioni di disagio, ha deciso di infrangere ogni divieto imposto dalla politica dei «porti chiusi» del ministro dell’Interno, Matteo Salvini.

Carola, arrestata appena scesa dalla nave e ricoperta di vergognosi insulti dal vivo e sul web, si trova ora agli arresti domiciliari. Oggi pomeriggio, ad Agrigento, si svolgerà l’interrogatorio nel corso dell’udienza di convalida del suo arresto. La vicenda - come ormai prassi in tutte le questioni riguardanti il fenomeno migratorio - ha spaccato in due l’opinione pubblica tra chi osanna il coraggio della comandante e chi invece afferma che chi infrange la legge deve pagare.

Dal Vaticano non è giunta alcuna dichiarazione ufficiale in merito; rimangono solo le parole del cardinale Segretario di Stato, Pietro Parolin, che a margine di un evento a Potenza nei giorni scorsi, diceva con estrema chiarezza: «Io credo che la vita umana va salvata in qualsiasi maniera. Quindi quella deve essere la stella polare che ci guida, poi tutto il resto è secondario».

Salvatore Cernuzio - Vatican Insider



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