Madeleine Delbrêl, la “mistica delle periferie”
di Elisabetta Salvatori
Ottobre, con i suoi colori languidi e il profumo di mosto, è il mese più legato alla vita di Madeleine Delbrêl che nasce il 24 ottobre 1904, in Francia, a Mussidan da dove a 29 anni, il 15 ottobre, si trasferirà a Ivry e lì morirà 30 anni dopo, il 13 ottobre. Ottobre è dunque il mese più adatto per raccontare di lei. Madeleine è stata poetessa, assistente sociale e mistica.
Poetessa lo diventa grazie al padre, lui, che avrebbe voluto essere poeta e invece era ferroviere, trasmette alla figlia la sua grande passione per la scrittura e l’alimenta. Di essere assistente sociale lo sceglie quando intuisce che il luogo più adatto per vivere la sua vocazione sono le strade e allora vuole essere preparata per aiutare chi ha bisogno.
Mistica forse lo era sempre stata, fin da bambina quando guardava il mondo con meraviglia, poi crescendo la vita la deluse, la ferì, allora pensò che Dio fosse un’illusione, ma proprio allora Lui si fece sentire e da quel momento Madeleine vide tutto quello che aveva intorno, la quotidianità, i volti, le strade, in un modo nuovo, avvolti da un mistero che supera i ragionamenti.
Madeleine è tenace, vibrante, ardente, allegra, una fiammella che passa e riscalda. Non c’era mai stato niente di tiepido nel suo carattere, neanche quando ancora non immaginava il suo destino. Era figlia unica di un ferroviere inquieto, e di una madre mite e benestante.
Una famiglia con poca fede, dove i genitori non vanno d’accordo, e dove tutto gira intorno a Madeleine, è lei il loro capolavoro, vivono per quella bambina e riversano su di lei amore e grandi aspettative. Spesso è difficile essere all’altezza dei sogni che i genitori hanno su di noi, sono un fardello che grava, per lei no, è stimolata dalle loro ambizioni, come un gioco a vincere, ad arrivare prima.
Madeleine non frequenta la scuola pubblica, sia perché il lavoro del padre costringe la famiglia a trasferirsi spesso da un paese all’altro, ma anche perché preferiscono istruirla privatamente, in modo libero. Avrà un’istruzione solida. Le fanno prendere lezioni di musica e di disegno, è interessata a tutto. È vivace, fa amicizia con facilità, sta fuori da sola, i suoi le danno molta più liberà di quella che hanno gli altri bimbi, hanno fiducia, lei s’accorge di questo privilegio e impara ad essere indipendente.
L’infanzia di Madeleine è felice nonostante le liti dei genitori. Ha già deciso che da grande farà la scrittrice, le piace giocare con le parole, ha sempre la penna in mano e annota quello che la colpisce. A otto anni si prepara per la prima comunione, lo fa con serietà, come fa ogni cosa e quel giorno sul quaderno scrive: “Da grande convertirò le persone”.
Invece, di lì a poco, perderà la fede. Inizia la guerra che le porta via l’infanzia e la meraviglia che aveva per il mondo. Vede disperazione, morte, la vita che non conta nulla, e s’accorge che è stata un’ingenua illusione credere in Dio, ora è certa che non esiste, è morto. Durante la guerra, Madelein con la famiglia, si trasferisce a Parigi. La città è protetta dai bombardamenti, il padre è capo delle stazioni parigine. Ormai è un’adolescente, vorrebbe tutta la vita possibile, invece si sente solo inquietudine e tristezza, è critica, dura, severa, tagliente. Si rifugia nella scrittura e nell’arte. Parigi pulsa di fermenti artistici. L’arte è l’unica cosa in cui crede ancora, è convinta che solo gli artisti siano puri, loro trasformano la disperazione in bellezza.
Il padre la porta nei salotti letterari, è l’unica ragazzina tra intellettuali che parlano di letteratura e filosofia, ma quando deve dire qualcosa prende la parola ed espone i suoi punti di vista, suscitando ammirazione. È un posto nel quale Madeleine si trova a suo agio, si sente capita. È sempre vestita alla moda, ha cominciato a fumare, ha la spavalderia di chi è sicuro di sé.
In uno di questi salotti conoscerà Jean Maydieu, un bel ragazzo, simpatico, profondo, impegnato politicamente e credente. Cominciano a uscire insieme. Vanno in barca, vanno a ballare, parlano di tante cose, parlano molto anche di Dio, Jean è convinto che sia lì vicino a loro. Le sembra strano che un uomo intelligente e colto creda in Dio, ma va bene lo stesso, è innamorata, è felice. Jean le cambierà la vita, non corteggiandola per un’estate ma entrando in convento per diventare monaco.
Senza prepararla, senza dirle niente, neppure un saluto, all’improvviso non lo vedrà più. A Madeleine precipita il mondo addosso. È arrabbiata, è offesa, incredula, sta malissimo. Scrive al convento, ma non ha risposta, lei che ha sempre chiesto il perché delle cose, non riceve spiegazione. Non riesce neanche a parlare piange, balbetta. Durerà a lungo questa disperazione, poi arrivò Dio. Non si sa cosa accadde, Madeleine non ha voluto parlarne, forse un’esperienza interiore, forse vide qualcosa, comunque capì che si trattava di Dio e che Jean, andandosene, l’accompagnava verso un destino di gioia.
Da quel momento Madeleine torna ad avere lo sguardo pieno di meraviglia che aveva da bambina, non c’è traccia di rabbia, di risentimento, solo gratitudine per Jean, per la vita, per il suo Dio infinitamente tenero e provvidente. Ora è pronta ad andare verso la sua strada, che non sarà in convento, sarà proprio la strada, le vie dei paesi, i luoghi di ogni giorno, anonimi e pieni di mistero. Lì, dove cammina l’umanità, dove inciampa e fa fatica ad andare avanti, Madeleine ha il compito di portare sollievo e le buone notizie di Dio.
Sceglierà le periferie e le scale della metropolitana, i sobborghi più poveri diventeranno le sue chiese. Con due amiche, che condividono il suo stesso desiderio, si trasferisce a Ivry, quartiere industrializzato di Parigi e capitale politica del Partito Comunista francese. Un paese diviso tra marxisti e cattolici, dove la vita è durissima, c’è degrado, la gente è sfruttata, mal pagata e spesso si rifugia nell’alcool. Vivrà qui per trent’anni, fino all’ultimo giorno, sotto il cielo grigio di Ivry puzzolente di nafta.
Scelgono di abitare in una casa qualunque, di avere solo l’essenziale, di dividere tutto, di farsi carico degli altri, di non sposarsi e di affidarsi alla provvidenza del Signore. Non fonda una famiglia religiosa, è una realtà libera e approvata dalla Chiesa. Giorno dopo giorno cerca di far scoprire quanto è straordinaria la vita, quanto Dio cammina con noi, fianco a fianco, negli angoli più nascosti, nelle stamberghe, quanta sacralità c’è nei visi della gente.
Tutto quello che fa: i gesti di tenerezza, la compagnia a un’inferma, il tempo dedicato ad ascoltare, la sigaretta fumata con un amico, tutto è preghiera. Lavorerà nei servizi sociali del Comune, collaborerà con i militanti del partito, senza timore, con rispetto e diventeranno amici. Per trent’anni non si fermerà mai, quella che era stata una ragazzina sofisticata e severa, diventa una donna capace di prendersi in giro, che dà valore all’umorismo e che scrive un trattato sulla necessità della tenerezza.
Per trent’anni anni parlerà di Dio sotto il cielo grigio di Ivry, come sotto la volta di una cattedrale, luminosa e vibrante come la fiamma delle candele che accendiamo in chiesa quando ci raccomandiamo a Lui. Grazie piccola Madeleine. SAN BONAVENTURA INFORMA
Elisabetta Salvatori
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