Mons. Mogavero: dialogo con Salvini difficile
Nel Vangelo si parla di accoglienza, non di respingere i migranti
Ruini: doveroso che la Chiesa dialoghi con Salvini
Monsignor Mogavero, il cardinale Camillo Ruini, sul «Corriere» invita a dialogare con Matteo Salvini. Lei che è stato con lui alla Cei e che da vescovo di Mazara ha criticato le posizioni contro gli sbarchi, cosa ne pensa?
«Non credo sia facile dialogare con lui». Non lo incontrerebbe?
«Lo incontrerei volentieri. Figurarsi, volevo incontrare Gheddafi, lui è meno impegnativo. Ma con lui si può al massimo parlare. Non credo lasci aperti margini di confronto ».
In che senso?
«O sei con lui o contro». E con lui non c’è anche il popolo cattolico? «Non penso che il popolo di Salvini sia il popolo cattolico. Anche se è fatto di cattolici ».
Che differenza c’è?
«Si professa tale, ma non lo è. Sia per il rapporto con i migranti, sia nel dialogo con le altre religioni. Non basta brandire rosari e croci per definirsi cattolici».
Salvini lo fa. Non può essere, come dice Ruini, una «maniera sia pure poco felice di affermare il ruolo della fede nello spazio pubblico»?
«Credo che la sua sia piuttosto una scelta strategica. Fatta a tavolino. Per portare avanti la sua ideologia che non è che sia tanto in linea... ».
Con la Chiesa?
«Con il Vangelo che parla di accoglienza e di porte aperte ».
Salvini dice di portarlo in tasca. Non ci crede?
«Vorrei sapere quale Vangelo usa. Dove trova scritto “rimandiamoli a casa loro”, “aiutiamoli là”, “prima gli italiani”. Io non le trovo queste cose. Trovo sempre la difesa degli ultimi».
Secondo lei allora il cardinal Ruini sbaglia?
«No, ha fatto bene ad aprire il dibattito. Ha gettato il sasso nello stagno. Ho riconosciuto l’innegabile intelligenza superiore e la immutata lucidità che gli conosco da qualche decennio: ho lavorato con lui a lungo e nutro per lui un grande affetto».
Perché ha fatto bene?
«Perché di queste cose tra di noi non se ne parla. E spero che ora si abbandoni il silenzio pudico di chi non sa che pesci prendere. Dobbiamo uscire tutti allo scoperto».
Ruini non auspica un nuovo partito cattolico. Lei?
«Per l’amor di Dio, nemmeno io. Portiamo addosso i segni di quando dovevamo essere un unico partito».
La Dc?
«Il periodo dei padri fondatori è fuori discussione. Ma i figli e i nipoti non è che siano stati di così specchiata coerenza. Col rischio che ciò che di male faceva il partito veniva addebitato alla Chiesa».
Quindi i cattolici non devono impegnarsi in politica?
«Secondo me sì. Ma portando la testimonianza della coerenza dei valori evangelici nella propria vita».
Questo Papa è di sinistra?
«Il Papa non fa politica, predica il Vangelo. E se fa questa scelta assoluta per i poveri non dice nulla di nuovo. È stata in qualche modo l’ideologia comunista a copiare».
Ma Ruini ha detto che la scelta di influenzare gli schieramenti di centrodestra è stata positiva. È così?
«Forse. Ognuno cerca di dare al Vangelo il coinvolgimento personale più congeniale. E quello era congeniale a chi ama una visione delle cose più tranquilla, dove c’è spazio per tutti, soprattutto per quelli che sanno gestirsi bene. Oggi poi la situazione è diversa. Appena c’è una dialettica interna si dice: basta, me ne vado, faccio da me. Ma in queste liste Salvini, Berlusconi, Berlinguer o che so io, tutto si identifica con una persona. E questo è rischioso. L’esaltazione del singolo può anche creare problemi al sistema ». (Virginia Piccolillo – Corriere della sera)
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