Padre Enzo Fortunato: più valori e meno bombe. Chi beffeggia i poveri non è un politico
La svolta “pacifista” della ministra della Difesa Elisabetta Trenta ha la benedizione di Padre Enzo Fortunato, direttore della rivista San Francesco del sacro Convento di Assisi. Città in cui la Lega ha fatto il botto elettorale.
Trenta parla di 2 giugno dedicato all’inclusione.
È una risposta ai tanti appelli del variegato mondo pacifista e dell’universo francescano. Penso a don Tonino Bello oppure alla grandi lotte civili di don Ciotti, Alex Zanotelli e della Tavola della pace. Insomma a quel mondo che crede in una umanità pacificata. La presa di posizione della ministra è comunque coraggiosa. Un atto che potrebbe canalizzare risorse. Che questo possa essere un incoraggiamento a non demordere.
Al momento però il ruolo della ministra nell’esecutivo pare sotto tiro.
Meglio morire sul campo di battaglia per nobili principi che rimanere schiacciati da realtà che non crediamo nostre.
Le dichiarazioni di Elisabetta Trenta non sono piaciute all’interno degli stessi apparati militari: tre generali in congedo oggi non partecipano alla parata.
Chiunque si espone rischia ma in questo caso è un bel rischio.
Stiamo comunque parlando della parata delle Forze Armate, sono pur sempre armi.
Che sia la parata dell’inclusione. Che i militari la scrivano con le parole oltre che con la propria vita. La vera difesa parte dall’includere l’altro e farlo diventare nostro alleato nella difesa comune. Una Repubblica oggi è forte per i valori che esprime non solo rispetto al suo arsenale. Il cammino è lungo ma non dobbiamo tentennare. Noi abbiamo sostenuto la mozione di Assisi, approvata all’unanimità dal Consiglio comunale, contro la produzione italiana di armi destinate alla guerra.
Come si tengono insieme armi e inclusione?
L’inclusione è la parole d’ordine dell’uomo lungimirante, del politico che guarda oltre. Con tutti i problemi che abbiamo in Italia oggi non c’è bisogno di esponenti pubblici che alimentino l’odio. Proprio ieri Papa Francesco ha esortato tutti a non lasciarsi rubare la fraternità da chi alimenta divisioni.
Può esistere un pacifismo ecumenico, che vada oltre gli schieramenti politici?
Ne sono certo e aggiungo che la supremazia di chi si sente migliore dell’altro, il beffeggiare migranti e poveri non fa parte di uomini che vogliono dirsi politici. Paolo VI parlò di politica come la forma più alta di carità.
Alle europee gli ecologisti hanno raccolto molti consensi. Secondo lei anche il pacifismo è un tema che può coinvolgere l’elettorato?
Sì e non parlo di concetti astratti. È possibile vivere senza armi ma bisogna crederci. Un esempio sono i risultati che si ottengono e in alcuni casi già ottenuti rispetto all’economia del microcredito. Sono ambiti assolutamente diversi ma associabili se si guarda verso un futuro cominciando però da oggi e soprattutto con politici disposti a rischiare.
La Trenta ha affermato: ”Mi preoccupo del futuro del Paese, della poltrona me ne frega poco”.
Sicuramente è un ottimo segnale. Auspico possa essere l’inizio di un percorso.
Tornando alla festa della Repubblica, sembra non ci sia pace per le feste nazionali.
Ho subito ripensato alle polemiche per il 25 aprile. In entrambi i casi stiamo parlando di ricorrenze che dovrebbero unire la nazione. Ci troviamo invece a fare i conti con animi gretti che continuano a perorare la divisione al posto di rincorrere l’unità.
Elisabetta Reguitti - Il Fatto Quotidiano
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